di Claudio Cassarà
Tra i film horror usciti negli anni ’90, uno tra i più sottovalutati è senza dubbio “Candyman – Terrore dietro lo Specchio”, protagonista di quest’edizione del “NCS Second Chance“. Leggendo la sinossi della trama, potrebbe sembrare il classico slasher poco originale. Analizzando però le tematiche principali, ci troviamo davanti ad una pellicola ricca di spunti.
Un Periodo Difficile
Gli anni ’90 sono stati una vera e propria fase di transizione per il cinema horror. Sono ben poche le saghe longeve iniziate durante questo turbolento periodo. Sembrava che nulla potesse avvicinarsi agli apici raggiunti nei decenni precedenti con pellicole come “Halloween – La Notte delle Streghe” (1978) di John Carpenter o “La Bambola Assassina” (1988) di Don Mancini. Tutto questo cambiò quando Wes Craven, un regista già noto nel mondo dell’orrore grazie alla sua fortunata saga “Nightmare – Dal Profondo della Notte” (1984), fece uscire un lungometraggio che rivoluzionò il cinema horror: “Scream” (1996). Grazie alla vena autoironica del film, Craven rinnovò completamente il genere.
Ovviamente, non tutte le pellicole dell’orrore uscite negli anni ’90 sono considerate dei flop. “Il Silenzio degli Innocenti” (1991), di Jonathan Demme, venne persino candidato agli Oscar come miglior film ed è considerato come uno dei migliori horror mai usciti. Un altro caso particolare riguarda “Candyman – Terrore dietro lo Specchio” (1992) di Bernard Rose. Il lungometraggio non può essere inserito in nessuna delle sottocategorie del cinema horror. Infatti non è propriamente uno slasher o un film paranormale: sembra un perfetto miscuglio dei due.
Candyman, Candyman, Candyman, Candyman, Candyman
Helen Lyle (interpretata da una giovanissima Virginia Madsen) è una studentessa universitaria. Lei e la sua migliore amica, Bernadette (Kasi Lemmons), stanno scrivendo la tesi di laurea su un argomento molto particolare: le leggende urbane. Tra queste, si imbattono nella storia di Candyman, lo spirito di un uomo che appare a chiunque ripeta il suo nome cinque volte davanti ad uno specchio per poi ucciderlo con l’uncino che ha al posto di una mano.
Helen scopre che si vocifera che una donna, Ruthie Jean, residente al quartier popolare Cabrini Green, sia stata uccisa dal demone. Dopo aver scoperto una serie di omicidi legati al nome di Candyman, le due ragazze ripetono il suo nome cinque volte, senza che succeda nulla. La studentessa riesce a trovare l’assassino che si spaccia per il mostro: un normalissimo criminale residente a Cabrini Green. Quando tutto sembra che si sia risolto per il meglio, il vero Candyman (Tony Todd) spunta davanti ad Helen. Da questo punto in poi, il demone perseguiterà la ragazza, poiché lei ha screditato la sua leggenda.
“Candyman“: Un Horror Atipico
Leggendo la trama, il film risulta quasi banale. Sembra la classica pellicola del killer che tormenta la povera ragazza indifesa fino alla pazzia, narrazione già vista e rivista nel genere. “Candyman” si diversifica dagli altri horror per molte scelte estetiche, tra cui una spettacolare cinematografia opera del regista Bernard Rose, e per le numerose tematiche affrontate, come ad esempio la differenza tra persone di colore e bianchi nel sistema giuridico americano. La cosa che però colpisce più di tutte è il senso di tristezza che viene trasmesso dal film. “Candyman – Terrore dietro lo Specchio” è un horror atipico per questo motivo: l’emozione che si manifesta maggiormente nel corso dei suoi 99 minuti non è il terrore. La desolazione di Helen, costretta alla fuga dal demone, viene rappresentata in maniera spaventosamente realistica.
