Saragozza-Real Basca era una normale partita di terza categoria bolognese. Un campionato che per molti rispetta l’essenza del calcio vero, lontano dai riflettori e dal denaro. Il problema del razzismo, però, arriva anche qui. Le squadre erano ferme sull’1 a 1 al 70′ quando un giocatore del Saragozza, di origine africana, viene pesantemente insultato da un avversario. “Ne**o di merda”, gli dice il calciatore della Real Basca.
Il ragazzo vorrebbe reagire d’istinto ma i compagni separano i due. All’improvviso, succede l’inaspettato. Lorenzo Monetti, allenatore del Saragozza, ha raccontato tutto alla Gazzetta dello Sport. Il ragazzo africano inizia a piangere, colpito nel profondo dall’odio di quelle parole. Dice al mister che non vuole più giocare, vuole uscire dal campo e andare via. Un altro giocatore del Saragozza, anche lui africano, è d’accordo. Allora l’allenatore, con grande personalità, prende una decisione drastica a nome di tutti: il Saragozza abbandona il campo e da regolamento perde 3 a 0 a tavolino.
Come racconta l’allenatore nell’intervista, il fattaccio non si è limitato ad un momento di rabbia durante una gara tesa, che seppur ugualmente grave poteva concludersi con il pentimento del colpevole. Il giocatore responsabile dell’insulto non si è mai andato a scusare, come invece i ragazzi del Saragozza avrebbero voluto. L’arbitro non ha sentito nulla durante la partita, ma quando è stato informato dei fatti si è complimentato con l’allenatore Monetti per la decisione forte. Il ragazzo vittima degli insulti razzisti, invece, si è poi calmato. Il mister lo ha definito “uno che non ha la lacrima facile, che ha fatto molti lavori, gioca con noi da 3 anni e parla bolognese come me”. La gravità del fatto accaduto si racchiude nelle parole del portiere del Saragozza, che ha detto negli spogliatoi di “aver imparato sul razzismo più in quei quindici minuti che in 41 anni di letture e istruzione”.
Un episodio triste, quello di Bologna, che evidenzia come in ogni livello del calcio italiano ci siano queste problematiche, radicate nella mente della società. In un’epoca sempre più internazionale, in cui nel nostro paese arrivano calciatori da tutto il mondo, è inaccettabile sentire ancora di scene così. Sentire di un giovane ragazzo che piange. O sentire di Koulibaly, uno dei migliori difensori al mondo, che viene fischiato solo perché ha la pelle diversa. O ancora, di un gruppo di tifosi che molesta una giovane giornalista fuori dallo stadio.
Le discriminazioni e i pregiudizi sono ancora forti nella mente degli italiani. Gli stessi che però gioivano per i gol di Balotelli all’Europeo 2012, o esaltavano Jorginho dopo quello di quest’estate. Se vogliamo migliorare il nostro paese e il nostro calcio, bisogna necessariamente impedire che questi episodi si ripetano, con le giuste sanzioni per i colpevoli.
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di Alessandro Colepio
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