Sul vizio della nicotina la letteratura medico-scientifica nel corso degli ultimi decenni si è già ampiamente espressa, con assoluto consenso, circa gli enormi danni sul corpo umano addotti dal fumo; tra questi danni, fino a ora, si ipotizzava vi fosse anche una diretta causazione tra il fumo e l’invecchiamento, ipotesi che sembra essere confermata da una ricerca, che si aggiunge a un’altra, molto simile, pubblicata a inizio 2023.
I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati nel corso del congresso della Società Respiratoria Europea (ERS), che si sta tenendo in questi giorni a Milano; a presentarli la dottoressa Siyu Dai dell’Università cinese di Hong Kong.
All’interno delle miliardi di cellule che compongono il nostro corpo si trovano i cromosomi, i quali preservano il patrimonio genetico; sulle loro estremità, inoltre, ci sono delle zone specifiche, chiamate telomeri. Nel corso della nostra vita, con il progressivo avanzamento dell’età, queste estremità, il cui scopo è quello di proteggere il DNA, si accorciano a causa dei processi di divisione cellulare che, replicati nel corso degli anni, causano la perdita della capacità di divisione della cellula. L’organismo, quindi, non essendo più in grado di attuare questa operazione in maniera rapida ed efficiente, inizia progressivamente a invecchiare.
La tesi suffragata da questa ricerca, pertanto, sostiene che il processo descritto in precedenza sia esacerbato dal consumo di sigarette. Per supportare questa idea, il team di ricerca ha sfruttato una banca dati britannica (UK Biobank), che contiene al suo interno delle informazioni genetiche (ma non solo) di quasi mezzo milione di persone (per la precisione, 472,174).
I ricercatori hanno quindi analizzato questa enorme quantità di dati adottando in partenza una tripartizione, che screma i singoli individui in: fumatori, ex-fumatori, non fumatori. All’interno del primo gruppo, inoltre, c’è stata un’ulteriore divisione, sulla base del livello di dipendenza da nicotina, del numero di sigarette fumate al giorno e, ovviamente, della lunghezza dei telomeri dei leucociti (globuli bianchi), rivelati mediante delle analisi del sangue.
Il metodo di ricerca è quello della cosiddetta “randomizzazione mendeliana“, per cui si sfruttano le variazioni genetiche ereditate dai nostri antenati con lo scopo di identificare un nesso causale tra fattori esterni modificabili, come il vizio del fumo, e le condizioni di salute, come, per l’appunto, l’accorciamento dei telomeri. I dati delle quasi 500mila persone, infatti, erano corredati da ampie descrizioni del loro stile di vita.
I risultati di questa ricerca li ha spiegati in modo chiaro e sintetico direttamente la dottoressa Siyu Dai:
“Abbiamo scoperto che lo stato dei fumatori era associato in modo statisticamente significativo a una minore lunghezza dei telomeri dei leucociti, mentre gli ex-fumatori e i non fumatori non mostravano una lunghezza dei telomeri dei leucociti significativamente inferiore […]Le persone che fumavano un numero maggiore di sigarette avevano una lunghezza dei telomeri dei leucociti particolarmente inferiore. In sintesi, il fumo può causare l’accorciamento della lunghezza dei telomeri dei leucociti e più sigarette si fumano, più forte è l’effetto di accorciamento“.
Le conseguenze dirette di questa causazione si traducono in malattie cardiovascolari, diabete e perdita muscolare; si tratta, infatti, di alcuni dei sintomi frutto dell’accorciamento dei telomeri (e che tendiamo a collegare, infatti, all’invecchiamento), decretando quindi un rischio assai maggiore per i fumatori.
Questo studio, ovviamente, non ha scritto con l’inchiostro la parola fine sulla ricerca in questo campo, ma, anzi, rappresenta un tassello fondamentale per tutte le future ricerche intorno a questo ambito; in primis, i ricercatori avrebbero l’intenzione di studiare più in dettaglio gli effetti del fumo passivo, soprattutto sui bambini.
Fonti: EurekAlert!; ERS
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