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Dickinson, la recensione: “Io sono Nessuno! Tu chi sei?”

di Redazione NCI

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Si è conclusa la terza ed ultima stagione di “Dickinson“, serie basata sulla vita della poetessa Emily Dickinson. Ad interpretarla vediamo una grandiosa Haillee Steinfeld (protagonista della recente serie Marvel “Hawkeye“), che si immerge completamente nei panni della poetessa e nei suoi potenti scritti purtroppo rimasti semi sconosciuti fino al 1924. Infatti in quell’anno inizia la prima pubblicazione di numerose sue poesie.

Emily Dickinson ha fatto una vita di reclusione nella sua camera da letto, ma questo le ha permesso di scrivere un numero di poesie inimmaginabile. Centinaia di queste sono state trovare dalla sorella Vinnie, cucite fra di loro con ago e filo come fossero un libro. Nel 1998 è stata pubblicata un’edizione critica in tre volumi che contiene circa 1800 poesie.

Attualmente Emily Dickinson è considerata una figura rappresentativa, una delle poetesse più delicate di sempre.

“Il meglio spesso arriva solo alla fine”

Emily Dickinson è stravagante, decisamente fuori dagli schemi per il periodo storico in cui vive. Infatti la serie si ambienta a metà dell’800 ad Amherst (Massachusetts), luogo dove è nata nel 1830 e morta nel 1886. Emily ha una delicatezza unica, in grado di vedere cose che non tutti riescono a percepire. Il modo più facile che ha per esprimersi e vivere i sentimenti come vorrebbe, è scrivere poesie. Il suo sogno è quello di essere pubblicata, ma viene ostacolata dal padre perché contro alla pubblicazione da parte delle donne. Ma la ragazza non demorde e continua a scrivere, anche spinta dall’amore per la sua amica Sue. Nel corso delle tre stagioni rivoluziona più volte la sua cognizione di essere poetessa e di fama, fino ad arrivare ad uno stato di pace interiore in grado di farla sentire finalmente viva.

Dickinson

Fra poesia ed amore 

Nel corso della serie la Dickinson ha provato dei sentimenti anche per altre due persone, due uomini, sentimenti che purtroppo hanno portato soltanto dolore. Il primo è stato Ben, giovane ed affascinante collaboratore del padre. Inizia un corteggiamento delicato e diverso da tutti quelli che vorrebbero solo sposarla. Infatti Ben le si avvicina passando per la letteratura, la poesia, facendo breccia nel cuore della ragazza con la sua genuinità. Il loro rapporto si è dovuto chiudere bruscamente anzitempo. Nella seconda stagione invece Emily si invaghisce di Samuel Bowles, giornalista presentatole da Sue, fraintendendo le attenzioni che l’uomo ripone su di lei. Il suo intento era quello di pubblicare le poesie della ragazza, ma si trova costretto ad allontanarsi per mantenere saldo il proprio matrimonio. O forse c’è altro sotto…

Una figura molto interessante è quella di Nessuno, fantasma che appare ad Emily per aprirle gli occhi sulla fama. Infatti le farà capire quanto si può essere invisibili anche da famosi. Fra i due nasce uno dei dialoghi più belli dell’intera serie ed una delle poesie più belle della Dickinson.

Nel cast troviamo anche Wiz Khalifa, ad interpretare la Morte. Questo è un grande amico di Emily, che la raggiunge nel momento del bisogno con la sua carrozza trainata da cavalli fantasma. Questa coppia crea quelle che sono fra le scene più belle della serie. Quando Emily raggiunge Morte indossa per lui un meraviglioso vestito rosso, solo per lui. Come se fosse un momento intimo da mantenere tale fra di loro.

L’amore di Emily per la poesia le permetteva di esprimere al meglio possibile il suo amore per Sue, sua amica e cognata. Un amore impossibile visti i tempi che correvano. La potenza delle sue poesie esprime il bisogno che la poetessa aveva della sua amata. Probabilmente nessuno ha mai amato quanto Emily nei confronti della ragazza, protagonista di numerose sue poesie. A nessuna delle due interessava che il loro fosse un amore impossibile e nessuno avrebbe potuto mettervi delle catene.

