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Reacher 3, la recensione: una serie sempre più intensa!

di Redazione NCI

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Jack Reacher torna sui nostri schermi per la terza stagione, sempre coinvolto contro la sua volontà all’interno di operazioni criminali sul suolo americano. Se nella prima stagione smantellava un’operazione di riciclo di denaro falso e nella seconda andava a caccia degli assassini di vecchi colleghi, in quest’ultima stagione la posta in gioco viene alzata nuovamente.

Reacher alle prese con un problema più grande di lui, in tutti i sensi

Mentre vaga per fatti suoi, Reacher viene avvicinato da degli agenti della DEA, con una richiesta importante: lavorare per loro sotto copertura. Gli agenti infatti necessitano del suo aiuto per fermare un giro di quella che credono droga, e soprattutto, di salvare una loro infiltrata, scomparsa da giorni.

Questa la premessa della terza stagione, forte nuovamente di una scrittura interessante e mai banale, non solo per i dialoghi. Ciò che affascina come nelle precedenti due stagioni è la componente di indagine: niente è come sembra. Le premesse fatte nel primo episodio non vengono mai rispettate, e le macchinazioni in cui Reacher viene coinvolto sono sempre più complesse del previsto. La trama non solo tiene attaccati allo schermo, ma ogni volta che sembra anticipare dove voglia andare a parare, subisce immediatamente un cambio repentino. Il tutto senza creare buchi di trama o errori di scrittura.

Semplicemente, noi spettatori siamo perfettamente calati nei panni di Reacher, e come lui rimaniamo sorpresi dagli sviluppi del caso. Sia eventi che personaggi si rivelano sempre più complessi del previsto, questi ultimi nella loro caratterizzazione e nei rapporti con Reacher.

Parlando proprio dei personaggi, non si può non citare Paulie Van Hoven, villain “fisico” della stagione che mette in campo una difficoltà imprevista per Reacher. Il protagonista interpretato da Alan Ritchson è infatti abituato a torreggiare sopra gli altri, sia in altezza che in stazza. Paulie è letteralmente la rappresentazione del detto “c’è sempre un pesce più grosso“: interpretato da Olivier Ritchers, l’antagonista supera di molto i 2 metri d’altezza ed è un carro armato di muscoli. Questo pone per la prima volta Reacher in una posizione di svantaggio, costringendolo a doversi adattare a un nemico che non può fisicamente sovrastare.

La scrittura dei personaggi: gli alleati di Reacher

Addentrandoci nello studio dei personaggi, nessuno di questi delude. Passando per i comprimari quali Susan Duffy e Guillermo Villanueva, i due agenti della DEA che si rivolgono a Reacher. Lei viene subito presentata come una donna forte ed indipendente, esattamente come il classico co-protagonista femminile di ogni stagione. Ma quando viene approfondita nei momenti a lei dedicati, emergono sicuramente delle caratteristiche che la fanno emergere dallo “stereotipo” sotto cui ricadrebbe. Certo, un personaggio come questo potrebbe annoiare lo spettatore, dato che alla terza stagione è ormai chiaro che la serie punta ad avere un compagno femminile con cui, inevitabilmente, comincerà un rapporto sentimentale.

Lui invece è molto più semplice, sulla carta un altro stereotipo del classico “agente anziano prossimo alla pensione”, e la serie gioca molto su questo, specialmente agli inizi. Ma la scrittura della serie e l’interpretazione del personaggio impediscono l’applicazione totale di questo stereotipo, facendoci affezionare a lui non perché “avrà una scena strappalacrime mentre muore”, ma perché è davvero una persona di sani principi ed affetti, diventando, da macchietta utile alla trama, una figura tridimensionale.

La scrittura dei personaggi: i villain

Passando poi ai villain, oltre al già citato Paulie, abbiamo una costruzione quasi “supereroistica”. La situazione iniziale presentata, in cui viene mostrato come rivale un apparente spietato magnate industriale, si capovolge nel giro di due episodi. Si scopre infatti che il vero organizzatore dell’operazione criminale è una figura del passato di Reacher, che passa più di metà della serie fuori dalle scene, venendo solo citato. La stagione riesce infatti sapientemente a costruire il nemico prima che questo appaia, mostrando la paura ed il rispetto che hanno nei suoi confronti tutti gli antagonisti secondari con cui Reacher è costretto a interagire. Quando poi appare, il personaggio ci mette un attimo a rendersi davvero detestabile per gli spettatori, che aspetteranno pazientemente che Reacher lo abbatta.

Menzione finale per una vera vittima del sistema, Richard Beck, il giovane figlio del magnate già citato. Reacher viene inizialmente affidato a lui come guardia del corpo, ed è grazie al rapporto con il ragazzo che veniamo a scoprire il lato più tenero di Reacher. Questi, sempre nel suo solito razionale stoicismo, si affeziona al giovane, insegnandogli a combattere e suggerendogli di essere libero. Non è da credere che il ragazzo serva solo come pretesto di trama: anche lui ha momenti sia importanti che toccanti. Il rapporto tra lui ed il padre è una tra le sottotrame più interessanti della serie, finendo per far affezionare il pubblico ad un povero ragazzo che si è trovato coinvolto in una situazione mortale per colpa delle scelte di qualcun altro.

