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Dead Space: le soluzioni al quiz NCR!

Nel bene o nel male, ci sono alcuni giochi che rimarranno nella memoria di tutti i videogiocatori. Che possa piacere o meno, che siano i migliori o semplicemente quelli che hanno fatto più successo, quelli più pop hypebeast. Fatto sta, che ci sono alcuni titoli che sono stati per sempre consacrati come i maggiori rappresentati del proprio genere. Dead Space è sicuramente uno di questi. Forse non il miglior horror, forse non quello che fa più paura, ma sicuramente uno dei più giocati in tutto il mondo.

Pochi altri possono fargli concorrenza: per esempio, Silent Hill Outlast, altri mostri sacri che ci hanno fatto sobbalzare sulla sedia più e più volte da bambini. Eppure, Dead Space rimane uno dei più venduti, seppur, allo stesso tempo, anche uno dei più criticati dagli appassionati del genere più severi. Di recente, Dead Space è tornato sulla bocca di tutti in seguito all’annuncio di un remake del primo capitolo. Una notizia che ha sicuramente scosso migliaia di fan, già pronti a cliccare il tasto Preordina ora e aggiungere questo gioco alla loro preziosa collezione. Ma siete sicuri di conoscere davvero la storia e i segreti di questa saga?

 

Le origini e le fonti di ispirazione di Dead Space

Dead Space nasce dalla mente di Glen Schofield, al tempo general manager di Visceral Games, studio appartenente a Electronic Arts. I suoi primi lavori riguardarono la serie di videogiochi de Il Signore degli Anelli e 007: Dalla Russia con amore. Su entrambi i progetti collaborò con il game designer Bret Robbins, insieme al quale, nel 2007, inizierà a lavorare a Rancid Moon, il primo nome del gioco che sarebbe stato conosciuto poi come Dead Space.

Il progetto era decisamente ambizioso: lo stesso Schofield dichiarò che quello sarebbe stato “il gioco più spaventoso che avrebbe mai potuto immaginare“. Il gioco uscì nell’ottobre del 2008, per Xbox 360, PlayStation 3 e PC. Il successo fu immenso, Dead Space vendette milioni di copie e vinse prestigiosi premi, tra cui i DICE Awards come Outstanding Achievement in Sound Design Action Game of the Year.

Dopo il successo planetario del primo capitolo, EA non poteva ovviamente accantonare questa IP. Nel 2010 uscì Ignition, un gioco facilmente dimenticabile, mentre nel 2011 vennero rilasciati due titoli decisamente più interessanti. Da una parte un classico sequel, capace di regalare ai giocatori le stesse emozioni del primo capitolo, dall’altra invece, un esperimento molto particolare. Dead Space Extraction è un rail-shooter esclusiva per Nintendo Wii. In seguito, arrivò anche un terzo capitolo conclusivo della saga, che non riuscì però a dargli un degno finale. Sono state prodotti anche dei film e dei libri ispirati alla storia di Dead Space, che, però, non sono assolutamente riusciti ad avere lo stesso successo dei videogiochi.

Uno dei motivi maggiori dietro al successo di Dead Space è, senza dubbio, la regia e la cura dei dettagli. Schofield, in questo, non è in nessun modo criticabile: gli influssi creativi da cui prende ispirazione sono moltissimi, pur riuscendo a inserire molti elementi di originalità che riescono a definire chiaramente l’opera.

A partire da piccole banalità, come il nome dello stesso protagonista: Isaac Clarke. Se siete appassionati di sci-fi probabilmente questi due nomi non vi sono nuovi, dato che appartengono a due dei più grandi scrittori di fantascienza: Isaac Asimov (autore di capolavori come Io, Robot) e Arthur Clarke (colui che scrisse il celebre 2001: Odissea nello spazio da cui poi Stanley Kubrick trasse un film ritenuto, ancora oggi, un cult senza precedenti). Ma le fonti di ispirazione non finiscono qua: è evidente quanto i game designer abbiano voluto riportare un’atmosfera simile a quella di Alien riprendendo alcuni elementi di gameplay di Resident Evil, che ai tempi offriva l’esperienza horror più emblematica.

