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Dalla Sicilia a Capo Nord in ricordo della moglie defunta

di Alessandro Colepio

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La perdita di un partner è uno degli eventi più sfortunati che possono accadere nella vita di una persona. Ma anche da queste situazioni drammatiche si può imparare qualcosa, trovando ad esempio la forza di compiere imprese impossibili. E questo è esattamente ciò che è capitato a Gasparino La Rosa, maggiore della Guardia di Finanza di Catanzaro e grande appassionato di ciclismo.

La moglie di La Rosa è purtroppo deceduta lo scorso anno a causa di un cancro, dopo una battaglia lunga ed estenuante. E proprio in nome del suo coraggio, suo marito ha deciso di sfidare i limiti umani, partendo da Messina in sella alla sua bici con l’obiettivo di arrivare al punto più settentrionale d’Europa: Capo Nord.

Il ciclismo come metafora di vita: il resoconto di Gasparino La Rosa

L’avventura del maggiore La Rosa è iniziata lo scorso 8 luglio da Messina e si è conclusa a Capo Nord il 12 agosto. In mezzo 6000 chilometri in bicicletta, 36 giorni di viaggio e ben 72 ore di anticipo sulla tabella di marcia. L’intrepido atleta ha documentato giornalmente tutto il viaggio, raccogliendo un grande seguito nel nome di sua moglie Maria e del ciclismo, i suoi due grandi amori. E per celebrare l’arrivo, La Rosa ha deciso di legare un foulard appartenuto alla sua amata sull’iconica scultura in ferro “Il Globo”, installata sul punto più a nord del nostro continente.

Gli appassionati hanno potuto seguire la sua impresa sul sito retedeldono.itdimostrando grande entusiasmo nell’accompagnare il maggiore La Rosa durante il viaggio. E non è finita qui: una raccolta fondi aperta sulla stessa piattaforma online ha raccolto ben 20mila euro, che andranno devoluti all’AIRC, l’associazione nazionale per la ricerca contro il cancro.

Intervistato a riguardo, La Rosa ha parlato dei motivi che lo hanno spinto a compiere questa grande avventura, scegliendo ancora una volta una metafora sportiva per raccontarsi. Ecco le sue parole a Today.it:

Lei ha affrontato a testa alta il suo lungo combattimento, senza mai gettare la spugna, con l’obiettivo di arrivare sempre al round successivo, pur sapendo che alla fine l’avversario avrebbe vinto per K.O. La ricerca, il suo più importante coach, le ha permesso di rimanere in piedi più a lungo possibile, donandole anche la speranza di poter vincere. Sono sicuro che Maria sarebbe felice sapendo che lo stesso allenatore, con tecnologie più innovative, potrebbe essere in grado di salvare altre vite“.

Una storia toccante, che ancora una volta dimostra come l’amore per lo sport possa essere un’importante valvola di sfogo anche nei momenti più difficili.

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