di Federica Caiafa
Il cervello è una macchina ancora relativamente sconosciuta agli esseri umani. Gli scienziati continuano a studiare come questo funziona e quindi, di riflesso, perché noi “funzioniamo” in un certo modo. Di recente uno studio americano ha analizzato l’attività cerebrale che si svolge al suo interno, in relazione ad un altro argomento che da sempre affascina la razza umana: la nostra morte, per cercare di capire che succede all’interno del cervello quando questi sta per cessare di lavorare.
Psicologia, cosa succede nel nostro cervello poco prima della cessazione dell’attività cerebrale?
Chi sfugge fortunatamente alla morte spesso racconta di aver visto determinate cose, o provato determinate sensazioni. Il vedersi passare tutta la vita davanti, la suggestiva e hollywoodiana visione della luce bianca in fondo al tunnel, sono tutte immagini che associamo agli ultimi istanti di vita. Fino a poco tempo il motivo di tali visioni si conosceva solo astrattamente. Si sapeva infatti che il cervello potesse continuare a lavorare anche dopo il cessare del battito cardiaco, e che tali esperienze erano dovute a quest’ultima, finale, attività cerebrale.
Adesso, però, grazie a un recente studio americano pubblicato Proceedings of the National Academy of Sciences, possiamo individuare con certezza a che cosa siano dovute e che tipo di attività si verifica nel nostro cervello quando la fine è vicina. Ciò è stato possibile analizzando l’attività cerebrale di 4 persone, pazienti che si trovavano in uno stato di coma e senza possibilità di sopravvivenza.
Grazie a delle cuffie per elettroencefalografia è stato possibile studiare gli ultimi momenti della loro vita, e l’attività cerebrale che li caratterizza. Più precisamente, si è registrato quanto verificatosi nel loro cervello prima che i medici staccassero i respiratori, durante l’ultimo battito cardiaco, e nei momenti finali, fino a quando l’attività elettrica del cervello non è cessata del tutto.
Esperienze pre-morte: il responsabile potrebbe essere un picco di onde
I risultati delle ricerche, guidate da Jimo Borjigin, neurofisiologa dell’Università del Michighan, forniscono risposte importanti per cercare di capire qualcosa di più su come funziona il nostro cervello. Nell’ambito dell’attività di due soggetti, infatti, si è presa visione di un’impennata di onde cerebrali ad alta frequenza chiamate onde gamma. Il picco sarebbe avvenuto dopo la rimozione dei ventilatori, quando il battito cardiaco era già cessato.
Ovviamente, non essendo i pazienti sopravvissuti, e quindi non potendo sapere se questi abbiano visto o provato qualcosa in particolare, non si può dire con certezza che le visioni caratteristiche delle esperienze pre-morte siano dovute effettivamente a tale picco di onde. Tuttavia, vi sono alcuni fattori che spingono gli scienziati verso questa conclusione.
Innanzitutto, sappiamo cosa potrebbe significare tale ondata. Quest’attività, infatti, secondo il neurochirurgo Ajmal Zemmar, si verificherebbero quando il nostro cervello vuole “ricordarci” qualcosa sotto più punti di vista. Il picco di onde, cioè, starebbe ad indicare che più aree dell’organo stanno lavorando insieme, per farci rivivere, ad esempio, non solo l’odore ma anche il suono di un’immagine: è ciò che succede quando la mente ci presenta delle immagini molto vivide, accompagnate dal ricordo di sensazioni provate. Inoltre, l’assenza di tale ondata nell’attività degli altri due pazienti coincide con quanto sappiamo sulle esperienze pre-morte: non tutti le vivono.
Ma perché il cervello ci presenterebbe queste immagini poco prima di smettere di funzionare? Secondo Charlotte Martial, scienziata dell’Università di Liegi, in Belgio, si tratterebbe di un ultimo tentativo di sopravvivenza dell’organo. Questi, cioè, proverebbe a darsi una “scossa” per auto-resuscitarsi, nel momento in cui rimane in depravazione di ossigeno.
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