 

Gli elementi che hanno portato al successo di Dead Space

Quando si lavora su un horror, l’obiettivo principale dei designer deve tassativamente essere solo uno, cioè quello di avvolgere il giocatore nell’atmosfera desiderata. Solo in questo modo si può creare un horror che possa davvero fare paura: eliminando quella distanza tra la realtà del giocatore e quella del gioco. Ci si deve dimenticare che quello che abbiamo davanti non esiste veramente, che noi siamo dietro ad uno schermo, al sicuro nella nostra cameretta, e quello che si sta muovendo tra angusti corridoi di una navicella spaziale è solo un personaggio fittizio.

Questo effetto lo si può ottenere solo tramite a un altissimo livello di realismo. Questo non vuol dire che il gioco debba avere una grafica fotorealistica (certo, può sicuramente aiutare, ma non è l’elemento più importante). Moltissimi giochi riescono a spaventarci pur essendo usciti ormai anni e anni fa. Che cos’è, dunque, il realismo di cui si sta parlando? Questo tipo di realismo è dato da molti elementi che spesso risultano messi in secondo piano, ma che sono spesso la vera chiave del successo di un titolo. Nel caso di Dead Space, questi elementi cruciali sono principalmente due: HUD e sound design.

Quando ci si dimentica di essere di fronte a uno schermo

HUD, per chi non lo sapesse, significa heads-up display ed è il nome di tutte quelle informazioni visibili durante il gameplay. Per citare gli elementi più comuni di una HUD, ci sono la barra della vita, quella della stamina, magari i punti esperienza accumulati o i proiettili rimasti nel caricatore. La HUD è un elemento decisamente utile al giocatore, che attraverso di essa può sempre tenere sott’occhio lo status del proprio personaggio. Allo stesso tempo, però, risulta essere anche molto artificiale: di fatto, se ci dovessimo ritrovare realmente nei panni del protagonista del gioco, non saremmo a conoscenza di tutte queste informazioni, che sono puramente di gameplay.

Ecco che per questo motivo i designer di Dead Space hanno deciso di rimuovere completamente qualunque tipo di HUD. Lo schermo risulta così privo di elementi riconducibili alla classica schermata di un videogioco, permettendo al giocatore una maggiore immersione. Rimuovere la HUD, però, è possibile in pressoché tutti i videogiochi: basta cercare l’opzione giusta nelle Impostazioni. Che cosa rende, allora, la scelta di design di Schofield così speciale?

La particolarità sta nel fatto che la HUD, in Dead Space, è assente di default, e non può essere aggiunta in nessun modo. Questo implica che, per non lasciare il giocatore completamente ignaro delle condizioni del suo personaggio, è stato necessario trovare dei geniali escamotage per ovviare questa mancanza. I punti salute del protagonista, per esempio, sono controllabili direttamente dalla sua tuta spaziale. Sulla spina dorsale sono presenti quattro led che svolgono la stessa funzione di una normale barra di vita, solo che, in questo caso, sono parte integrante del mondo di gioco. Semplice, ma efficace.

 

Il suono della paura

L’altra caratteristica che ha permesso a Dead Space di ottenere così tanto successo è l’incredibile colonna sonora composta da Jason Graves. Queste inquietanti musiche rendono il gioco ancora più immersivo e pauroso, ci preannunciano l’arrivo di un nemico e fanno da sfondo a spietati combattimenti. La soundtrack di Dead Space è la sinfonia stessa della paura, corrotta e distorta, concitata e incalzante a tal punto da accelerare il nostro battito cardiaco. Quando questa smette di suonare, capiamo che possiamo finalmente tirare un sospiro di sollievo: il pericolo è passato, siamo in salvo.

Nonostante il combattimento sia finito, un senso alienante di inquietudine ci rimane addosso. Com’è possibile? Dobbiamo “ringraziare” il comparto sonoro, che nel silenzio dona pesantezza all’atmosfera dell’intera opera. Il rumore dei proiettili sparati, il rimbombo sordo dei nostri passi, le urla mostruose dei nemici: servono tutte a rendere il mondo vivo e pulsante.

 

 

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Lorenzo Fazio

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