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Depressione: uno studio scopre che un impianto di elettrodi nel cervello ne riduce i sintomi

Uno studio innovativo e molto interessante è quello che giunge dall’Olanda. Pubblicato sul NewScientist e condotto dall’Università di Amsterdam sostiene che l’elettrostimolazione profonda possa aiutare i pazienti che soffrono di depressione. La ricerca è avvenuta grazie alla partecipazione di diversi volontari che, pur soffrendo in forma grave di depressione, hanno avuto risultati molto promettenti grazie all’applicazione di questa terapia molto particolare.

Lo studio

Lo studio è avvenuto basandosi su 25 volontari gravemente affetti da depressione. Gli elementi selezionati avevano già provato tutte le cure convenzionali, dalla psicoterapia alla prescrizione di psicofarmaci ed antidepressivi ad hoc, senza alcun tipo di risultato. Molti avevano completamente azzerato le proprie interazioni sociali, arrivando ad avere pensieri suicidi e valutare di ricorrere all’eutanasia, legale in Olanda anche per questo tipo di patologia.  Tra il 2010 e il 2014 a questi 25 volontari sono stati impiantati degli elettrodi in determinate parti del cervello coinvolte maggiormente nelle forme più gravi di depressione. All’interno del cervello di questi pazienti è come se le diverse aree comunicassero in maniera disordinata e confusa. Gli elettrodi hanno creato una sorta di disturbo fra i neuroni, ottenendo una specie di rumore di fondo capace di ridurre l’eccesso di comunicazione.

 

Depressione (@Shutterstock)

I risultati dello studio

I volontari sono stati monitorati per un periodo dai 6 ai 9 anni: in seguito a questo periodo ben il 44% dei volontari ha ottenuto un netto miglioramento con un significativo 50% di diminuzione dei sintomi depressivi. Un altro 28% dei partecipanti, invece, ha riportato un miglioramento più mite dei sintomi, pari al 25% e solo il restante 28% non ha ottenuto dei benefici di livello. Secondo gli scienziati questo è dovuto ad una scorretta applicazione degli elettrodi: basterebbero 1 o 2 millimetri di differenza per rendere vano il lavoro degli elettrodi. La ricerca offre comunque dati molto interessanti e sicuramente utili per il futuro.  Ci auguriamo un domani di poter sviluppare degli impianti tali che possano risolvere completamente i sintomi di questa terribile patologia.

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Francesco Ferri

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