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Billie Eilish e la denuncia al porno passata per battuta

di Redazione NCI

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Il porno e più in generale l’industria del settore hard è ormai sdoganata, tanto da essere fruibile a tutti, adulti ma anche bambini. Per quanto sdoganare il sesso sia legittimo e necessario all’evolversi della società, è chiaro che questo ponga l’interrogativo su come e a quale età rendere il porno fruibile ai ragazzi. Proprio di questo tema parecchio delicato ha raccontato la sua esperienza Billie Eilish, spiegando come proprio il porno le abbia insinuato una visione distorta del sesso.

Il racconto di Billie Eilish

Apparendo all’Howard Stern Show, la pop star Billie Eilish non ha usato mezzi termini: “Penso che il porno sia una vergogna. Guardavo un sacco di porno, a dire il vero. Ho iniziato a guardare il porno quando avevo 11 anni”.

“All’inizio ero una sostenitrice, ne parlavo, pensavo di essere cool perché non avevo nessun problema in merito e anzi non ci vedevo niente di male”. Poi però si è resa conto che la pornografia le ha distrutto il cervello e provocato incubi, tanto che oggi la considera “una vergogna”.

La cantante ha poi raccontato l’influenza negativa che il porno ha avuto sulle sue prime relazioni sessuali: “Le prime volte che ho fatto sesso, mi sono resa conto che non stavo dicendo di “no” a cose che non andavano bene. Era perché pensavo che fosse quello da cui avrei dovuto essere attratto”.

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La verità nelle parole della cantante

Che il porno offra uno scenario deviante rispetto alla maniera classica di vivere il sesso è cosa nota. Lo stesso Rocco Siffredi, noto attore del settore, ha più volte rimarcato: “I ragazzi devono capire che noi che facciamo questo mestiere siamo quelli anormali, e i normali sono loro”.

Billie Eilish con la sua potenza mediatica ha scoperchiato un vero e proprio vaso di Pandora, dando voce anche ai problemi di giovani italiani che non avendo a disposizione una vera e propria educazione sessuale – né familiare né scolastica – si affidano al porno.

Il tema dell’educazione sessuale scolastica è da sempre dibattuto in Italia. Il velo di bigottismo del Bel Paese lo porta ad adottare  sempre più tardi alcuni strumenti sociali essenziali – come appunto l’educazione sessuale – per paura di fare “scelte impopolari”, ma che sarebbero imprescindibili.

Per porre un freno alla visione del porno si è pensato al «parental control» — cioè i sistemi che permettono di filtrare contenuti vietati ai minori — che però può essere aggirato con facilità da ragazzini più avvezzi dei genitori a utilizzare la tecnologia. Senza contare che il proibizionismo, da sempre, è storicamente la maniera peggiore per contenere un problema. Non fa altro che acuire la domanda e la brama del prodotto negato.

La denuncia della Eilish “banalizzata”

Il racconto di vita della cantante è stato banalizzato, invece di divenire oggetto di un dibattito proficuo. Tanti sono i titoli dei maggiori quotidiani, che, per fomentare la folla, affermano “la star si è rovinata la vita” oppure categorizzano l’intervista come “choc”. Puntano a irretire il lettore puntando semplicemente sul fare presa concentrando il tutto solo sulla parola “porno” e non sul discorso maturo che c’è dietro. In troppi non hanno colto la denuncia, il malessere ed il disagio effettivo causato da quanto raccontato dalla cantante. Si sono messi a ridere, a giudicare, ad ammiccare. Ed è sinceramente disgustoso.

I commenti più frequenti all’intervista in realtà altro non sono che giudizi: “si stava meglio prima”, quando i bambini erano “puri” e la sessualità non esisteva. Una visione edulcorata della realtà, che mira a mitizzare il passato invece che porre rimedio ad una situazione presente. Puntare il dito e ridere non sono soluzioni costruttive per quello che, soprattutto anche a causa della pandemia, rischia di diventare un problema sempre più grave per le nuove generazioni. Il sesso va visto per quello che è: qualcosa di naturale, piacevole, ma spesso, se non sempre, distorto. E nelle fasi di crescita dei più giovani, una manifestazione eccessivamente distorta della realtà senza supporto di nessun tipo, non può che essere dannoso.

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di Denise Michela Pengue

 

 

 

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