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Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente, la recensione

di Alice Casati

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«Ogni fine è un nuovo inizio», scriveva Antoine de Saint-Exupery nel suo capolavoro Il piccolo principe; frase che rappresenta al meglio un film uscito proprio alla fine di questo 2023, che dopo la conclusione di una saga storica del genere fantasy ormai 8 anni fa, ritorna alle sue origini. Stiamo parlando di Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente, al cinema in Italia dal 15 novembre. Adattamento dell’omonimo romanzo prequel di Suzanne Collins, il film è diretto da Francis Lawrence, già regista degli ultimi tre capitoli della saga originale. Nel cast trovano posto Tom Blyth, Rachel Zegler, Peter Dinklage, Hunter Schafer, Jason Schwartzman e Viola Davis.

È possibile cambiare il proprio destino?

Il film racconta la storia di Coriolanus Snow, che, all’età di soli 18 anni, porta sulle spalle l’enorme responsabilità di essere l’ultima speranza della sua stirpe, ormai in decadenza. Capitol City è in una grave situazione post-bellica, le risorse scarseggiano e lo stile di vita fino ad allora condotto dalla famiglia Snow è in pericolo. La minaccia porta un riluttante Coriolanus ad essere assegnato come mentore alla giovane Lucy Gray Baird, tributo del distretto 12. Proveniente da un contesto di profondo degrado, la ragazza si dimostra molto abile nel catturare l’audience di Panem, offrendo a Snow l’opportunità per cambiare il destino di entrambi. In lotta con sé stesso e diviso tra bene e male, giusto e sbagliato, Coriolanus dovrà lanciarsi in una corsa contro il tempo per sopravvivere e dimostrare al mondo e a sé stesso la sua vera natura.

Ambientato 64 anni prima del primo capitolo della saga cinematografica, Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente risponde ad alcuni interrogativi lasciati in sospeso da quest’ultima, come la nascita e lo scopo degli Hunger Games. Approfondisce inoltre la storia e il personaggio di Coriolanus Snow, con un’introspezione del tutto nuova.

 

Hunger games

 

Ripresa e omaggio alla saga di Hunger Games

Il film riprende ampiamente la saga originale, nella quale vediamo un Coriolanus ormai definito e l’ombra di Lucy Gray, soprattutto per quanto riguarda la narrazione del distretto 12. Ricchissimo di citazioni e riferimenti alla storia di Katniss e ai quattro capitoli precedenti, il prequel funziona comunque anche come film indipendente, dalla trama completa e coesa. Rimane tuttavia un forte valore aggiunto alla saga originale, perfettamente coerente con la sua narrazione, in cui inserisce ulteriori dettagli e ne spiega altri già presenti. I più evidenti riguardano la storia del protagonista, la sua caratterizzazione, alcune motivazioni a sue scelte dei capitoli precedenti, come anche quello che sarà il suo rapporto con Katniss. Anche il personaggio di Lucy Gray, come detto, si lega molto alla storia degli Hunger Games e in particolare del distretto 12. Le tradizioni e la storia del distretto trovano parte delle loro radici proprio nelle vicende della ragazza, così profondamente legata alle sue origini.

I temi fondamentali della saga insieme a nuovi spunti filosofici

Tra le tematiche affrontate da questo nuovo “Hunger Games” ritroviamo alcuni fondamenti della saga originale, anch’essi ripresi ed affrontati in maniera diversa. Si torna infatti a parlare di disparità sociali, di potere e controllo, ma stavolta dalla prospettiva opposta. La storia è infatti di Coriolanus, dunque di Capitol City, della classe ricca e dominante. L’espediente permette di assistere nuovamente agli Hunger Games e a tutto ciò che li circonda con una visione nuova e dettagli inediti. Qui trova inoltre spazio il tema della famiglia, di conseguenza la forte influenza che può avere sull’individuo e il suo ruolo sociale, i suoi ideali, le sue scelte, il suo destino. Il film offre infine uno spunto filosofico sulla natura umana, invitando lo spettatore a riflettere sulle due correnti di pensiero impersonate da Coriolanus e Lucy Gray. La domanda alla base è semplice, tuttavia potente: l’essere umano è per natura buono o malvagio? Gli uomini nascono buoni, come dice Lucy Gray, o malvagi, come sembra dimostrare Coriolanus?

