All’anagrafe David Robert Jones, noto ai più semplicemente come David Bowie, oggi avrebbe compiuto 77 anni. Nato in un sobborgo a sud di Londra l’8 gennaio del 1947, è stato un artista unico nel suo genere, capace di spaziare in maniera poliedrica e provocatrice tra diversi generi musicali, ma anche di riscoprirsi in realtà sempre differenti, come la pittura o il cinema…
Con circa 140 milioni di album venduti in vita, rientra tra gli artisti con il maggior numero di vendite nella storia della musica (BBC News). E tra i suoi lavori di maggior rilievo troviamo l’album di esordio, “David Bowie“; uscito nel 1967, quando aveva soli 20 anni, metteva in mostra un ancora giovane e acerbo Bowie, che in futuro, l’artista che ne deriverà, arriverà quasi a “rinnegare”.
Nel 1969 pubblica il suo secondo album, “Space Oddity“, ormai culto del Duca Bianco; nella produzione, come suggerisce anche il titolo, sono numerosi i richiami allo spazio e all’ignoto. La raccolta sarà l’apripista per i suoi lavori successivi, ovvero una anticipazione a quanto di superlativo sarebbe venuto dopo. Inoltre, c’è anche una piccola curiosità legata al brano “Space Oddity“; questo venne usato durante i servizi televisivi della BBC dedicati allo sbarco sulla Luna. Della stessa canzone esiste anche una versione in italiano, cantata sempre da Bowie, intitolata “Ragazzo solo, ragazza sola“.
Nel 1970 lancia “The man who sold the world“, album nel quale affiorano i patemi dell’animo di David Bowie e le sue battaglie personali: dalla depressione ai disturbi mentali del fratello, passando per la confusione dal punto di vista sessuale. Due anni dopo esce con “The rise and fall of Ziggy Stardust and the spiders from Mars“, l’album con il quale viene alla luce il suo più famoso alter ego, Ziggy Stardust, alieno filo conduttore di tutto l’album. “Questo disco non ti piacerà, è molto più rock del precedente” – disse l’artista al produttore Ken Scott. Inoltre, nella raccolta è presente uno dei brani che rivoluzionò quegli anni (e non solo): “Starman“.
Il 1974 è invece la volta di “Diamond dogs“; si tratta del primo album dal 1969 senza la sua celebre band, e che raggiunse le vette delle classifiche anche in Italia, in maniera quasi “inaspettata”. Quasi totalmente distaccata dal resto dell’album è l’iconica “Rebel Rebel“, che risentì molto dell’influenza musicale dei Rolling Stones.
Nel 1977, Bowie pubblica “Heroes“: interamente registrato a Berlino durante la Guerra Fredda, con il celeberrimo Muro a fare da “sfondo”, è una delle testimonianze più significative nella storia della musica. “We can beat them, just for one day. We can be heroes, just for one day” – recita l’omonimo brano, nel contesto di due amanti divisi dal Muro di Berlino. L’album ha visto, oltre alla magistrale interpretazione del cantante inglese, anche la partecipazione di Brian Eno.
Infine, nel 2016, rilascia “Blackstar“. Prima di procedere però, vanno fatte delle doverose premesse su questo album; la data di uscita fu l’8 gennaio del 2016, giorno del suo sessantanovesimo compleanno, dove, in una foto “ufficiale”, appariva in salute. Niente lasciava presagire che solo due giorni dopo, il 10 gennaio 2016, David Bowie sarebbe morto a causa di un tumore al fegato.
La notizia sconvolse il mondo, che rimase incredulo dinanzi alla stessa. All’inizio il pensiero comune fu quello di uno scherzo di pessimo gusto, ma pian piano, purtroppo, cominciarono ad arrivare le tristi conferme. Il disco va visto quindi in due differenti modi: pre e post morte. I testi assumono una visione totalmente diversa tenendo conto del secondo scenario; “Look up here, I’m in heaven” recita il brano “Lazarus“, il cui videoclip ci mostra un Bowie su un letto d’ospedale, bendato, che uscirà poi di scena chiudendosi in un armadio. Tutto assume quindi un’impronta più cupa, più triste e più devastante, rispetto alla prima…
A conti fatti quindi, Bowie cercò di nascondere al mondo il suo dolore, la sua sofferenza causata dal tumore, arrivando a donarci perfino un album due giorni prima che salutasse questo mondo. Il vuoto che ha lasciato è incolmabile, e una parte di tutti i suoi fan, ma anche degli amanti della musica in generale, morì quel 10 gennaio 2016. C’è poco da aggiungere, dal momento che le parole risulterebbero superflue in un contesto del genere, se non: “David, grazie“.
Numerose sono infatti state le collaborazioni che il cantante ha avuto nel corso degli anni: da Lou Reed a Iggy Pop, passando per John Lennon, Cher, Tina Turner e Mick Jagger. Inoltre, è indimenticabile la storia scritta con Freddie Mercury e i Queen, dalla cui collaborazione venne alla luca la magnifica “Under Pressure“.
Molto attivo anche dal lato cinema, Bowie ha ricoperto diversi ruoli, tra cui ricordiamo: sotto la direzione di Christopher Nolan, nel capolavoro “The Prestige” (2006) interpreta Nikola Tesla, un ruolo che perfetto per lui è dire poco. Appare anche nella pellicola italiana “Il mio West” (1998) al fianco di Leonardo Pieraccioni e in “Zoolander” (2001). Da segnalare è infine un documentario molto ben riuscito che ne racconta la vita e datato 2022, “Moonage Daydream“, il cui titolo riprende quello del brano presente nell’album dell’alieno Ziggy Stardust.
“Qualche anno fa ho mandato una mail a David per il suo 57esimo compleanno. Ho scritto ’57??? Non è arrivato il momento che ti trovi un vero lavoro? Firmato: Ricky Gervais, 42 anni, attore’. Mi ha risposto: ‘Ce l’ho un vero lavoro. Firmato: David Bowie, 57 anni, Dio del Rock‘. [Ricky Gervais]
Di Flavio Santini
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