di Nasce Cresce Ignora
Esistono giochi che lasciano qualcosa dietro di sé. Come un piccolo soffio di vento, che spira nei nostri cuori a ritmi alterni, quasi casuali, innescando piacevoli ricordi. Ecco immaginate per un secondo questo venticello sottile che vi solletica l’animo. Quello che scatena Elden Ring invece, sia che siate ossessionati di lore o meno, non è una semplice brezza: è un vero e proprio uragano. Perché, che siate amanti dei souls o meno, l’ultima fatica di From Software è qualcosa di immane, non solo per giocabilità, dimensioni e durata. Ad essere veramente immensa e “pesante” è la tacca che questa opera magna lascerà dentro di voi.
Elden Ring: la magica libertà di essere in trappola
A rendere tanto fantastico e magico questo titolo è anche e soprattutto l’immensa libertà che concede al giocatore. Volete tirare dritto e finire la storia senza esplorare il mondo attorno a voi? Liberi di farlo… se siete abbastanza coraggiosi. Siete esploratori e raccoglitori compulsivi? Prego, signori, venite. Questa è la grande magia che permea Elden Ring: la libertà. Una libertà come non si era mai vista prima. Questo titolo rivoluzionerà in maniera clamorosa la maniera di progettare e presentare gli oper world. From Software ti indirizza, ti spinge dolcemente. Ma non forza nulla. Lascia completa libertà all’utente.
E, proprio grazie a questo “potere”, il livello di immersione rasenta la perfezione. Respirare a pieni polmoni ogni singolo palmo di mappa è un’esperienza irripetibile, quasi onirica. Ogni area ha la propria storia, ogni nemico o amico (per quanto il confine sia piuttosto labile) un background clamoroso. Anche coloro che non sono attratti dal mistero e dalla storia in sé, finiscono inevitabilmente per “inciamparci” nella vastità dell’opera e restarne affascinati. Elden Ring ti regala la possibilità di metterti in trappola con le tue stesse mani. Perché? Perché ti lascia invischiare lentamente in un viaggio immane; lungo, faticoso, pericoloso e, a volte frustrante. Eppure, anche estremamente appagante e, soprattutto, mai nemmeno lontanamente noioso.
Un mondo mai tanto vivo
La particolarità di Elden Ring non è tanto l’essere un souls open world, molto più dei predecessori. Il suo grande, enorme, pregio è quello di mettere tantissima carne al fuoco, senza mai scadere nel banale o nel ripetitivo. Apre al giocatore mille porte, senza però metterlo mai in condizione di perdersi del tutto o di stancarsi. Offre side quest affascinanti, lunghe e complesse, senza però mai distaccarsi dal filo d’Arianna della trama principale.
Di giochi tanto vasti, o anche di più, se ne sono visti tanti negli ultimi anni. Ma titoli come Assassin’s Creed Odissey, che ha comunque il grande merito di aver rinnovato e ridato lustro al franchise di punta di Ubisoft, avevano proprio il difetto di essere TROPPO. Elden Ring, pur richiedendo decine, centinaia di ore per essere approfondito a dovere, non stanca mai. Non annoia. E questa è una cosa che probabilmente, per titoli del genere, si era vista solo, pur con tutte le dovute differenze del caso, con The Witcher 3.
Nell’Interregno non c’è mai un momento di bonaccia o di stanca. L’azione fluisce in maniera ideale, raggiungendo picchi frenetici solo quando necessario, senza mai però scadere nell’eccessivo. Le fasi di contemplazione dell’ambiente, mai come in questo caso dovute per la bellezza di quanto ci circonda, sono “permesse” fuori dal combattimento, perché non saremo perennemente assediati dai nemici. Il loro numero è ben bilanciato, così come l’esperienza di gioco in generale: meno ostico e più accessibile anche ai neofiti, ma pur sempre un souls che non permette mai errori o ancor peggio di sottovalutare persino i nemici “base”. Eppure, pur con l’alternarsi di frenesia e tranquillità, balza subito all’occhio come il mondo sia incredibilmente VIVO.
Nonostante le orribili creature pronte a farci a pezzi, nonostante le maledizioni ed i misteri, l’Interregno pulsa e respira, come se fosse un unico grande organismo. Una sorta di magia permea l’esperienza di gioco, dando all’atmosfera una profondità senza precedenti. Che sia la varietà dei nemici, che sia il colossale numero di combinazioni di build possibili, che siano le novità al gameplay o semplicemente la presenza di animali veri e credibili che interagiscono con l’ambiente, forse non lo sapremo mai. Ma l’insieme di tutti questi piccoli (relativamente parlando) particolari, dà l’impressione, a tratti inquietante, di essere in un mondo vero. Una costola di quello che conosciamo, una dimensione parallela che respira accanto alla nostra. Ed il cui destino è nelle nostre mani.
Cercare la luce per trovare sè stessi
L’interpretare un Senzaluce è un’esperienza quasi catartica. Cosa c’è di più romantico ed emozionante della ricerca della Luce da parte di chi questa scintilla l’ha irrimediabilmente perduta? Elden Ring poi ha il grande merito di offrire ad ognuno di noi la propria personale versione di questa Luce, di questa realizzazione. Che sia la semplice gloria data dal cimentarsi nell’impresa, che sia la ricerca della verità o, perché no, della NOSTRA verità, di un percorso diverso, che esula il sentiero tracciato. Oppure che sia semplice desiderio di esplorazione, di ricerca, di fame di guerra. Non è necessario saperlo.
Elden Ring offre ad ognuno di noi una prospettiva diversa, un motivo diverso. E, di conseguenza, un percorso di catarsi diverso. Ogni singolo giocatore nell’Interregno può trovare la propria Luce. Farsi toccare, cambiare e influenzare da ciò che è stato messo lì appositamente, quasi fosse lì solo ed esclusivamente per lui. Come se Elden Ring ci conoscesse intimamente.
Elden Ring è il passo successivo dell’evoluzione
Che altro dire su qualcosa di tanto complesso, profondo e toccante? La storia ed il gameplay scorrono fluidi, naturali, intrecciandosi in un crescendo di emozioni fino a raggiungere un livello quasi estatico. Senza sbilanciarsi come i veri o presunti esperti del settore che hanno già dato la propria opinione in lungo ed in largo, senza mettere vincoli numerici e di valutazione ad un’opera tanto clamorosa, Elden Ring è innegabilmente la creazione più favolosa, completa e pregna di significato mai sfornata dal genio di Miyazaki.
Come le Rune sparpagliate con la Disgregazione dopo la rottura dell’Anello Ancestrale, Miyazaki e Martin hanno disseminato mille piccoli tasselli di un immenso puzzle per tutto il gioco. Brandelli della stessa pagina, della stessa storia, che attende di essere scritta da noi… e di scriverci a sua volta. Una comunione che sorge spontanea e che, come solo i grandi giochi, ed in generale le grandi opere d’arte (perché in casi come questo d’arte si tratta, checché ne pensino senatori e detrattori vari) lascia una tacca nella nostra anima. C’è un prima e un dopo Elden Ring, e non solo per il medium videoludico. C’è un prima ed un dopo Elden Ring per ogni giocatore che lo abbia toccato con mano.
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di Pietro Magnani
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