Una landa desolata. Una terra priva di vita, se non per delle piccole creature e dei giganteschi colossi ancestrali. Le Forbidden Lands sono un luogo ostile e maledetto, ma dove Wander può tentare l’impossibile: riportare in vita Mono. Per farlo è disposto a tutto, anche a scendere a patti con Dormin e distruggere i sedici idoli, sconfiggendo i rispettivi titani. Ecco dunque che inizia il suo viaggio nelle Terre Proibite. Con sé ha solo l’Antica Spada, un’arma leggendaria capace di indicare la via per trovare i colossi, e Agro, il suo fido destriero.
L’obiettivo ultimo di Wander, di fatto, è salvare Mono, la sua amata, morta a causa di una misteriosa maledizione. Per farlo Dormin lo obbliga a sconfiggere sedici colossi sparsi per le Terre Proibite. Il giocatore inizia così il suo pellegrinaggio alla ricerca dei giganti, in un gameplay-loop che si divide in tre fasi principali: la ricerca, lo studio e la scalata. In effetti, il giovane guerriero non combatte direttamente i suoi nemici, fin troppo grandi per uno scontro alla pari. L’incontro con un colosso è un momento catartico, quasi contemplativo, dove il giocatore deve trovare una soluzione per raggiungere i suoi punti deboli ed eliminarlo. Questo è un momento epico, ma dal retrogusto amaro. Non si ha mai l’idea di “vincere”.
Il colosso di turno, una volta sconfitto, si accascia al suolo in tutta la sua grandezza. La musica è drammatica: è un canto funebre, più che una ballata. Poi arriva il silenzio; l’essenza tenebrosa del gigante fuoriesce dal suo corpo e invade quello di Wander, che a sua volta cade al suolo privo di conoscenza. È in questo istante che sentiamo la flebile voce di Mono, che invano prova a dirci qualcosa. Così Wander si risveglia al centro del Sacrario del Culto, insieme alle anime dei colossi sconfitti e al corpo senza vita della ragazza, che giace inerme su un altare in pietra, pronto alla prossima sfida, pronto alla prossima impresa impossibile. Wander è disposto a tutto pur di salvare Mono. Ma quale sarà il prezzo di questo estremo atto d’amore?
Come per ICO e The Last Guardian, Fumito Ueda si affida a una narrazione criptica e misteriosa, dai tratti onirici e leggendari. Tutto è affidato all’interpretazione del giocatore, che avendo vissuto il viaggio in prima persona può trarre da solo le proprie conclusioni. Siamo noi, come giocatori e come Wander, dei guerrieri erranti nelle Terre Proibite, a dare la nostra personale chiave di lettura all’esperienza creata dal Team Ico. Siamo noi, come esseri umani, a interpretare il viaggio di Wander per salvare la giovane Mono. La trama in sé però non diventa mai incomprensibile o totalmente oscura: è chiaro quello che succede sullo schermo. A essere sfumati sono il senso, le motivazioni e le spiegazioni di ciò che avviene.
È questo che, a distanza di vent’anni, rende ancora speciale e unico Shadow of the Colossus. Quello di Wander è un viaggio indimenticabile, capace di trascendere i confini delle Forbidden Lands e penetrare con forza nel cuore del giocatore, che di volta in volta è portato a riflettere su ciò che vede e fa nei panni del guerriero vagabondo.
Il vero protagonista di Shadow of the Colossus sono loro: le Terre Proibite. La terra dei colossi è una landa vasta e solitaria, dai tratti squisitamente romantici, che Wander, in groppa ad Agro, attraversa in lungo e in largo alla ricerca dei giganti da abbattere. Insieme al loro scontro, è proprio l’esplorazione delle Forbidden Lands a rendere unica l’opera di Ueda.
Galoppare con Agro dalle verdi praterie agli aridi deserti, attraversare silenziosi boschi ricchi di lucciole, risalire dei tenui corsi d’acqua. Fermarsi ad ascoltare il rumore del vento tra i rami degli alberi e il verso dei falchi mentre corriamo con il nostro fedele compagno. Sentire il suono degli zoccoli di Agro, o dei passi di Wander che si adattano alla superficie. L’esplorazione delle Terre Proibite è una poesia digitale. È l’arte del movimento. Fumito Ueda, che già con ICO ha dimostrato il suo amore per il movimento in tutte le sue forme, qui lo fonde nuovamente con una cura maniacale per i dettagli e con il Weltlandschaft, il paesaggio del mondo, una tecnica che nasce con la pittura e che mostra la panoramica di un paesaggio.