Rompere le tradizioni del genere
Raramente i film horror vengono considerati come grandi pellicole. Ci sono vari motivi per questo. I principali sono, generalmente, la sovrabbondanza di “gore”, che allontano quella fetta di pubblico più sensibile, le pessime prove attoriali di molti protagonisti e la cinematografia statica, presente anche in molti grandissimi “cult” del passato (es: “Venerdì 13“, 1980).
Fortunatamente, “Candyman – Terrore dietro lo Specchio” non ha nessuna di queste caratteristiche. Al contrario di molti horror, che puntano ad avere scene disgustose, questo film ha un livello di “gore” pari a zero. Candyman stesso uccide solamente due persone nel corso del film ed uno dei suoi omicidi non viene neanche inquadrato. La pellicola non ha bisogno di questo per spaventare i propri spettatori. Tramite sequenze oniriche e disturbanti, questo film cattura e mantiene l’attenzione del pubblico fino alla fine. Il film è un crescendo di tensione, un processo che parte lentamente nella prima metà del film (quando non siamo sicuri della vera esistenza di Candyman) fino al suo culmine finale. Per quanto riguarda la recitazione, Tony Todd è la vera star. Sono pochi i villain degli horror con cui si riesce a simpatizzare. Candyman è uno di questi, grazie soprattutto all’interpretazione dell’americano.
Una Cinematografia Mozzafiato
Un altro ottimo aspetto della pellicola rispetto alle altre del suo genere è la cinematografia. Già ai tempi di Alfred Hitchcock, gli horror erano quasi sempre statici. Il regista di “Candyman“, Bernard Rose, ha deciso di staccarsi dalla tradizione. In questo film, la cinepresa segue i personaggi, soprattutto Helen. Lo spettatore ha poco tempo per orientarsi, la macchina da presa si è già spostata. Questo è evidente principalmente nella sequenza in cui la giovane sta scappando da Candyman, dopo che quest’ultimo è apparso in casa sua. Un’altra grandissima scelta registica è quella di includere molte riprese dall’alto, estremamente rare nel genere.
La dedizione di Rose verso il film è rappresentata anche dalla preferenza di usare solo effetti pratici. Nelle scene in cui Candyman ed Helen sono ricoperti di api, non è presente nessuna traccia di computer grafica. Non si può parlare degli aspetti estetici del film senza menzionare la spettacolare colonna sonora, composta da Philip Glass, che dà alla pellicola una particolare bellezza “gotica“.
!!!ATTENZIONE SPOILER. I PROSSMI PARAGRAFI COMPRENDONO SPOILER SUL FINALE DEL FILM. CONSIGLIO LA VISIONE DELLA PELLICOLA PRIMA DI PROCEDERE!!!
Candyman: Non il Classico Serial Killer
Come già detto in precedenza, uno dei più grandi pregi del film è il modo in cui ti fa simpatizzare con Candyman. La storia da cui è tratta la leggenda è tragica. Daniel Robitaille, l’uomo che diventerà il demone assetato di sangue dopo la sua morte, non era uno psicopatico come Michael Myers o un pedofilo come Freddy Kruger. La sua unica colpa era di essere un uomo nero innamorato di una donna bianca nel 1800. Dopo che il padre della ragazza scoprì la loro relazione, a Daniel toccò una sorte terrificante. La mano destra dell’uomo fu segata via e trovandosi vicino ad un allevamento di api, il suo petto fu sparso di miele. Daniel morì punto da centinaia di api, mentre gli abitanti del villaggio continuarono a gioire e festeggiare.
È molto difficile non provare un minimo di compassione verso l’uomo, ingiustamente e brutalmente ucciso solo per motivi razziali. Proprio la discriminazione è la tematica principale del film. Il fattore che eleva questa pellicola da altre con argomenti simili è che “Candyman – Terrore dietro lo Specchio” non risulta pesante. Film come “Scappa – Get Out” (2017) di Jordan Peele, pur rimanendo ottime pellicole, insistono tantissimo sul messaggio razziale. Il lungometraggio di Rose lascia cogliere allo spettatore questa tematica, senza essere troppo esplicito.
