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Nope, la recensione: “Non meritiamo l’impossibile”

Dopo tre anni di estenuante attesa, Jordan Peele torna nelle sale con il suo terzo film da regista, “Nope“, al cinema dal 22 luglio e in Italia dall’11 agosto. Dopo “Scappa – Get Out” (2017) e “Noi” (2019), Peele decide di riemergere con quella che può essere considerata un’ulteriore evoluzione del suo stile cinematografico. “Nope” è un thriller, un horror, un film di fantascienza, dai lineamenti comici e dallo sfondo critico. Nel cast troneggiano Daniel Kaluuya e Keke Palmer, affiancati da Steve Yeun, Michael Wincott e Brandon Perea.

L’importanza di svelare un mistero

Le voci e le risate di una sitcom anni ’90 aprono la pellicola già durante la sigla di Universal, immergendoci in uno scenario raccapricciante. L'”incidente” avviene durante le riprese del televisivo “Gordy e compagnia“, incentrato sulla famiglia Houston e il loro scimpanzé domestico. L’animale, spaventato dallo scoppio di un palloncino sul set, reagisce perdendo il controllo sui propri istinti primordiali e attacca il resto del cast, uccidendo diversi attori.

Un salto temporale riporta il pubblico nel presente, tuttavia nel corso del film i flashback dell’episodio si alterneranno agli eventi attuali. Incontriamo così il protagonista Otis Haywood Jr. (Daniel Kaluuya), detto O.J., che in seguito alla morte del padre in circostanze misteriose eredita il ranch di famiglia insieme alla sorella Emerald (Keke Palmer). Preoccupato per le difficoltà economiche, O.J. è in trattative con il vicino Ricky Park (Steve Yeun), detto Jupe, il primo ad introdurre nel presente il racconto di “Gordy e compagnia“, a cui è strettamente legato. Diversi avvenimenti strani nei cieli del ranch spingeranno gli Haywood a cercare l’aiuto del dipendente di Fry’s Electronics Angel Torres (Brandon Perea); l’installazione di alcune telecamere li porta a scoprire l’esistenza di un’entità sconosciuta che si nasconde in una nuvola fittizia e si nutre dei loro cavalli.

Attirati dalla necessità di denaro e dalla voglia di diventare famosi, i fratelli ed Angel si pongono l’obiettivo di riprendere il cosiddetto “Jean Jacket“. Insieme al direttore fotografico Antlers Holst (Michael Wincott), i protagonisti faranno di tutto per ottenere una testimonianza chiara dell’entità, rischiando le loro stesse vite.

 

La società dello spettacolo: nessuno è invisibile, nessuno guarda

La critica sociale caratteristica di Jordan Peele non manca di lasciare l’amaro in bocca anche in questo caso. Se il meno recente “Noi” aveva concentrato il proprio attacco sul classismo e la violenza della rivoluzione delle masse, in “Nope” il regista si scaglia contro la società dello spettacolo americana. Il remoto filo conduttore che unisce il disastro di “Gordy e compagnia” e gli eventi del presente, oltre alla figura di Jupe, è infatti la tendenza a spettacolarizzare qualsiasi cosa, persino tragedie e minacce mortali. “La gente voleva lo spettacolo” sono le parole di Jupe, nel tentativo di spiegare il successo raggiunto dal video dello scimpanzé che massacra il cast della sitcom. Lo stesso obiettivo a cui ambiscono gli Haywood, nella loro spasmodica ricerca del video, della foto perfetta.

Nonostante la posta in gioco sia la loro stessa vita, i fratelli, Angel e Holst sfidano apertamente la creatura all’inseguimento di qualcosa di ancora superiore: la visibilità, in un mondo in cui tutti sono voltati dall’altra parte. È possibile biasimarli? L’ambiguità dei personaggi di Peele non offre allo spettatore una visione univoca, ma lascia che motivazioni comprensibili unite a scelte riprovevoli guidino ognuno ad una propria interpretazione.

La natura e il presunto dominio dell’uomo

La scelta di O.J. ed Emerald di persistere nella caccia al video è dettata, in parte, dalla convinzione di poter sopravvivere al Jean Jacket, se non di controllarlo. Peele come al solito indaga a fondo la mente umana, delineando i deliri di onnipotenza dell’uomo moderno, che si illude di poter dominare anche la natura. Dallo scimpanzé vestito e costretto nel televisivo al Jean Jacket domato come un cavallo, in “Nope” si vedono esempi di come l’uomo si imponga. Il caso più lampante è senza dubbio quello di Jupe, il quale, con la sua presunta connessione a creature selvagge o soprannaturali, si convince di poterle controllare.

Il controsenso di questo comune pensiero è espresso silenziosamente dalle numerose inquadrature del cielo stellato, sconfinato dinanzi allo sguardo umano. La natura, immensa e misteriosa, si rivela indomabile; l’essere umano è talmente insignificante che questa gli si può ribellare in qualunque momento, senza limiti da lui imposti. L’idea di controllarla resta solo uno schizzo nella mente di una folle e megalomane creatura. “Non meritiamo l’impossibile“, per citare le parole di Holst.

