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I GDR alla giapponese: ecco le soluzioni al Quiz NCR sui JRPG!

di Lorenzo Fazio

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Di videogiochi ce ne sono per tutti i gusti. Dai platform ai giochi d’azione, dagli horror ai gestionali. Qualunque persona sulla faccia della terra ha un gioco che gli si addice, anche se forse non lo sa ancora. In tutta la storia del medium, ci sono stati generi che hanno avuto il loro periodo di gloria, altri che sono spopolati dopo essere conosciuti solo da una nicchia e altri ancora che, invece, sono rimasti sempre nell’ombra.

I cosiddetti “GDR alla giapponese” (abbreviabile in JRPG), sono uno di quei generi che hanno fatto, senza troppi giri di parole, la storia dei videogiochi. È dagli albori delle console videoludiche, in quei lontani anni ’80, che le migliori software house giapponesi pubblicano JRPG di grandissima qualità. Capaci di regalarci incredibili emozioni e a farci immergere nei mondi più diversi, questa categoria di giochi è tra le più amate dai videogiocatori, anche se, oggigiorno, il fascino di questi titoli si è un po’ perso…

Ma cos’è un JRPG?

“JRPG” è la sigla di Japanese Role-Play Game (“gioco di ruolo alla giapponese”). Viene dunque spontaneo chiedersi quale sia la differenza tra un RPG classico e un JRPG. Inutile dirlo: non è il solo paese di produzione. Non si sta parlando di quella sottile (e tanto discussa) differenza tra “anime” e “cartoon”, o “manga” e “comic”. Qui siamo di fronte a due generi nettamente diversi.

Il motivo per cui sono passati alla storia come RPG “giapponesi” è che le saghe più famose e i giochi più venduti sono nati proprio nel Sol Levante. Nell’Estremo Oriente, certi titoli godono di una popolarità così assurdamente grande che per molti costituiscono un vero e proprio culto. D’altronde, si possono vantare di aver dato i natali a franchise del calibro di Dragon Quest (1986) e Final Fantasy (1987), giusto per citare i più “storici” e trascurando titoli come Shin Megami Tensei (1987), The Legend of Dragoon (1999) e molti altri ancora.

Ma quindi, cosa differenzia questi JRPG dagli RPG classici, quelli “occidentali”? La meccanica in cui sono davvero differenti è quella dei combattimenti, che si svolgono a turni e seguendo delle precise regole scelte dai designer. I combattimenti, dunque, sono ben diversi da titoli occidentali, come The Elder Scrolls (1994), Diablo (1996) o Baldur’s Gate (1998), risultando molto più statici e di strategia. La differenza si coglie anche con questi titoli di decenni fa, senza considerare gli RPG di oggi, sempre più tendenti all’action-adventure. Ormai, infatti, la differenza tra questi generi si sta sempre più assottigliando.

 

final fantasy xvi

JRPG sempre più action: cosa sta succedendo?

A guardare agli anni ’80 e ’90, quegli anni in cui i JRPG iniziarono a spopolare in tutto il mondo, non fatichiamo a trovarne degli esempi brillanti. Non ci volle molto tempo prima che l’intera industria decidesse di seguire le orme di Dragon Quest, che con i disegni di Akira Toriyama (esatto, lo stesso disegnatore di Dragon Ball) stava conquistando tutto il Giappone. E da qui susseguirono i diversi titoli: Final Fantasy prima e Pokémon (1996), Xenogears (1998) e Chrono Trigger (1995) più tardi.

Nello scorso decennio, però, la linea che separa RPG e JRPG si è fatta sempre più sottile. Quei franchise che un tempo definivamo “RPG”, ora sono quasi più giochi d’azione che di ruolo. Similarmente, anche le saghe storiche di JRPG stanno abbandonando la loro classica e distintiva formula. Seppur qualche titolo permane con questa filosofia (Pokémon con qualche acciacco, o Dragon Quest con molta più dignità), gli sviluppatori sembrerebbero aver deciso di abbandonare i combattimenti a turni.

Questo processo si palesa davanti a noi osservando titoli come Final Fantasy XVI, che di Final Fantasy ha solo il nome. Alcuni hanno definito questo ultimo capitolo come addirittura “meno RPG di God of War (2018) e non hanno neppure tutti i torti. Dal lato opposto troviamo un titolo come Diablo IV, che riesce a non snaturare le sue origini da GDR e regala un’esperienza vecchio stile, tra farming sfrenato e complesse build. Dov’è finito quel senso strategico e quella pazienza che un tempo caratterizzavano i JRPG? Sono davvero scomparsi dal mercato?

 

jrpg

La situazione attuale dei JRPG

Beh, quel modo di fare giocare i videogiochi è finito “in un posto migliore”. Negli ultimi anni, infatti, facciamo veramente fatica a trovare dei titoli di spessore ed impatto definibili JRPG. Potremmo dire che, in un certo senso, questo genere si sia insediato in una “grande nicchia” di appassionati. Insomma, i fan di questo tipo di GDR sono moltissimi, ma non abbastanza da convincere le grande aziende a investirci budget importanti. Il pubblico, ormai, si è abituato a videogiochi di tutt’altra fattura: veloci, dinamici, senza un attimo di pausa. Tra open-world “alla Ubisoft” e i gatcha di MiHoYo, siamo in continua ricerca di stimoli e di ricompense.

Pensare, però, che quel feeling da Dragon Quest anni ’90 sia scomparso dal mercato è del tutto sbagliato. In parallelo alla crescente “dinamizzazione” dei GDR, infatti, sono nati diversi progetti con l’obiettivo di ridare vita al genere, grazie anche al mercato indie. Pensate a Coromon (2022), il “clone” di Pokémon di cui non sapevamo di avere così tanto bisogno. O anche a giochi come Octopath Traveler (2018), sviluppato dalla solita Square Enix, che ha anche ricevuto un sequel proprio a inizio 2023. Certo, seppur siano videogiochi deliziosi nella loro nostalgia e cura estetica e grafica, ricevono una frazione dell’attenzione dei propri “fratelli maggiori”.

Potremmo relegare in questa enorme nicchia anche titoli come Persona 5 o Dragon Quest XI, entrambi amatissimi dagli appassionati del genere, ma ben lontani dalla risonanza che avrebbero potuto avere un tempo. Proprio come ci suggerisce il sottotitolo dell’undicesimo capitolo di Dragon Quest, i JRPG sono ormai “echi di un’era perduta”. Tutto ciò, comunque, non è da intendere in un senso strettamente negativo.

 

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Conclusioni e le soluzioni al Quiz!

Come detto, non possiamo additare tutto questo fenomeno come qualcosa di necessariamente negativo: come qualunque medium, anche i videogiochi si evolvono. Il pubblico cambia e con esso il modo di creare esperienze videoludiche. L’enorme popolarità del gaming di questi ultimi anni, però, ci permette di trovarci in un mercato estremamente variegato e capace di andare incontro alle esigenze di qualunque persona. E voi cosa ne pensate? I JRPG stanno morendo o stanno riuscendo a mantenere una loro fetta di pubblico? Fatecelo sapere sulla nostra pagina Instagram e continuate a seguirci su Nasce, Cresce, Respawna per non perdervi altri articoli come questo! Di seguito, trovate le soluzioni al nostro Quiz sui JRPG:

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