Dickinson

La storia di Emily Dickinson in un’interessante chiave moderna 

Sono numerosi gli elementi moderni ad arricchire questa serie ambientata a metà dell’800, questi fanno si che la serie scorra velocemente. Pur essendo ambientata quasi duecento anni nel passato rispetto a noi, la narrazione è decisamente moderna, a partire dalle musiche: infatti sono diverse le canzoni di artisti contemporanei, fra cui Billie Eilish il cui stile è parallelo al resto delle tracce utilizzate. In un trailer di presentazione della serie possiamo sentire “Afterlife“, canzone della stessa Steinfeld. Anche le situazioni in cui si ritrovano i protagonisti, e gli atteggiamenti con cui le affrontano, denotano uno stile moderno rispetto ai tempi in cui si svolgono le vicende. Movimenti, espressioni ed atteggiamenti che appartengono al nostro tempo, ma che permettono una fruizione della serie al maggior numero di persone possibile attraversando più fasce d’età.

Altro argomento trattato egregiamente è quello dello schiavismo. Infatti in questa serie non è usuale veder trattare da schiavi, nel senso stretto della parola, gli afroamericani. Infatti  sono instaurati nella società, o quantomeno nella famiglia Dickinson. Hanno una loro comunità dove possono confrontarsi e fare festa. Inoltre vengono spesso sostenuti dai Dickinson in vari contesti, come nel tentativo di far sentire la propria voce e produrre stampa sottobanco.

Altrettanto moderni sono anche lo stile registico e la fotografia. La regia è decisamente movimentata, stando al passo con la musica si crea un’atmosfera surreale: le immagini trasportano lo spettatore due secoli indietro, ma la musica lo riporta ai giorni nostri creando questo dualismo fra passato e presente decisamente interessante. La fotografia invece suddivide la serie in tante piccole ambientazioni diverse: per esempio è calda ed accogliente nella carrozza di Morte, o colorata e paradossale per i tempi durante le feste o i sogni di Emily.

Siccome non è oro tutto quello che luccica, anche “Dickinson” ha degli aspetti negativi. Infatti se abbiamo elogiato con quanta modernità vengono raccontate le vicende in alcuni momenti, in altri sembra di assistere ad una festa in costume per fingersi altolocati. La produzione ha forse ecceduto nel rappresentare le situazioni di vita giornaliera. Nel complesso però stiamo parlando di una serie decisamente scorrevole e con un numero ragionevole di episodi e stagioni. Infatti “Dickinson” ha avuto tre stagioni da dieci episodi l’una, per un totale di trenta, dalla durata di circa mezz’ora l’uno. Essendo una serie basata su una figura realmente accaduta, rivisitata in chiave moderna ed anacronistica, portarla troppo per le lunghe avrebbe aumentato il rischio di scadere nel banale o nell’eccedere con la rivisitazione dei fatti.

Dickinson

Hailee Steinfeld ha dato prova di essere una grande attrice, interpretando una figura bella e controversa nella maniera più delicata possibile. Decisamente divertente con le sue gag esplosive e sottile nei momenti più satirici. Ma il meglio lo dà nei momenti di delicatezza. Infatti assistiamo spesso ad una Emily sognante o intenta a scrivere sul suo banchetto. Molte di queste volte c’è la voce fuori campo dell’attrice a leggere le poesie, mantenendo un tono pacato in grado di rievocare i sentimenti della Dickinson.

“Molta follia è saggezza divina
per un occhio che capisce –
Molta saggezza, la più pura follia.
Anche in questo prevale la maggioranza.
Conformati, e sei saggio –
dissenti, e sei pericolo.
Un matto da legare.”

PRO

  • Storia trattata in maniera delicata e piacevolmente moderna
  • Ottimo cast, fra tutti Hailee Steinfeld ad interpretare la protagonista
  • Fotografia e regia accattivanti

CONTRO

  • Eccessiva assurdità di alcune scene di vita quotidiana

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di Simone De Mattia

 

 

 

 

 

 

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