di Melissa Marocchio
Le ricerche scientifiche hanno sempre portato a risultati incredibili come quello a cui possiamo assistere oggi: è, infatti, pronto il Pangenoma, ossia una raccolta delle sequenze di DNA in grado di cogliere il più possibile la diversità della specie umana. I risultati della ricerca, condotta dal consorzio internazionale Human Pangenome Reference e da gruppi di ricerca italiani, permettono ora di confrontare ogni mappa del DNA di un individuo con le mappe genetiche di tutti gli altri. Lo studio, pubblicato in quattro articoli sulle riviste Nature e Nature Biotechnology, detta l’inizio della rivoluzione del Pangenoma, che promette diagnosi e trattamenti molto più precisi, dalle malattie rare all’infertilità.
Le dichiarazioni sulla ricerca
“Annunciamo un progresso incredibile, capace di portare a comprendere realmente la diversità umana e cruciale per i futuri risultati della ricerca scientifica e della medicina”, ha affermato il direttore del programma di ricerca, Eric Green, nella conferenza stampa online organizzata dalla rivista Nature. Seppur siano i primi risultati, essi si rivelano un importante inizio per la rivoluzione genetica. Tutto ciò è sicuramente merito della forte collaborazione tra Europa e Stati Uniti.
“L’obiettivo è mettere a disposizione i benefici di questa ricerca al maggior numero possibile di persone”, ha evidenziato Barbara Koenig, dell’Università della California a San Francisco. I primi dati sono disponibili nel cloud, liberamente accessibili nella piattaforma AnVil, dell’Istiuto di ricerca americano sul genoma umano dei National Institutes of Health.
Lo studio del Pangenoma: di cosa si tratta?
Oggi, dopo 22 anni di costanti ricerche dal primo libro della vita, gli scienziati sono riusciti ad ottenere una mappa in grado di catturare quasi tutti i genomi umani: il Pangenoma. All’interno di questa ‘libreria’ di genomi ogni individuo è descritto all’interno di due volumi. Questi ultimi sono definiti aplotipi e ciascuno contiene la metà dei geni ereditati e localizzata in uno solo della coppia di cromosomi. Al momento (e siamo solo all’inizio della ricerca) gli aplotipi sviluppati sono sono 94, ossia due per ognuno dei 47 DNA di persone di etnie diverse finora messi in parallelo. Nel 2001 era presente un solo aplotipo, ma l’obiettivo per il futuro è di 350 aplotipi.
Come riferiscono nel primo articolo i ricercatori guidati dal genetista Benedict Paten, dell’Università della California a Santa Cruz, la nuova tecnica ha permesso di aggiungere una grandissima quantità di nuove lettere, con 119 milioni di nuove di paia di basi, e 1.115 mutazioni. Rispetto al genoma di riferimento, il GRCh38, il confronto a tappeto dei 47 DNA ha incrementato del 104% la quantità di varianti individuate, fornendo il primo quadro più completo della diversità genetica.
Il contributo italiano
Hanno preso parte alla ricerca diversi genetisti americani, ma hanno dato un contributo fondamentale anche degli studiosi italiani. L’articolo dello studio porta le firme anche di Andrea Guarracino, che lavora fra l’Università del Tennessee e lo Human Technopole di Milano, Vincenza Colonna, che lavora fra l’Università del Tennessee e l’Istituto di Genetica e biofisica del Consiglio Nazionale delle Ricerche a Napoli e Moses Njagi Mwaniki, bioinformatico dell’Università di Pisa.
Guarracino è persino la prima firma anche di uno dei due articoli pubblicati su Nature. Proprio uno di questi due articoli ha testato le potenzialità del Pangenoma al servizio della ricerca e ha ottenuto risultati inconcepibili con la mappa del 2001. L’indagine sul Pangenoma è stata condotta nel laboratorio di Erik Garrison, dell’Università del Tennessee a Memphis e fra gli autori ritroviamo Colonna e la dottoranda Silvia Buonaiuto del CNR-IBG. I ricercatori sono riusciti a osservare un meccanismo mai osservato prima: i particolari tipi di cromosomi scambiano il loro materiale genetico con esso. Questo meccanismo potrebbe essere all’origine di alcune forme di infertilità.
La cura delle malattie rare
“Diventerà più facile scoprire le varianti genetiche responsabili di tratti fisici e di interesse clinico e tutto questo, si spera, potrà portare a benefici per la salute di molte persone”, hanno commentato le esperte di bioinformatica Arya Massarat e Melissa Gymrek, dell’Università della California a San Diego. I risultati ottenuti potrebbero permettere di essere maggiormente precisi per quanto riguarda la cura delle malattie rare, fino a pochi anni veramente impensabile.
“Il progetto èagli inizi, ma è già un modello per la comunità scientifica che studia il genoma, grazie al quale cercare le variazioni legate alle malattie, come schizofrenia e altre patologie rare”. Questo è quanto ha dichiarato il coordinatore Evan Eichler, dell’Università di Washington.
Il Pangenoma e la medicina di precisione
Il Pangenoma umano rappresenterà uno strumento irrinunciabile per la medicina di precisione. Sarà fondamentale in quanto aumenterà fin da subito la nostra capacità di diagnosticare malattie, soprattutto quelle rare che non hanno ancora un nome. In un futuro non troppo lontano potrà, invece, permettere cure sempre più personalizzate.
Ciò a cui auspicano Novelli e tutti i ricercatori è che il Pangenoma possa essere completato presto perché costituirà sicuramente un aiuto essenziale nella capacità diagnostica. E, più importante, rappresenterà un vantaggio per il 40% dei malati rari che ancora oggi non possono ricevere una diagnosi definita.
Perciò, quando poi il Pangenoma comprenderà tutti i 350 genomi umani previsti, saremo in grado di avere una visione più definita della variabilità presente nelle diverse etnie, permettendo di sviluppare terapie sempre più specifiche e funzionali.
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