Reacher alza la posta anche con la messinscena

Ma la serie non brilla solo grazie ai suoi personaggi e alla sua trama. Ambientazione, regia e messinscena sono tutte di altissimo livello. La serie infatti, dopo la precedente stagione in giro per gli Stati Uniti, chiude il protagonista in un ambiente contenuto. La villa del magnate funge da contorno a quasi tre quarti degli eventi, e lo spettatore finisce per conoscerne ogni angolo, aumentandone l’immersività nell’esecuzione delle scene più ansiogene e concitate.

L’ambientazione piccola aiuta ad empatizzare con il protagonista, metaforicamente “costretto” ad agire solo in determinati modi per poter mantenere la copertura. Reacher, a conti fatti, non è libero di agire. E la regia aiuta a farlo sentire sempre sulle spine. Lo spettatore ha paura, almeno una volta a episodio, che venga scoperto. Musica e lavoro di camera in questa stagione compiono un salto di qualità, facendo avvicinare sempre di più allo schermo in un sacco di scene in cui temiamo per Reacher o per i suoi alleati.

L’insieme di queste caratteristiche aiutano a far sentire noi spettatori coinvolti in ogni scena, aumentando l’immersività di una serie che è già coinvolgente per trama e sceneggiatura.

I difetti della terza stagione di Reacher: le figure del suo passato

I problemi della serie sono, purtroppo, tutti legati al passato. Il primo si riscontra nella motivazione di Reacher nell’aiutare gli agenti della DEA, quantomeno agli inizi. Come già detto, il personaggio di Brian Tee, villain finale della stagione, è una figura che appartiene al suo passato. Il suo collegamento tuttavia risulta abbastanza improvviso. In alcuni flashback, scopriamo che Reacher, prima dell’agente Neagley, ha avuto un’altra protetta. Questo personaggio, mai citato precedentemente, diventa improvvisamente un chiodo fisso nella mente di Reacher, che non riesce a dimenticarne il ritrovamento del cadavere dopo che questa ha incontrato l’antagonista.

Questo evento scatena definitivamente il desiderio di vendetta di Reacher, portandolo anche a comportarsi in maniera sconsiderata per la salute dei suoi alleati. Una particolarità che avrebbe senso, se non fosse per i suoi comportamenti nelle precedenti stagioni. Anche in essi, Reacher scopriva della morte di persone a lui care, e giurava vendetta verso i responsabili. Tuttavia, le sue precedenti perdite non lo avevano mai portato a comportarsi in maniera così pericolosa nei confronti dei suoi compagni di avventura.

Oltre al fatto che questa vicinanza con una vittima del suo passato costituisce una specie di ripetizione nella struttura narrativa della serie. In ogni stagione, Reacher viene coinvolto a livello personale perché qualcuno a lui caro è stato assassinato dall’antagonista. Certo, la scrittura permette di differenziare abbastanza da rendere gli eventi sempre interessanti, ma si comincia a riconoscere un certo pattern narrativo.

Una sottotrama romantica: era davvero necessaria?

A questi pattern si riconduce anche il secondo difetto della serie. Reacher fin dal primo episodio della prima stagione viene presentato come un personaggio che si lega alle persone a fatica. Preferisce allontanarsi e vagare, senza avere legami. Alla fine della prima stagione, si legava alla co-protagonista femminile, ed anche se i due si separavano, era chiaro che li legasse un sentimento molto forte.

Poi, nella seconda, veniva introdotto un personaggio dal suo passato per il quale provava qualcosa di molto forte. Come precedentemente, la storia terminava con la fine della seconda stagione. Ed è qui che assistiamo alla ripetizione degli eventi: Reacher e la co-protagonista femminile, Susan, si avvicinano e finiscono insieme, per poi lasciarsi a fine stagione.

Il difetto non si trova soltanto nella ripetizione, ma soprattutto nell’esecuzione: la sottotrama “romantica” è la più debole della stagione. Soprattutto perché per più di metà della serie non sembra che accadrà, e non se ne sente il bisogno. Ma in seguito, improvvisamente, i due si avvicinano romanticamente, per poi lasciarsi andare dopo il finale. Sicuramente un colpo di scena, ma forse non un colpo di scena ben fatto, rispetto agli altri. Anche perché il loro rapporto non è così ben approfondito come quello nelle precedenti due stagioni, e non si può fare a meno di sentire una certa “fretta” nello sviluppare questo principio narrativo.

Nessun difetto che sia così impattante da compromettere la qualità della serie, che rimane altissima. Semplicemente, trattasi di piccole accortezze che potrebbero essere aggiustate nella probabile prossima stagione.

Pro e Contro

PRO:

  • Una trama sempre coinvolgente e ricca di colpi di scena, con una messinscena affascinante ed impattante;
  • I personaggi, tridimensionali ed interessanti;
  • Lo scontro finale tra Reacher e Paulie, che ripaga tutte le aspettative ed attese;

CONTRO:

  • Una sottotrama romantica forse superflua e frettolosa;
  • La ripetizione della struttura narrativa della vendetta di Reacher, che inizia a diventare sistematica;

Voto: 8,5

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Articolo di Lorenzo Giorgi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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