di Redazione NCI
L’NBA è nota per essere uno dei campionati sportivi e una delle organizzazioni commerciali più all’avanguardia del globo. Sintomo di ciò è l’attenzione sempre crescente con cui la lega tratta i temi sociali. Nonostante questo accade che a volte, eventi inaspettati e inattesi, più unici che rari, macchino l’immagine del tempio sacro del basket e concedano all’intero sistema un aspetto più lugubre e grezzo.
NBA, un episodio dalla dubbia ripetibilità
Houston Rockets contro Washington Wizards: i texani giocano fuori casa e la franchigia della capitale ospita un match dal regolare valore sportivo. È una partita come tante, una gara che assomiglia alle altre 81 che si giocano durante il campionato.
Ultime, concitate, fasi del quarto quarto. Il punteggio è di totale parità: 111-111. Il possesso finale è stato affidato a Kevin Porter Jr. , astro ascendente dei Rockets che decide di prendersi l’estrema responsabilità della vittoria. Kevin si avvicina alla linea dei tre punti, tira, segna e non delude le aspettative. Il campo non gli deve alcun plauso, i tifosi dei Wizards escono sconfitti e amareggiati, riconoscendo la giustezza del successo avversario. A rubare la scena del trionfante Porter Jr. ci pensa però il telecronista della Capital One Arena, un certo Glenn Consor, che urla a gran voce dal suo microfono: “Kevin Porter Jr, come suo padre, ha premuto il grilletto al momento giusto”.
Kevin Porter Sr, il padre del giocatore, fu condannato negli anni ’90 a 4 anni e mezzo di carcere per omicidio colposo, dopo aver accidentalmente fatto esplodere un colpo di pistola contro una ragazzina di 14 anni. Qualche anno più tardi, quando il povero figlioletto aveva appena 6 anni, lo stesso uomo ha avuto la peggio in uno scontro a fuoco, rimanendo ucciso mentre cercava di proteggere un’altra persona da un’aggressione. Ecco perché la “battuta” del cronista è tutt’altro che accettabile.
Il caso mediatico
L’accadimento ha attirato anche l’attenzione del “Re” LeBron James che si è speso a favore del collega, ripudiando pubblicamente le ignobili parole. “Oh, pensava forse che fosse simpatico? No, non posso accettarlo! Mi dispiace ma questa non deve passare! Quanto puoi essere insensibile per dire qualcosa del genere? Andiamo! Prego per te, ma non c’è posto per te nel nostro bellissimo sport!” ha twittato il giocatore dei Lakers, che ora lotta per fare uscire Consor dal sistema.
Le scuse
Gleen, resosi conto dell’incredibile caos massmediale che aveva procurato, ha scelto di scusarsi pubblicamente con una nota. “Per favore, permettetemi di scusarmi sinceramente con Kevin Porter Jr, la sua famiglia e l’organizzazione dei Rockets per i miei commenti durante la partita di ieri sera. Ho erroneamente pensato che Kevin Porter Jr fosse il figlio dell’ex giocatore degli Wizards Kevin Porter, non pensavo che quelle parole potessero essere insensibili oppure offensive. Ho scritto personalmente a Kevin per scusarmi e spero di poterci parlare presto” ha fatto sapere l’indagato, alludendo a un’identità militante nell’NBA parecchi anni fa, che nulla ha a che vedere con l’atleta di Houston.
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di Gabriele Nostro
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