Disponibile da giovedì 14 novembre 2023 su Netflix, la seconda parte della sesta stagione di “The Crown” è una serie televisiva formata da 6 episodi. Nel cast dello show targato Netflix troviamo: Imelda Staunton (Regina Elisabetta II), Jonathan Pryce (Principe Filippo), Dominic West (Principe Carlo), Olivia Williams (Camilla Parker Bowles), Ed McVey (Principe William), Meg Bellamy (Kate Middleton), Luther Ford (Principe Harry), Elizabeth Debicki (Principessa Diana), Khalid Abdalla (Dodi Fayed), Lesley Manville (Principessa Margaret) e Claudia Harrison (Principessa Anna).
Altro importante co-protagonista è anche uno dei futuri eredi al trono, il Principe William. Ancora devastato dalla morte della giovane madre, è ormai pronto a entrare nel suo college dei sogni: qui, incontrerà la giovane Kate Middleton, studentessa di cui si invaghirà.
Tra i vari elementi che The Crown può vantare, vi sono sicuramente le interpreti della Regina Elisabetta durante il corso della sua monarchia. Partendo dalla giovane Claire Foy, passando a una più esperta Olivia Colman, finendo con la più recente Imelda Staunton pronta gestire il suo regno per gli ultimi decenni. Sicuramente grandi attrici di un importante vanto, che nel suolo hollywoodiano hanno saputo dimostrare la propria bravura.
E sarebbe molto difficile dirvi quale sia la migliore Regina Elisabetta delle tre. D’altronde abbiamo assistito a interpretazioni in momenti diversi. Claire Foy interpretava una giovane e inesperta regina. Gli occhi di tutti erano puntati su di lei dopo la prematura morte e la recente uscita dalla seconda guerra mondiale. Olivia Colman già era una regina più a suo agio, dopo aver attraversato vari decenni tra alti e bassi. E infine Imelda Staunton, la regina anziana che forse non è mai riuscita conquistare i cuori degli spettatori come fecero le due interpreti passate.
Ma la Staunton in questa seconda parte riesce perfino a essere una regina superiore. La sua espressività ormai è adatta alla regina e ci viene perfino difficile immaginare un’altra interprete per un potenziale altro progetto dedicato a un’anziana Elisabetta. E il miglior modo per dimostrare la grande qualità della Staunton è proprio in un episodio specifico, il finale di serie tv. Qui la Regina deve affrontare la preparazione alla sua morte, la cosiddetta “Operazione London Bridge” che sarebbe scattata ufficialmente dopo il suo ultimo respiro, e, inoltre, decidere se abdicare per dare il proprio regno in mano al figlio Carlo.
Sicuramente una grande responsabilità preparare sia il proprio funerale che dire addio alla più grande monarchia attuale. Un certo peso emotivo personale, tanto che la sovrana affronta una crisi esistenziale (o meglio, una tripla crisi esistenziale). Infatti, da come ci era già stato svelato, le due interpreti passate della regina sarebbero tornate. E lo fanno nel migliore dei modi, intelligentemente, e non per un semplice cameo ambientato nel passato. Infatti, pensare alla propria fine, fino a quando quel momento non accadrà, è disturbante, specialmente quando i momenti sono pochi e contati. E quando la sceneggiatura ci porta dentro il cervello della regina, negli ultimi minuti del finale di serie tv, questo si rivela estremamente toccante e personale. Tanto da darci quel momento di riflessione dopo che lo schermo diventa nero, per un’ultima volta.
Nell’ultimo secolo, la politica britannica ha visto un susseguirsi di notevoli primi ministri, tra il carismatico Winston Churchill, il laburista Harold Wilson e la conservatrice Margaret Thatcher. Figure politiche di spicco non solo in terra madre, ma anche per le relazioni con l’estero. E sicuramente The Crown, nelle prime quattro stagioni, è riuscita con perfezione a descrivere questi tre ministri che hanno lasciato un segno indistinguibile nella politica inglese. Questo grazie anche a degli ottimi interpreti che sono riusciti a tenere testa alle magistrali interpretazioni delle prime due regine.
L’elemento più negativo della quinta stagione e della prima parte della sesta stagione è stata propria l’assenza di un primo ministro che potesse coniugare il bisogno della corona con quella della popolazione inglese. Non perché nella storia non ci sia stata una figura a farsi valere, ma, probabilmente, per dei bisogni narrativi. La caratterizzazione del capo di governo non era importante ai fini della trama. Nella quinta stagione abbiamo avuto un anonimo John Major, e nella prima parte della sesta stagione Tony Blair, che nonostante la centralità nella gestione del funerale di Lady Diana nella vita reale, nello show non è stato tirato in ballo.
Fortunatamente, Tony Blair riesce a ricevere una seconda possibilità in questa seconda parte. Qui riesce a spiccare come un’ottima figura politica, grazie anche al suo episodio monografico dove riesce a dare del filo da torcere alla regina. Finalmente riesce a dimostrarsi come un vero e proprio personaggio vitale per la monarchia.
Le prime quattro stagioni di The Crown rimarranno sicuramente nell’immaginario collettivo dei capisaldi televisivi targati Netflix. Tutto ciò è testimoniato dai numerosi premi, come i sette Golden Globe e gli otto Premi Emmy. Ma un caso che ha fatto sorprendere molti fan della serie televisiva è stato il resoconto che la stampa ha dato con la quinta stagione, con numerose insufficienze e molte critiche riguardo alla scrittura della nuova stagione con Imelda Staunton.
Sicuramente una notevole batosta per la società statunitense, ma in fin dei conti era prevedibile che, avvicinandoci agli anni più recenti, The Crown avrebbe affrontato l’inevitabile rischio di deludere le aspettative. Infatti, trattare personaggi come Winston Churchill e Giorgio VI, figure che sopravvivono nei pensieri e nei libri, è ben diverso dal discutere di elementi più recenti come Kate Middleton o gli scandali legati alle foto del Principe Harry.
Quindi, risulta essere più facile, e anche “sbrigativo e poco dettagliato“, dare una valutazione su degli eventi cui bene o male buona parte degli spettatori hanno assistito nella vita reale e che ha portato inevitabilmente a criticare facilmente queste ultime due stagioni. Ma la critica, e non solo, con una visione abbastanza prevenuta, non è riuscita realmente a guardare la delicata narrazione che ci viene offerta. Spiccano proprio i tanto desiderati episodi monografici, tra cui quelli dedicati a William e alla principessa Margaret, che ci portano a quelle atmosfere private ed emotive delle prime stagioni.
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