Ogni tematica affrontata si mantiene sempre in linea con la storia, senza risultare forzata. Lo spettatore è efficacemente coinvolto nella mente dei personaggi, indotto a porsi i loro dubbi e diviso tra le loro battaglie, interiori ed esteriori. A questo proposito, il film si rivela anche di estrema attualità; argomenti come i conflitti e le disparità che ne scaturiscono intessono un interessante sottotesto politico su cui riflettere.

 

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Un’ottima prova del cast

Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente” è impreziosito da un ottimo cast, perfettamente in linea con i personaggi della storia. Il personaggio di Coriolanus Snow è interpretato da Tom Blyth, che offre un’ottima resa del suo dramma, la sua divisione interiore e complessità, ma anche della sua sottesa natura. Accanto a lui spicca un’eccellente Rachel Zegler, che, nel ruolo di Lucy Gray Baird, presenta un personaggio intrigante, tridimensionale e imprevedibile. I due protagonisti dimostrano un’ottima chimica; entrambi sono segnati dalla loro vita e dalla loro storia, nonché dalle loro famiglie, in entrambi i casi determinanti nelle loro vite, nel bene e nel male. Assolutamente degna di nota è l’interpretazione di Peter Dinklage nel ruolo di Casca Highbottom, una sorta di controparte ideale di Coriolanus. Completano il cast due fantastiche Hunter Schafer e Viola Davis.

La gestione di un’ampia storia su schermo

Una nota spinosa del film riguarda la sua durata, nonché la conseguente gestione del ritmo della narrazione. Il film non è esente da sequenze visibilmente affrettate, probabilmente per necessità di durata, che già così supera le due ore e mezza. La carne al fuoco è molta ed è evidente la difficoltà nel gestirla all’interno di un minutaggio che, pur non annoiando mai, non è equilibrato. I tre atti che compongono la pellicola, infatti, sono molto differenti. Se il primo funziona nel gestire trama e durata, il secondo risulta invece più sbilanciato, con scene e sequenze sconnesse in parte fino alla dispersione. Il terzo atto, dal canto suo, è completamente sconnesso dai primi due da ogni punto di vista, in parte narrando anche una storia diversa. Il ritmo subisce dunque un drastico cambiamento, che, per quanto necessario, può risultare disarmante per la storia complessiva.

Spicca comunque nella pellicola anche il comparto tecnico. Visivamente il film funziona perfettamente, dalla resa dell’arena dei giochi, molto diversa da quella che conosciamo, alla differenza tra la rappresentazione ultramoderna di Capitol City e quella rurale dei distretti. Tecnicamente il film riconferma la sua ripresa e miglioramento, restandone comunque fedele, dei capitoli precedenti.

 

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Considerazioni finali

Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente” si rivela un’ottima ripresa della saga originale, un prequel che si collega bene alle vicende, spiega alcuni elementi e ne aggiunge altri. Sempre coerente ai primi quattro capitoli, funziona anche come film indipendente. Attingendo ad essi anche per quanto riguarda temi come potere, disparità e conflitti, che lo rendono inoltre estremamente attuale, il prequel ne affronta anche di nuovi, interessanti e filosofici, come quello della famiglia e la sua influenza sulla mentalità e le scelte del singolo e quello della natura umana. Corona la pellicola un ottimo cast, nel quale spiccano i protagonisti Tom Blyth e Rachel Zegler ma offrono eccellenti interpretazioni anche Peter Dinklage, Hunter Schafer e Viola Davis. Tecnicamente e visivamente ottimo, l’unica nota spinosa del film è la gestione del ritmo narrativo, in parte affrettato sebbene la durata superi le due ore e mezza.

Pro

  • Ripresa e collegamento alla saga originale, sempre coerente ed efficace;
  • Gestione delle tematiche fondamentali di Hunger Games, sempre molto attuali, come potere, conflitti e disparità;
  • Introduzione di temi nuovi e filosofici, per quanto riguarda la famiglia, le scelte e la natura umana;
  • L’aspetto tecnico e visivo, sia nelle scene nell’arena che nella resa di Capitol City e dei distretti;
  • Le interpretazioni del cast, su tutti Tom Blyth e Rachel Zegler ma con degli ottimi coprotagonisti.

Contro

  • La gestione del ritmo narrativo, sbilanciato e in parte affrettato nonostante l’ampia durata.

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