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Stephen King: l’influenza del Re dell’horror nel cinema

Stephen King, nato nel Maine (USA) ormai 73 anni fa, è universalmente riconosciuto come “Il Re dell’horror”. Delle sue opere spiccano nomi quali “Pet sematary”, “Misery”, “Il gioco di Gerald”. Il suo grande talento è emerso da subito, tanto da avere un ruolo anche nel mondo del cinema. Infatti sulle trame dei libri sono stati girati molti film.

Ma quali sono le opere di Stephen King che hanno avuto una trasposizione vincente? Ne esaminiamo insieme alcune, quelle che hanno avuto un impatto maggiore sul pubblico.

IT, il libro di Stephen King che ha spaventato tutti i lettori

 

Quella di King è una grande capacità narrativa. Riesce a far immergere il lettore in un mondo uguale al nostro ma parallelo, in cui tutto è plausibile. In “IT” per esempio il lettore si trova a fare dei salti temporali di ventisette anni, rendendosene conto solo dopo qualche pagina. Questo ovviamente non è stato possibile nei due film usciti nel 2017 e nel 2019, in quanto sarebbe stato palese l’espediente narrativo.

In questi due capitoli la storia è stata divisa in due archi temporali ben distinti. Anche se la magia creata da King per confondere il lettore si perde nel film, restano comunque dei punti saldi. Il cast è composto da nomi di giovani attori quali Finn Wolfhard (Stranger Things) o Sofia Lillis (I am not ok with this) per la prima parte. E da attori già molto affermati come James McAvoy (Atomica Bionda) o Jessica Chastain (Ava) per la seconda.

La trama, essendo partorita dalla penna di Stephen King, non può essere banale. Esiste un essere malvagio che fa della paura degli umani il suo nutrimento. E’ un mostro nato molto tempo prima degli avvenimenti narrati, durante i quali si traveste da clown di nome Pennywise per rapire i bambini. I due capitoli di IT non sono considerati un remake della prima edizione miniserie tv uscita nel 1990, bensì una nuova interpretazione della storia originale.

 Sommando gli incassi dei due film si arriva a circa 1,17 miliardi di dollari. Il secondo capitolo ha introitato circa 300 milioni in meno rispetto al primo, ma nel complesso hanno riscosso un grande successo. Sia dal punto di vista economico che di gradimento.

 

“A volte, all’improvviso il passato ti ritorna addosso, che tu lo voglia o no. È sciocco.

 

E’ impossibile parlare dei film basati sui libri di Stephen King senza parlare de “Il miglio verde”, commovente capolavoro datato 1996. In questa opera, pubblicata come romanzo a puntate, il narratore è Paul Edgecombe, il capo dei secondini alla prigione di Cold Mountain. Scrive il suo racconto durante gli ultimi anni di vita, ricordando avvenimenti risalenti agli anni trenta, periodo nel quale arriva un nuovo detenuto di nome Coffey, di imponente stazza, di scarsa intelligenza e di animo nobile.

La trasposizione cinematografica arriva nelle sale dopo appena tre anni, scritta e diretta da Frank Darabont (Le ali della libertà), che coordinerà un grande cast composto da Tom Hanks (The terminal), Michael Clarke Duncan (Sin City) e Sam Rockwell (Jojo Rabbit)

Questo non è un racconto horror e presenta una potenza narrativa incredibile. La bontà di Coffey, che farà amicizia con un topino, gli permetterà di ottenere il rispetto di Edgecombe. Questo suo atteggiamento, e la parallela paura, convinceranno il capo delle guardie che potrebbe essere innocente riguardo all’omicidio di cui era stato accusato.

Ha ottenuto quattro nomination agli oscar del 2000, non vincendone purtroppo nessuna. Presenta delle differenze con il libro, ma non così evidenti da sconvolgere il senso dell’opera originale. “Il miglio verde” ha incassato circa 286 milioni di dollari, oltre ad essere acclamato in maniera positiva dalla critica.

 

Di tutti i film tratti di libri di Stephen King ce ne è uno a spiccare fra gli altri

Non stiamo parlando di un libro vero e proprio. E’ un racconto, estrapolato da un libro in cui sono raccolte più storie, intitolato “Stagioni diverse” (1982). Il racconto di cui stiamo parlando è “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”.

