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“David Beckham: Squadre da salvare”, la recensione in anteprima dei primi due episodi: il calcio di tutti

di Nicolò Bacchi

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Quando si nomina il mondo del pallone, è naturale pensare immediatamente alle grandi squadre europee e più in generale internazionali, che monopolizzano l’attenzione mediatica. Ma se è vero che sono proprio questi team a farci appassionare al gioco che per molti è il più bello del mondo, la verità è che alle loro spalle esiste un fitto sottobosco di piccole compagini locali; giovani formazioni di dilettanti come il Westward Boys, piccola squadra dell’East London sull’orlo del fallimento.

L’unico uomo che potrebbe salvarla è l’ex campione inglese David Beckham, che nella sua nuova serie “Squadre da Salvare“, disponibile dal 9 novembre su Disney+, proverà a impedire la retrocessione dei ragazzi, raccontando anche la difficile realtà dietro ai campionati minori. Senza perderci ulteriormente in chiacchiere, ecco quindi la nostra recensione in anteprima dei primi due episodi.

David Beckham e il ritorno a casa

David Beckham è sicuramente una icona del gioco del calcio e nel corso della sua gloriosa carriera ha vestito le maglie di alcune delle migliori squadre del mondo: Manchester UnitedReal MadridMilanPSG LA Galaxy. Nonostante il successo, il fenomeno inglese non ha però mai fatto mistero di essere cresciuto calcisticamente nelle divisioni minori, avendo più volte fallito in giovanissima età l’ingresso in accademie più prestigiose.

E la squadra in cui il Beckham calciatore è cresciuto è senz’altro simile ai Westward Boys, la piccola compagine dell’East London che l’ex numero 7 del Manchester United dovrà salvare dal disastro sportivo. Si tratta di un team dal passato glorioso, ma costretto a fare i conti con il sempre più concreto rischio di una retrocessione della propria formazione giovanile; una retrocessione che comporterebbe un fallimento non solo del progetto, ma che potrebbe precludere ai ragazzi un futuro nel calcio che conta.

Lo Spice Boy dovrà quindi impegnarsi duramente per risollevare il morale della squadra e, se possibile, anche la sua posizione in classifica. Per Beckham questa missione rappresenta però molto di più: è infatti la possibilità di tornare dove tutto ha avuto inizio, diventando così un viaggio che gli permetterà di ripercorrere passi importanti della propria carriera.

David Beckham

Via @Disney+

 

Il calcio con la F

Tra le scelte fatte dal regista del documentario, la migliore è senza alcun dubbio quella di raccontare il calcio dal punto di vista dei ragazzi. Mettendo a confronto i ricordi di David Beckham con i sogni dei giovanissimi membri dei Westward Boys, la narrazione ci mostra quanto un semplice gioco possa significare per loro; da chi sogna di calcare i campi della massima serie per regalare un futuro migliore alla madre che lo ha cresciuto da sola, alla giovane promessa scartata da altri club e desiderosa di riscatto.

La serie si rivela profonda e incisiva già dai primi assaggi, mostrandoci l’esistenza di una realtà parallela a quella a cui siamo abituati. La chimica della squadra, sempre pronta a darsi sostegno anche nei momenti più difficili, mostra che il calcio non è solo un gioco; è una forma di sostegno morale, una valvola di sfogo libera e alla portata di tutti. E anche senza militare in grandi squadre, basta un pallone per illuminare gli occhi di un bambino…

Lo stesso Beckham, a 47 anni, non si tira indietro e partecipa attivamente agli allenamenti dei ragazzi; quando il portiere riesce a parare una delle sue imprendibili punizioni (avrà tirato piano apposta?), è il primo a complimentarsi con lui. Segno che, nonostante tutto, il calcio resterà per sempre la sua passione più grande, che sia giocato su un campetto di provincia o in uno stadio di Premier League.

 

David Beckham

Via @Disney+

Considerazioni finali sui primi due episodi di “David Beckham: Squadre da salvare”

Nonostante il progetto non nasca certo da un’idea particolarmente originale, riesce a centrare in pieno l’obbiettivo: raccontare una realtà calcistica “minore”, oscurata dal calcio mainstream. I ragazzi del Westward Boys, così come i suoi due allenatori, colpiscono per la loro spontaneità e sincerità; in alcuni momenti appaiono persino più a loro agio rispetto allo stesso David Beckham, davanti alle telecamere.

Il metodo con cui viene narrato il problema, ossia la possibile retrocessione della squadra, funziona perfettamente; ci vengono mostrati, passo dopo passo, l’evoluzione dei calciatori, il loro rapporto come team e i problemi che ognuno di loro porta con sé. Ad amalgamare tutto ci pensa il montaggio, che rende protagonista il Wastward Boys senza eliminare però Beckham dalla formula vincente.

https://www.youtube.com/watch?v=9xKOJXd25PI

Pro

  • Montaggio e tecnica narrativa, che rendono avvincente un racconto che rischiava di divenire banale e “già visto“;
  • La scelta di documentare la vita del giovane calciatore dilettante;
  • La spontaneità dei vari protagonisti.

Contro

  • Gli episodi durano forse un po’ troppo (circa 45 minuti l’uno), accorciandoli risulterebbero più scorrevoli;
  • Il doppiaggio italiano. È consigliata quindi la visione in lingua originale, con i sottotitoli.

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