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NCS Top 6: i migliori psicopatici nella storia del cinema

La psiche dell’essere umano è stata materiale di studio e di racconto nel corso degli anni; non si può negare che sia nella letteratura che in altri medium gli individui dalla psiche deviata abbiano riscosso sempre un certo fascino. Inoltre fin dalle origini del cinema (in particolar modo sperimentale) si è cercato di dare una connotazione sempre più psicologica nella storia che si proponeva al pubblico. Per questo oggi vedremo insieme sei dei personaggi più psicopatici del cinema.

6.Hannibal Lecter  (“Il silenzio degli innocenti”)

Forse uno dei serial killer più iconici della storia del cinema. Hannibal Lecter, venne portato in scena per la prima volta sul grande schermo da un monumentale Anthony Hopkins che colpì il pubblico in poco più di 15 minuti sparsi per tutta la durata del primo film, “Il silenzio degli Innocenti” (1991). Ma il pubblico ne voleva sapere di più del galante cannibale, e fu così che vennero fatti altri due film con lo stesso attore, un dimenticabilissimo prequel che narra le origini del personaggio ed una serie tv, scollegata dagli eventi dei film.

Ma cosa lo rende tanto interessante? Hannibal Lecter è un concentrato di cultura, raffinatezza, galanteria e buon gusto, che si contrappone ad una inimmaginabile natura animalesca. Hannibal non è un cattivo per il gusto di esserlo, egli è l’immagine di un essere superiore che giustifica il suo cannibalismo tramite la sua superiorità. Un inquietante predatore che si nutre di essere a lui inferiori, uno degli psicopatici più inquietanti di sempre, sicuramente il più raffinato.

 

 

“Uno che faceva un censimento una volta tentò di interrogarmi, mi mangiai il suo fegato con un bel piatto di fave e un buon chianti”.

 

5. Michael Gordon Peterson  (“Bronson”)

Nel 2008 uscì al cinema “Bronson”, pellicola diretta dall’acclamatissimo regista Nicolas Winding Refn, che si pose l’obiettivo di raccontare parte della storia del detenuto più pericoloso d’Inghilterra, Michael Gordon Peterson, che forse conoscerete con il nome di Charles Bronson. Il fatto che si stia parlando di un uomo tutt’ora in vita non è rassicurante, anzi.

Un individuo inquietante nel suo essere involontariamente buffo, enorme da un punto di vista muscolare, senza capelli e con due baffi più unici che rari. Charles Bronson all’interno della pellicola risulta più pericoloso come detenuto che come criminale, infatti finisce in carcere per aver rubato 26 sterline. Si può dedurre che non sia dotato di un particolare intelletto, né tantomeno di una smania di potere, Bronson è semplicemente assuefatto dalla violenza.

Dopo aver cambiato più di 120 carceri, il detenuto ha dimostrato di avere un modus operandi davvero strategico, come quella volta che combatté con le guardie carcerarie completamente nudo e ricoperto di burro. Inoltre nella pellicola è caratterizzato come un uomo dotato di una certa spettacolarità, quasi di matrice teatrale. A contribuire al tutto vi è Tom Hardy, il quale si immedesimò talmente tanto nella parte da ricevere i complimenti del vero Michael Gordon Peterson.

 

 

4. Annie Wilkes  (“Misery non deve morire”)

Chi ha detto che una casalinga solitaria di un metro e sessanta non può far parte della categoria “psicopatici”? Basta guardare il film “Misery non deve morire” per capire quanto male può fare un individuo apparentemente indifeso e gentile per motivi più che futili. Annie Wilkes è una donna particolarmente sola che ha fatto di una saga di romanzi la sua ragion d’essere. Tramite un “incidente”, lei ospiterà lo scrittore di questi romanzi nella sua dimora per guarire dalle ferite riportate e prendersene cura, almeno così pare.

In realtà scopriamo come Annie Wilkes sia una donna con evidenti problemi psicologici che cerca di vivere nella realtà creata dallo scrittore, commettendo atti disumani pur di poter salvaguardare la vita fittizia che tanto ama. Questa donna rappresenta in maniera esasperata una tendenza tipica degli ultimi anni, l’amore per un’opera o un artista che diventa fanatismo. Tale tendenza viene manifestata nei momenti di ira scaturiti da una decisione artistica in contrasto con ciò che viene desiderato dal pubblico, ma la particolarità di tutto ciò è che il personaggio di Annie Wilkes sembra del tutto plausibile, quasi già sentito in un reportage di cronaca nera. La pellicola “Misery non deve morire” del 1990 è ispirata al romanzo “Misery” di Stephen King e valse un oscar e un golden globe all’attrice Kathy Bates.

 

 

“Puoi stare tranquillo Paul, io sono la tua ammiratrice numero uno”.

 

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Alessandro Marasco

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