Il vice direttore di una banca di nome Andy Dufresne, nel 1947 viene condannato a scontare l’ergastolo nel carcere di Shawshank per un omicidio che sostiene di non aver mai commesso. Qui fa amicizia con Red, un detenuto con il suo stesso capo di accusa. Appassionato di geologia e abile contabile, si mette a scolpire pietre nel tempo libero e ad occuparsi di pratiche contabili del direttore e di altri dipendenti della struttura, ottenendone il rispetto.

Nel 1994 è uscito nelle sale cinematografiche “Le ali della libertà”, film tratto dal suddetto racconto. Alla regia troviamo Frank Darabont, che solo cinque anni dopo dirigerà Il miglio verde di cui abbiamo parlato poco fa.

Non a caso è ritenuto una delle trasposizioni meglio riuscite dalle storie di King. Per quanto duri circa due ore e venti, ha una capacità narrativa così accattivante da far passare il tempo molto velocemente. Un racconto, narrato dal personaggio di Red (Morgan Freeman), di come Andy (Tim Robbins) sia cresciuto in carcere, come sia cambiato e come abbia cambiato le persone intorno a lui.

Degne di nota le interpretazioni da parte dei due protagonisti, che avevano il compito di interpretare la quotidianità di due carcerati. Per quanto questa possa all’apparenza sembrare piatta, Freeman e Robbins hanno saputo intrattenere il pubblico tassello dopo tassello fino alla rivelazione finale.

“Le ali della libertà” è una trasposizione fedele dell’opera originale, e forse l’unico film tratto dai libri di King ad esserlo in maniera così precisa. Ha avuto sette candidature agli oscar 1995, fra cui miglior film e miglior attore protagonista. Purtroppo non ne ha vinto nessuno, in gara c’erano film del calibro di “Forrest Gump” e “Pulp Fiction”, ma si è comunque piazzato nella lista dei migliori film della storia del cinema.

Purtroppo questa pellicola, oltre a non vincere nessun oscar a cui è stato candidato, ha anche incassato poco al botteghino. 58,5 milioni di dollari di cui 28,3 milioni solo in America. Non ha incassato quanto altri film tratti dai racconti di King, ma è comunque entrato nella leggenda, divenendo con il tempo un vero e proprio cult.

 

La regia di un capolavoro è stata messa nelle sapienti mani di Kubrick. Ed è stata anche criticata.

 

Se “Le ali della libertà” è il film di maggior successo, tratto da un libro di Stephen King, quella che probabilmente è ritenuta l’opera più importante del Re dell’horror è “The shining” (1977)

Jack Torrance (Jack Nicholson) insegnante e scrittore ormai disoccupato, decide di accettare un lavoro stagionale come guardiano invernale di un hotel montano del Colorado. Vi si trasferirà con sua moglie Wendy (Shelley Duvall) e suo figlio Danny (Danny Lloyd). Col passare del tempo Jack fatica ad andare avanti col romanzo in via di scrittura, iniziando a diventare scontroso. Avrà delle visioni che lo convinceranno di essere bersaglio della sua famiglia, tanto da decidere di eliminare sia Wendy che Danny.

Dopo il grande successo del libro, nel 1980 è uscito nelle sale l’omonimo film. La regia è stata affidata a Stanley Kubrick, che l’ha reso il capolavoro senza tempo che è oggi. In numerosi altri prodotti vediamo citazioni palesi a quest’opera, come per omaggiarla. Una delle caratteristiche che spiccano in questo film è la maniacale simmetria delle inquadrature applicata dal regista.

“The Shining” è uno dei primi film per cui è stata usata la steadycam (il cui padre è Garret Brown), attrezzatura che ha permesso una resa di immagini completamente stabili anche se molto dinamiche in fase di ripresa. Un altro dei primi film in cui è stata introdotta è il primo capitolo della celebre serie cinematografica su Rocky Balboa, uscito nel 1976.

 Non ha ottenuto candidature agli oscar, bensì ne ha ottenute due ai Razzie Awards di cui uno alla regia di Kubrick. Anche lo stesso Stephen King criticò questo film. Lo definì “freddo e distaccato”. Ha criticato anche il personaggio di Wendy dicendo “si trova li solo per strillare ed essere stupida”.

“The Shining” ha incassato 44 milioni di dollari negli Stati Uniti, raddoppiando quanto speso per la produzione, venendo poi con il tempo acclamato e riconosciuto come un autentico capolavoro senza età.