“Sei Sempre Stata L’Unica, Helen“
Il finale del film mette alla luce l’altra tematica fondamentale della pellicola. Dopo che Helen viene incriminata ed arrestata per l’omicidio di Bernadette, Candyman la aiuta ad evadere dall’ospedale psichiatrico dove è rinchiusa la ragazza. La giovane scopre che il marito la sta tradendo e tenta il suicidio. All’ultimo secondo, però, Helen sente la voce del demone e decide di tornare a Cabrini Green, dove Candyman la sta aspettando. Qui inizia la sequenza più nota del film. Lo spirito di Daniel ipnotizza la ragazza e le annuncia che, seguendolo, verranno ricordati per l’eternità. Questa scena è un miscuglio tra terrore ed erotismo, tematica importantissima nel genere horror. Il film, infatti, si basa sul racconto “Il Proibito” di Clive Barker, regista di “Hellraiser” (1987). Anche in questa pellicola, l’erotismo provocato dalla sofferenza è uno degli argomenti principali.
Helen riesce a fuggire e trova un dipinto che raffigura un uomo (Daniel Robitaille) ed una donna dagli occhi verdognoli. Inciso sopra questo affresco è presente la citazione più nota del film: “Sei Sempre Stata L’Unica, Helen“. Tra le varie interpretazioni, la più diffusa è che Helen sia la reincarnazione della donna amata da Daniel. Per riuscire a salvare un bambino rapito da Candyman, la giovane morirà in un incendio appiccato dai residenti di Cabrini Green, i quali vogliono debellarsi del demone.
Dopo il funerale, Trevor (Xander Berkeley), l’ormai ex-marito di Helen, è insoddisfatto della vita con la sua nuova compagna. In un momento di disperazione, pronuncia il nome di Helen per cinque volte davanti ad uno specchio. Il demone della ragazza compare all’improvviso ed uccide Trevor con un uncino, simboleggiando il fatto che lei stessa sia diventata la “Nuova Candyman“. Il film si chiude con un grandissimo murale di Helen con la testa infuocata situato nella residenza popolare. È lei la nuova protettrice di Cabrini Green. Il suo nome verrà ricordato per sempre, come Candyman le aveva annunciato.
Una dinastia deludente
La domanda sorge spontanea: come mai un film del genere non ha prodotto una delle saghe più note nell’horror? Purtroppo, per quanto Bernard Rose si sia impegnato a non rendere questo lungometraggio un banale slasher, i sequel si sono rivelati una completa delusione. “Candyman 2: L’Inferno nello Specchio” (1995) vede Bill Condon seduto alla regia, sostituendo il britannico. Il film, oltre alla singola sequenza raffigurante la tortura e la morte di Daniel Robitaille, è una pellicola mediocre, mentre il terzo film, “Candyman – Il Giorno della Morte” (1999) di Turi Meyer, è stato un completo fallimento. L’unico fattore allo stesso livello del primo è l’interpretazione, sempre ottima, di Tony Todd.
Un piccolo barlume di speranza si è presentato quando fu annunciato un remake prodotto da Jordan Peele. Tristemente, “Candyman” (2021) perse molte delle qualità dell’originale. Tony Todd non interpreta più il demone (anche se è presente un suo piccolo cameo alla fine del film), la pellicola è eccessivamente sanguinosa e la tematica sul razzismo viene trattata senza alcuna sottigliezza. Inoltre, è completamente sparita quella sensazione gotica che rese il primo film una boccata d’aria fresca.
Anche se i sequel non si sono rivelati all’altezza dell’originale, il primo film è uno dei migliori horror in giro. Per questo motivo, NCS consiglia a tutti di recuperarlo!
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