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Outer Wilds: la fine è il principio

Da sempre il genere umano è affascinato dallo spazio: l’ignoto, le stelle, la possibilità di una vita extraterrestre. Sono tutti grandi interrogativi, che hanno spinto e spingono tuttora l’essere umano a cercare di comprendere meglio l’universo e le sue leggi. Dagli anni Sessanta, con la corsa alle stelle che entra nel vivo, l’umanità è ossessionata dallo spazio e dai suoi segreti. Questo ha portato la letteratura prima, e il cinema poi, a cimentarsi con sempre maggiore decisione nella fantascienza. Fin dagli albori, anche il medium videoludico ha dedicato ampio spazio al genere sci-fi, da Asteroids, Spacewar! e Computer Space fino ai più recenti Mass Effect, No Man’s Sky e Starfield. Ognuno di questi, con le proprie meccaniche peculiari, ha dato un importante contributo allo sviluppo delle opere fantascientifiche.

Nessuno, tuttavia, ha saputo davvero cogliere l’essenza dell’esplorazione spaziale. Nessuno ha saputo trascrivere quella curiosità e ricerca dell’ignoto tipica del genere umano. No Man’s Sky ci è andato dannatamente vicino, ma presenta comunque una guida prestabilita dagli sviluppatori. Una serie di missioni, una “modalità storia”, che guida il giocatore attraverso le galassie procedurali di Hello Games. Un piccolo faro in un universo altrimenti buio, privo di punti di riferimento.

Nel 2019 però, tre anni dopo l’uscita di No Man’s Sky e quattro anni prima di quella di Starfield, la successiva e mastodontica space-opera targata Bethesda, è uscito sul mercato un vero capolavoro, spesso ignorato dal grande pubblico. Si tratta di un videogioco unico nel suo genere, capace di trasporre perfettamente le sensazioni e le emozioni dell’avventura, del fascino della scoperta, della curiosità per l’ignoto e la ricerca della verità. Si tratta a mani basse del videogioco d’esplorazione spaziale definitivo. Sviluppato da Mobius Digital e pubblicato da Annapurna Interactive, si chiama Outer Wilds.

Che cos’è Outer Wilds

Descrivere Outer Wilds senza fare spoiler, rovinando così la sorpresa e il piacere della scoperta, è incredibilmente difficile. In breve, in Outer Wilds il giocatore impersona un giovane esploratore spaziale teporiano, una curiosa specie che vive su Cuore Legnoso. Dopo una fase di tutorial sul pianeta verdeggiante e ricco di foreste e corsi d’acqua, finalmente si raggiunge lo spazio. Una volta tra le stelle possiamo esplorare i vari pianeti del Sistema Solare, dai Gemelli Clessidra a Rovo Oscuro, facendo un salto anche su Profondo Gigantesco, Vuoto Fragile e la Luna Quantica.

Il Sistema è estremamente affascinante: ogni corpo celeste ha una propria gravità, una propria orbita e una serie di punti d’interesse liberamente esplorabili. L’esplorazione di Outer Wilds è profondamente libera. Non ci sono missioni da seguire o indicatori precisi sulla mappa. Tutto ciò che abbiamo sono le conoscenze acquisite durante i nostri viaggi, comodamente organizzate nel computer di bordo come una sempre più complessa mappa concettuale. L’elemento cardine della progressione, invero, la chiave di volta dell’intera esperienza di gioco, è la conoscenza, il genuino desiderio di scoperta che spinge il giocatore a continuare a esplorare per scoprire di più sulla natura dell’universo e su una misteriosa civiltà aliena ormai scomparsa.

Lo sviluppo della narrazione è dunque affidato interamente al giocatore, che può scegliere quanto e come esplorare il Sistema Solare, focalizzandosi maggiormente su questo o quell’aspetto del gioco. La progressione tuttavia non è lineare, con un evento inaspettato che trasforma l’opera in una sorta di rogue-lite, dove l’unico elemento che trasmette un senso di avanzamento è proprio la conoscenza, sempre più sviluppata e articolata. Questa dà avvio, infatti, a un circolo vizioso di domande e risposte, con ogni risposta che non fa altro che generare ulteriori domande, che a loro volta generano ulteriori risposte e così via.

Così, dopo aver vagato quasi alla cieca per alcune ore, mossi solamente dalla curiosità di scoprire le peculiarità dei vari pianeti, cominciamo a trovare i primi indizi, i primi pezzi del puzzle. Uno dopo l’altro, questi ci portano verso nuove destinazioni, prima completamente sconosciute. Il Sistema Solare, in continua evoluzione, è di fatto dinamico. Col passare dei minuti, i corpi celesti subiscono dei profondi cambiamenti capaci di stravolgere radicalmente il loro aspetto. Questo rende Outer Wilds un’esperienza intrinsecamente adrenalinica, dove tuttavia assumono un ruolo chiave la pazienza e l’attesa. Non si tratta infatti di un gioco frenetico, anzi: gli sviluppatori invitano a più riprese il giocatore a riflettere sui misteri dell’universo e sulla natura stessa della vita.