 

Purtroppo non tutti i film tratti dai romanzi di King hanno avuto il successo che ha avuto “The shining”, o più recentemente “Il gioco di Gerald” o “IT”

 

Basti pensare a Cujo il cui libro del 1981 racconta di un San Bernardo di nome Cujo che viene morso da un pipistrello e, contraendo la rabbia, inizia a trasformarsi. Perde la testa e vede tutti come dei nemici da uccidere.

Il film in America si è piazzato in una posizione piuttosto bassa dei film più visti della stagione 1983/1984, mentre da noi in Italia non si è posizionato neanche nei primi 100. Inoltre il direttore di La stampa ha asserito che, pur non essendo un film completamente da buttare, aveva il difficile compito di mantenere un ritmo di ansia che solo King sa creare.

Ha incassato circa 21 milioni di dollari.

Il caso probabilmente più clamoroso risale a pochi anni fa

 

Nel 2017 esce “La torre nera”, film basato su una serie di otto libri racchiusi nella Serie della Torre nera.

L’ambientazione di questa serie di libri è diversa dalla solita creata da Stephen King. Pur avendo alcune similitudini con il nostro mondo, è molto diverso. La trama gira intorno a Roland. Questo è l’ultimo componente in vita dell’ordine dei “pistoleri” e discendente da quello che nella realtà è Re Artù.

Viene ambientata in un universo che vede un ritorno a quello che sembrerebbe il vecchio west, con strascichi di una realtà tecnologica ormai estinta.

Viene da sé che una storia raccontata in otto libri ha dei tempi narrativi molto dilatati, molti dettagli ed avvenimenti. Pensare di raccontare tutto in un solo film è pressoché impossibile. I tempi del cinema, per quanto possano essere veloci non possono esaurire tutti gli argomenti presenti in una serie di romanzi così lunga in un solo film.

E’ un vero peccato perché i protagonisti di “La torre nera” (2017) sono Idris Elba (Heimdall in “Thor”) e Matthew McConaughey (“Interstellar”). Non sono però bastati loro due a salvare un film destinato al fallimento già in partenza.
C’era in progetto di fare un sequel, trasformato poi in un’idea di fare una serie spin-off prequel. Questa doveva ambientarsi durante il quarto capitolo della saga, rimanendone il più fedele possibile. O almeno più di quanto abbia fatto il film.

Al botteghino l’incasso è stato di soli 111 milioni di dollari complessivi, di cui 51 milioni in territorio americano. Dato il poco successo del film i produttori avevano intenzione di rendere questa serie un vero e proprio reboot, distaccandosi completamente dal progetto iniziato nel 2017.

Come ha cambiato il mondo dei romanzi, Stephen King ha cambiato anche il mondo del cinema ?

 

Con più di ottanta opere all’attivo, Stephen King è probabilmente il romanziere contemporaneo più di successo, tanto da essere stato paragonato a Charles Dickens. Abbiamo rischiato di non vedere più sue opere dal 1999 in poi, in quanto ha rischiato la vita dopo essere stato investito. Ma finita la convalescenza, ha fortunatamente ricominciato a scrivere le sue quotidiane 2500 parole.

Ha pubblicato anche sotto nome fittizio ed è stato accusato di avere uno o più ghost writers. Sarebbero tante le cose da dire sul maestro King, ma una cosa è certa: ha rivoluzionato il concetto di romanzo del XX secolo. Le sue storie sono sempre state così particolari da permettere ad un genere come il cinema, tanto simile alla scrittura quanto distante, di accogliere a braccia aperte le sue opere e mostrarle al grande pubblico.

Sembrerebbe quindi che sia stato creato uno stile cucito ad hoc intorno alle storie del Re. Non si tratterà di numerosi capolavori, ma sembra un tentativo di raccontare la stessa storia con un mezzo di trasmissione diverso. Per quanto le parole di King riescano ad essere magiche senza il bisogno di immagini, il cinema permette a molte persone di avvicinarsi al racconto e recuperarsi in seguito l’opera originale.

Con alti e bassi in tanti, come abbiamo visto, hanno avuto l’onere e l’onore di poter entrare nella testa di un genio come Stephen King e poterne raccontare il contenuto con un genere meraviglioso quale è il cinema.

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di SIMONE DE MATTIA

Redazione NCI

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