Il disegno di legge di un membro del Parlamento scozzese, per la riabilitazione di quasi 4 mila streghe, ha ricevuto l’appoggio di Nicola Sturgeon, Capo del governo scozzese. Le scuse del governo scozzese giungono 300 anni dopo la fine della caccia alle streghe. Meglio tardi che mai.
La Scozia sta per riabilitare il nome di quasi 4 mila streghe, quasi tutte donne, ad oltre 300 anni dalla legge contro la persecuzione delle stesse. Il disegno di legge proviene da un membro del Parlamento scozzese ed ha ricevuto il sostegno da parte del Capo del governo, Nicola Sturgeon. Il disegno ha l’obiettivo non solo di riabilitare il nome delle martiri di una guerra senza senso, ma anche quello di rendere loro il giusto tributo, edificando una statua in loro onore, come segno di grazia da parte dello Stato stesso. La proposta dovrebbe essere approvata nel corso della prossima estate. La decisione deriva da una grande campagna svoltasi in Scozia dal gruppo Witches of Scotland durata due anni e che segue le orme di quanto avvenuto in Massachusetts, Stati Uniti, dove hanno proclamato l’assoluzione delle vittime al processo delle streghe di Salem.
Si stima che, tra il XVI e il XVIII, furono accusate di stregoneria quasi 4 mila streghe. Tra queste quasi 3 mila sono state condannate a morte e giustiziate, la condanna a morte si svolgeva bruciando le presunte streghe sul rogo. La caccia alle streghe nasce intorno alla fine del 1500: il primo grande processo contro le streghe fu il Processo alle streghe di North Berwick. Sotto questo nome sono raccolti una serie di processi che si sono tenuti in Scozia tra il 1590 e il 1591. Durante questi processi vennero torturate e giustiziate almeno 70 donne. Il processo ebbe un grande impatto sulla cultura scozzese del periodo, per il grande clamore che suscitò grazie al coinvolgimento diretto delle case reali dell’epoca.
Ad iniziare la persecuzione contro le streghe fu Giacomo VI (James Stuart). Lo stesso re di Scozia all’inizio era alquanto scettico sull’argomento, ma venne sconvolto dalla confessione di una donna. La donna dichiarò (sotto tortura) di essere l’artefice di una tempesta provocata per affondare la nave, con a bordo re Giacomo, mentre era diretto verso l’amata sposa in attesa del matrimonio. Da allora il re in persona prese parte ai processi interrogando i testimoni, sovrintendendo all’uso della tortura e operando in veste di giudice.
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