Cometa (@Pixabay)
Un gruppo di studiosi guidato dal professor emerito James Kennett, dell’Università della California a Santa Barbara, ha raccolto delle nuove e importanti prove che rafforzerebbero una teoria molto dibattuta. Secondo questa tesi un frammento di cometa sarebbe esploso sopra al Nord America circa 13mila anni fa, contribuendo alla scomparsa della megafuna (come mammut e mastodonti) e al collasso della cultura Clovis. Quest’ultima è stata una cultura preistorica nativa americana, la cui presenza nei siti archeologici del continente risale a circa 13.500 anni fa.
Cerchiamo di avere una visione d’insieme della situazione per poter contestualizzare meglio. Prima di tutto in quel periodo abbiamo il “Dryas”, ossia il brusco ritorno al freddo, che ha interrotto il trend di riscaldamento alla fine dell’ultima Era Glaciale durato per circa mille anni. La cultura Clovis, così come gran parte della megafauna nordamericana, è scomparsa attorno all’inizio di questo periodo di freddo totalmente improvviso. Diversi archeologi hanno trovato, in vari siti di scavo, uno strato sedimentario molto spesso denominato “black mat” o “materasso nero”. Quest’ultimo è composto da carboni, fuliggine ed elementi provenienti da combustioni diffuse. Ciò indicherebbe la presenza di incendi estesi e oscuramento del cielo in seguito all’evento in questione.
La scoperta più recente, però, riguarda il “quarzo shockato”. Quest’ultima scoperta rafforza l’ipotesi dell’impatto cometario perché i grani di quarzo ritrovato in tre siti archeologi della cultura Clovis: Murray Springs, in Arizona, Blackwater Draw, in New Mexico e Arligton Canyon, nelle Channel Islands in Caliornia, presentano fratture complesse (chiamate “crack”) alcune riempite da silice fusa. Queste caratteristiche indicherebbero temperature e pressioni molto elevate. Utilizzando poi la microscopia elettronica, catodoluminescenza e EBSD, per poter analizzare approfonditamente le deformazioni del materiale, sono state individuate alcune deformazioni che superano quelle attribuibili a vulcanismo o altre attività terrestri ordinarie. Alcune modellazioni al computer hanno infine indicato che un’esplosione in aria (“airbust”) di una cometa frammentata, a bassa quota, potrebbe perfettamente generare le condizioni necessari per creare questo tipo di shock nei grani di quarzo.
Nel caso la teoria venisse confermata scientificamente significherebbe che l’esplosione avrebbe causato incendi diffusi e devastanti, con importate immissione di fumo nell’atmosfera oltre a cenere e polvere capaci di oscurare il cielo attraverso un vero e proprio “impact winter“. Sarebbe stato quindi questo evento a causare l’inevitabile estinzione della megafauna in Nord America (forse anche nel Sud), oltre al declino della cultura Clovis.
Non tutta la comunità scientifica condivide la teoria, anzi. Diversi esperti contestano la mancanza di un cratere evidente. Normalmente un impatto di queste proporzioni dovrebbe lasciare delle importanti tracce geologiche. Mentre altri ricercatori, per dar una spiegazione a questi eventi, preferiscono proporre teorie molto meno “catastrofiche”. Ad esempio si pensa a cambiamenti nei sistemi oceanici oppure a flussi di acqua dolce nell’Oceano Atlantico che possono aver alterato le correnti marine più calde. Oppure ancora delle dinamiche naturali tipiche dei cambiamenti climatici durante periodi di glaciazioni e deglaciazioni. Per alcuni critici, inoltre, i “proxy” (ossia indicatori fisici, biologici o chimici che rappresentano indirettamente una variabile ambientale del passato, ad esempio la temperatura) utilizzati per trarne dei dati, in questo caso fuliggine, nanodiamanti e microsferule, possono derivare da processi terrestri, combustioni naturali o, semplicemente, altri eventi ancora da identificare.
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