La verità è là fuori

Outer Wilds è un’opera filosofica, che porta a riflettere su temi e domande che caratterizzano da sempre il genere umano. Eppure, lo fa con rispetto, lasciando al giocatore i suoi tempi e suoi spazi. Inoltre, mantenendo fede alla natura stessa dell’opera, non fornisce risposte certe, ma solo possibili interpretazioni di quello che è a tutti gli effetti un viaggio memorabile.

Outer Wilds è un videogioco che, per essere compreso a pieno, dev’essere giocato, o quantomeno provato. Solo così si può capire la portata del lavoro di Mobius Digital. Solo così si può comprendere a pieno la complessità alla base del suo gameplay-loop, che tra guida della nave, esplorazione terrestre, gestione della fisica e della gravità, sviluppo delle indagini, comprensione della lore e alcune sequenze semplicemente folli, rende Outer Wilds il gioco d’esplorazione spaziale definitivo.

Il tutto è garantito anche da un ottimo comparto tecnico e artistico. Ciò che più stupisce è la gestione della fisica e della gravità, che insieme rendono il Sistema Solare vivo e soprattutto credibile. Come detto in precedenza, ogni pianeta ha una propria orbita e una propria gravità che influenzano profondamente l’esplorazione della superficie, con il giocatore che si deve adattare in base anche al loro stato dinamico.

Eccellente anche il comparto grafico, che con uno stile cartoonesco riesce a dare a ogni oggetto e luogo una propria anima. In questo è essenziale il sound design, fondamentale per trasmettere al giocatore le sensazioni e le atmosfere tipiche del genere. Le musiche sono sempre contestualizzate e mai invadenti, con il giocatore che a più riprese si ritrova a sentire solamente il proprio respiro e i movimenti della tuta. Sono i silenzi, di fatto, a dominare la scena, specialmente nello spazio profondo. È qui, d’altronde, che il giocatore tende a fare il punto della situazione su quanto appena scoperto in superficie, cercando dei nessi con le conoscenze pregresse e con quanto potrebbe star per scoprire nella prossima tappa del suo viaggio infinito.

Echoes of the Eye

Nel 2021, a due anni dal lancio, Mobius Digital ha pubblicato Echoes of the Eye, un’espansione che aggiunge una nuova e cruciale meta al viaggio del protagonista. Il DLC è capace, con i suoi segreti e rivelazioni, di stravolgere le sue certezze sull’universo.

Al centro di tutto ci sono Lo Straniero e una nuova civiltà aliena, per qualche motivo anch’essa legata all’Occhio dell’Universo. Il giocatore si ritrova dunque a esplorare una gigantesca struttura, caratterizzata, come i pianeti del gioco base, da moltissimi punti d’interesse e luoghi da scoprire ed esplorare.

Echoes of the Eye è, in effetti, più “open world” (nel senso più letterale del termine), con l’esplorazione che è prettamente terrestre. Questo fa si che l’esperienza di gioco risulti piuttosto nuova rispetto all’avventura tradizionale.

Un gioco praticamente perfetto

Insomma, l’opera di Mobius Digital riesce a stravolgere i dogmi dell’esplorazione spaziale videoludica. Togliendo ogni punto di riferimento al giocatore, Outer Wilds gli lascia piena libertà decisionale e interpretativa. Sta a lui scegliere dove andare, cosa vedere e soprattutto come leggere le varie informazioni che raccoglie durante il suo eterno pellegrinaggio.

Tuttavia, quest’eccessiva libertà potrebbe intimorire alcuni. A tratti il gioco risulta effettivamente molto complesso e fin troppo enigmatico; ma Outer Wilds dev’essere comunque provato. Bisogna giocarci per comprenderne le qualità e le potenzialità. Bisogna giocarci, in definitiva, per comprendere la portata di un’opera capace di trascendere i confini del videogioco e far riflettere sulla natura dell’universo e sull’essenza stessa della vita.

E voi, conoscevate Outer Wilds? Ci avete mai giocato? Fatecelo sapere sulla nostra pagina Instagram! E non dimenticate di continuare a seguirci qui sulle pagine di Nasce, Cresce, Respawna per rimanere sempre aggiornati su tutto il mondo del gaming. Se l’articolo vi è piaciuto, leggete anche:

Riccardo Rizzo

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