 

Un centro sicuro con dei rami in dissolvenza

Come ormai chiaro, i temi presentati da Peele in “Nope” sono molti e profondamente ramificati. Tuttavia, non tutti gli elementi inseriti sono indagati come lo spettatore si aspetterebbe. La storia dei fratelli Haywood e il loro rapporto, che inizialmente appaiono come parte integrante della storia ed esplicativi dei personaggi, risultano, alla fine, solo debolmente tratteggiati. Il gesto d’intesa durante la scena più emblematica del film, che richiama il loro passato nel ranch, sarebbe risultato molto più potente se fossero stati presenti più ricordi, in modo da permettere al pubblico di comprendere meglio O.J. ed Emerald.

Un secondo elemento che, ad un occhio meno attento, potrebbe risultare poco chiaro è la rete di collegamenti tra il disastro di “Gordy e compagnia” e gli eventi legati al Jean Jacket. È possibile che la scelta di Peele di lasciare libera l’interpretazione di questo collegamento si riveli un’arma a doppio taglio; un filo così sottile, infatti, potrebbe finire per essere colto solo da pochi attenti. Lo stesso vale per molti altri temi affrontati durante la pellicola, aperti ma lasciati vaghi, in balìa del pubblico. Un’intenzione del regista di far “lavorare” lo spettatore, offrendogli molte chiavi di lettura, o una difficoltà a gestire il grande numero di tasselli introdotti?

Il viaggio di Peele ai confini della fantascienza

Peele intreccia il genere horror, già accarezzato in “Scappa – Get out” e abbracciato in “Noi“, ad un genere nuovo per lui; il film, infatti, può essere considerato ampiamente fantascientifico. L’inserimento di caratteristiche di questa categoria avviene a sua volta per gradi: in “Noi” la scienza era già presente, pur in modo marginale. I doppelgänger sotterranei, infatti, altro non erano che cloni realizzati dal governo durante un esperimento fallito. In “Nope” la presenza della componente aliena, uno dei pilastri della fantascienza, immerge il regista all’interno del genere. Si può dire che si sia saputo destreggiare bene in questo nuovo ed insidioso ambito, andando ad toccare con delicatezza la concezione di UFO, che viene completamente rivoluzionata. Da qui proviene anche il dibattito sul titolo del film: la parola “Nope”, infatti, può essere anche l’acronimo di “Not Of Planet Earth”.

Se prima si metteva in discussione la chiarezza del film, in questo caso Peele ha preso la decisione più sensata ai fini della trama. Andando a cercare una spiegazione sulle origini dell’alieno, infatti, si sarebbe addentrato in un mondo troppo intricato, che avrebbe allontanato lo spettatore dall’atmosfera del film; in questo modo, invece, la creatura rimane avvolta nel mistero, che la rende, inoltre, persino più inquietante.

 

La paura umana dipinta su schermo

Come citato appena sopra, Peele ha ormai trovato la sua dimensione all’interno del genere horror. Ma un horror tutto suo: qui non ci sono sangue gratuito, mostri mascherati con poteri soprannaturali, fantasmi o case infestate. Prende il loro posto una delicata indagine psicologica, fin nei meandri delle paure umane. Il regista abbozza un tratto comune ai propri lavori: la paura di ciò che l’uomo non conosce e che, di conseguenza, non può controllare. Nel caso del già menzionato “Noi“, i personaggi si trovano davanti dei cloni di loro stessi, qualcosa di talmente surreale da risultare raccapricciante.

In questo caso, invece, a terrorizzare i protagonisti pensa una creatura aliena enorme e inarrestabile che nessuno ha mai visto. Come controllare qualcosa di proveniente da un altro pianeta? Si può dire che O.J. in parte riesca a farlo grazie alla sua conoscenza degli animali, tuttavia può solo nascondersi e non fermarlo. È proprio il mostruoso verso dell’alieno a dare voce alla loro paura, come a quella di tutti noi.

Considerazioni finali

Nope” è un film impegnato, complesso, in cui è impossibile prendere le parti di qualcuno. Da un lato, l’uomo appare arrogante, sprezzante del pericolo, interessato alla fama e al successo più che alla propria stessa vita. Dall’altra, la natura è avida, malvagia, non più vittima innocente ma feroce aggressore. Gli elementi reali inseriti creano una sottile metafora con la trama tutta da cogliere, che però rischia di perdersi a causa dell’eccessiva vaghezza. I personaggi potevano essere approfonditi maggiormente, così come diversi punti della storia. La critica alla società dello spettacolo e alla tendenza alla supremazia dell’uomo sono acute e ben delineate. Peele si conferma assolutamente unico nel genere horror e si raffronta con successo anche con la fantascienza.

 

Pro

  • La regia di Jordan Peele, mai scontata e in continua evoluzione;
  • Un valido cast che ha saputo rendere, nei limiti del possibile, la personalità e l’introspezione dei personaggi;
  • La pluralità di chiavi di lettura che permette allo spettatore di riflettere sulla visione per diverso tempo.

Contro

  • La quasi assenza di spiegazioni sulla storia dei protagonisti, che impedisce di comprenderli a fondo;
  • La moltitudine di temi aperti ed accennati, spesso eccessivamente vaghi.

 

 

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Alice Casati

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