Nei videogiochi, e nelle opere del Team Ico in particolare, questo si traduce nella possibilità di raggiungere ogni cosa che si vede a schermo in un’esperienza coerente e interconnessa. Nei panni di Wander, il giocatore è colpito dalla vista di una torre in lontananza, che vuole raggiungere. Inizia così il viaggio, che culmina con il raggiungimento della meta. Qui può guardare avanti, alla ricerca della prossima destinazione, ma anche indietro, per osservare da dove è partito e riflettere sulla strada percorsa.
Le Terre Proibite sono una landa primordiale, dove il vento del deserto incontra la tempesta delle montagne e i raggi del Sole delle pianure. Sono una terra desolata e maledetta, dove alberga un antico male esiliato dal regno dei vivi tanto tempo fa. Eppure, nonostante sia prevedibile il destino di Wander, le Forbidden Lands trasmettono quasi un senso di pace e serenità. La ricerca dei colossi, in groppa ad Agro e seguendo il fascio di luce dell’Antica Spada, è un’esperienza dai tratti onirici e spirituali. Così come poi lo scontro con i titani, è un momento di contemplazione. Una contemplazione della grandezza del mondo di gioco, della leggerezza dei suoi ambienti e del significato delle azioni di Wander.
Dopo l’originale del 2005 e la Remastered del 2011, nel 2018 Sony ha pubblicato un Remake di Shadow of the Colossus, affidato nuovamente a Bluepoint Games, già autore della versione per PlayStation 3. La produzione promette di riproporre la medesima esperienza con un comparto grafico ricreato da zero, con un sistema di movimento migliorato e un comparto tecnico rifinito e adattato per le nuove console.
Nonostante le indubbie qualità del team di sviluppo, tuttavia, il lavoro è riuscito solo parzialmente. Se è vero che è stato fatto un buon lavoro nella ricostruzione delle Forbidden Lands e dei sedici colossi, è vero anche che il comparto tecnico e l’ottimizzazione non sono degni di un videogioco per PlayStation 4. La telecamera da molti problemi, soprattutto negli scontri contro i boss più grandi, che in alcuni casi diventano addirittura tediosi e snervanti. È presente un pop-up molto aggressivo degli elementi dello scenario, che in più di un’occasione rischiano di compromettere l’immersione negli altrimenti splendidi paesaggi creati da Ueda. Il frame rate non è stabilissimo, soprattutto in Modalità Qualità, con vari cali in particolare nei momenti più concitati.
È stato fatto un buon lavoro, invece, per quanto concerne il sistema di movimento: rispetto a quanto avveniva su PlayStation 2 con i controlli originali, ora esplorare le Terre Proibite e scalare i colossi è estremamente più godibile. Ottima anche la realizzazione degli scontri contro i titani, più simili a dei maestosi enigmi ambientali più che a dei combattimenti su vasta scala. Come accennato in precedenza, questi sono a tutti gli effetti dei momenti di riflessione e contemplazione. Contemplazione delle dimensioni gargantuesche dei colossi e delle arene entro cui è necessario abbatterli, e riflessione su cosa spinge Wander a tentare un’impresa di questo calibro pur di salvare la sua amata.
Merita una menzione d’onore, infine, la colonna sonora e il comparto audio più in generale. Le musiche drammatiche e leggendarie di Kow Otani, i suoni della natura e i rumori del vento, i silenzi che dominano le ampie steppe delle Forbidden Lands: ogni elemento sonoro di Shadow of the Colossus rende ancora più speciale il viaggio di Wander.
Anche a distanza di vent’anni dalla prima uscita, Shadow of the Colossus si conferma un’opera d’arte. L’odissea del guerriero errante è molto più di un semplice videogioco. Di fatto, Fumito Ueda non vuole solo intrattenere e divertire: vuole emozionare e far riflettere i giocatori.
Li vuole coinvolgere in un viaggio epico, dai tratti mitici e ancestrali, dove un ragazzo è disposto a tutto pur di salvare la propria amata, persino tradire i suoi compagni e liberare un terribile male rimasto a lungo celato in una landa proibita ai confini del mondo.
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