di Lorenzo Procopio
Ha fatto parecchio discutere, dopo la premiazione degli Emmy Awards 2022, l’assenza di un riconoscimento per “Better Call Saul“. La serie spin-off di “Breaking Bad“, arrivata alla sua ultima stagione, non è riuscita a portarsi a casa neanche una statuetta. Questo nonostante un totale di 46 candidature ottenute durante 6 stagioni.
“Better Call Saul”: anche la qualità a volte è snobbata
I premi, contrariamente a quanto si possa credere pensando al loro stesso concetto, non sono mai una questione di oggettività. Soprattutto in campo artistico. Questo perché, dietro un riconoscimento, c’è sempre un organo, una giuria preposta ad esprimere un giudizio e una preferenza. Ma, si sa, ogni persona è influenzata da criteri e giudizi diversi, così come dal contesto storico e culturale in cui si trova. Senza scadere in discorsi sull’estetica del gusto, è facile rendersi conto di come premiare un’opera come la migliore non sia un sinonimo di valore assoluto. E lo sa bene “Better Call Saul“.
La serie creata da Vince Gilligan, fin dal suo esordio nel 2015, ha conquistato pubblico e critica per la qualità della sua narrazione. Nata come spin-off di “Breaking Bad“, “Better Call Saul” si è rivelata al pari (se non per alcuni superiore) del suo predecessore, inserendosi a buon diritto nell’Olimpo della serialità. Da questa presentazione in pompa magna sarebbe lecito aspettarsi, da una serie del genere, un’incetta di statuette del massimo riconoscimento televisivo statunitense, ossia gli Emmy Awards. E invece, incredibilmente e inspiegabilmente, una sola cifra sta ad indicare gli Emmy portati a casa da “Better Call Saul“: zero.
Agli Emmy 2022 “Better Call Saul” è il grande sconfitto
Come interpretare un dato del genere? Durante l’edizione 2022 degli Emmy Awards, “Better Call Saul” aveva ottenuto quattro candidature tra le categorie principali: miglior serie drammatica, miglior attore protagonista, miglior attrice non protagonista e miglior sceneggiatura. Le speranze di vittoria erano affidate alle prime tre, soprattutto considerando la grandiosa recitazione di Bob Odenkirk nonché la sesta nomination consecutiva come miglior serie. Eppure quest’ultimo premio è andato poi a “Succession”, opera per la quale negli ultimi anni gli Emmy hanno dimostrato una certa predilezione, così come per Julia Garner, vincitrice per la terza volta del premio alla miglior attrice non protagonista. Persino il povero Odenkirk ha dovuto salutare il ruolo di Saul Goodman con una sconfitta, inferta dal protagonista di “Squid Game” Lee Jung-jae.
Dicevamo come fosse difficile spiegarsi un tale risultato per una serie di qualità come “Better Call Saul“. Ebbene, le proporzioni della questione si trasformano in vera e propria “snobbatura” se consideriamo che la serie, a fronte della sua sesta e ultima stagione, ha racimolato 46 nomination senza vincere mai neanche una volta. Quale altro ingrediente sarebbe servito per cambiare le sorti di questa opera amatissima?
Tra Emmy e Oscar: è difficile essere oggettivi
Forse dovremmo, per calmare la nostra delusione, osservarla da un diverso punto di vista. L’errore in cui si incappa è infatti quello di considerare un premio come quello degli Emmy, di per sé riservato al meglio della televisione americana, come un indice di valore assoluto. La verità è che invece la storia di ogni premio artistico è costellata di delusioni e mancanze nei confronti di opere giudicate meritevoli, così come soprese per altre considerate inferiori.
Gli stessi annali degli Emmy Awards ne sono una prova. Basti pensare ad attori come Steve Carell in “The Office” o Hugh Laurie in “Dr. House“, rimasti a bocca asciutta nonostante i loro ruoli iconici. Oppure la prima stagione di “True Detective“, autentico capolavoro, pietra miliare della settima arte, di cui oltre alla stessa serie furono snobbati i due incredibili protagonisti. E che dire poi di “The Wire“, considerata da molti critici come la migliore serie di tutti i tempi, anch’essa rimasta senza Emmy per 5 stagioni?
Lo stesso discorso vale d’altronde per la controparte cinematografica degli Emmy, ossia gli Oscar, i quali negli ultimi anni non hanno risparmiato numerosi disappunti. Basti citare capolavori riconosciuti e non premiati come “Quarto Potere“, “Vertigo” o “Pulp Fiction“, fino ad arrivare al recente “La La Land“, a cui nel 2018 si preferì il più fiacco “Moonlight“. La questione si complica passando agli attori che non hanno mai ricevuto una statuetta (Tom Cruise, Viggo Mortensen o Samuel L. Jackson) per poi diventare ridicola se pensiamo ai registi (su tutti due maestri come Alfred Hitchcock e Stanley Kubrick).
È facile quindi capire come dietro ad ogni annata di premi si nascondano simpatie, popolarità, o magari semplicemente convergenze sfortunate. Al giorno d’oggi poi, con l’enorme influenza dei social, un discorso sulla qualità delle opere rischia di diventare sempre più annacquato. Forse, a ben pensarci, è più elitario e fascinoso rimanere nel gruppo dei “perdenti” con una tale eccelsa compagnia.
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