Dimenticate macchine volanti e astronavi: ecco cosa pensavano scienziati, sociologi e giornalisti del 2023 un secolo fa. Gli esperti fornirono delle proiezioni sulla crescita della popolazione e sull’aspettativa di vita, le tendenze nell’igiene personale, i progressi nelle industrie, i viaggi, l’assistenza sanitaria e persino alcune riflessioni sul futuro del giornalismo stesso.
Paul Fairie, ricercatore e istruttore presso l’Università di Calgary, ha condotto un lavoro di ricerca minuzioso, come riporta l’agenzia di stampa NPR. L’accademico, infatti, ha raccolto i ritagli di moltissimi giornali del 1923, con le previsioni di varie personalità per il 2023.
“Quando diversi aerei staranno volando attraverso i cieli, non inizieremo la giornata leggendo le notizie dal mondo, ma ascoltandole, perché il giornale avrà cessato l’attività più di mezzo secolo prima“, si leggeva su un quotidiano (che non è stato identificato). O ancora, riporta Fairie, molti ambiziosi predissero l’eradicazione di cancro e tubercolosi, l’innalzamento dell’età media di vita e “meno medici e malattie attualmente sconosciute; tutte le persone saranno belle“.
Il lavoro integrale del ricercatore è disponibile sul suo account Twitter, che raccoglie un anno di sforzi ma si può riassumere in diversi punti principali. I temi ricorrenti delle previsioni sono la sanità, la tecnologia e il futuro dei media, ma anche le condizioni di lavoro del futuro. Allora, infatti, si pensava che ad oggi le giornate di lavoro sarebbero state molto più brevi, ”fino a 4 ore”.
Di certo non mancano le stranezze, come quanto sostenuto dal professor Low, che dichiarò: ”È del tutto possibile che quando la civiltà sarà avanzata di un altro secolo, la telepatia mentale esisterà in embrione e costituirà un metodo di comunicazione molto utile.”
In generale si può desumere come allora ci fosse un certo ottimismo, uno sguardo positivo al futuro, che purtroppo oggi appare più oscuro e ci spaventa di più. Saremmo quindi contenti se, un giorno, le nostre previsioni si dimostrassero errate, nonostante chi ci ha preceduto non abbia poi sbagliato del tutto.
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