fbpx Messi: da un sogno a un'ossessione... e alla fine, l'incoronazione
Sport

Messi: da un sogno a un’ossessione… e alla fine, l’incoronazione

di Federico Minelli

Condividi con chi vuoi

Quelli appena conclusi sono stati i Mondiali della corruzione e delle polemiche, delle eliminazioni clamorose e delle qualificazioni inaspettate. Ma nonostante tutto, ci si rende conto che questi sono i Mondiali di Leo Messi; più che mai, in Qatar, la Pulce si è caricato sulle spalle la propria Nazione e la propria Nazionale, scandendo a grandi passi la scalata verso la gloria eterna…

Messi e il sogno “Mundial”

Il campo, inesorabile e crudele giudice di questo sport, lascia pochi spazi agli sconfitti. Ma partiamo da un presupposto: Messi mai potrà essere considerato calcisticamente sconfitto e sarà sempre ricordato. Il sogno “Mundial”, tuttavia, è un qualcosa che va oltre il pensiero umano, soprattutto se per anni Leo è stato paragonato a Diego Armando Maradona, che quel sogno l’ha coronato. Dopo l’enorme occasione, di quelle che capitano una tantum e magari anche mai, nel 2014, Leo ha avuto la fortuna che qualcun altro, con cui ha condiviso grandezza e “rivalità”, non ha mai avuto. Non solo, l’ha avuta per ben due volte.

E dopo la sconfitta in finale in Brasile e gli ottavi scivolati via in Russia, non molti credevano che il Qatar sarebbe stata la terra dove Leo potesse vincere. E invece la Pulce, dopo la sconfitta all’esordio con l’Arabia Saudita in questa edizione, si è preso sulle spalle tutta l’Argentina, e a suon di gol, assist e giocate meravigliose l’ha portata in finale. Nell’ultimo atto tutto può succedere: un re può salire al trono, poi essere spodestato e nuovamente risalirci. Il match con la Francia è stato più o meno questo: un saliscendi di emozioni dove i due protagonisti (scegliete voi chi il buono e chi il cattivo), si sono fronteggiati senza esclusione di colpi.

Alla fine solo uno dei due contendenti si è preso il trofeo, e tutto il mondo del calcio si è inchinato, “non conoscendo affatto la statura di Dio”. Perché di questo parliamo, di divinità di questo sport, come recitano tante prime pagine di oggi; dai giornali argentini (“Lios es argentino”) a quelli spagnoli (“El mejor de la historia”), fino agli italiani (“Messi, il piede di Dio” o “Maradoha”)…

 

Messi

Mondiale dell’Argentina (@Shutterstock)

 

Una carriera al top: perché non goderselo e basta?

La vittoria del Mondiale non stravolge però la sua carriera: certo, lo consacra senza possibilità di replica, ma non era già così? La visione distorta che noi abbiamo nel giudicare giocatori tramite trofei vinti, forse non ci fa vedere le cose nel modo migliore. Alla fine, una leggenda deve essere apprezzata, goduta e ammirata finché si può, finché il campo non lascerà spazio alla mera nostalgia di meraviglie tecniche ancora impresse in testa. Perché parliamoci chiaro, le cose che fa l’argentino sul rettangolo di gioco sono gioielli unici, apax calcistici non replicabili.

A 35 anni si è adattato alle sue caratteristiche che ovviamente per via dell’età, vanno calando, almeno dal puto di vista fisico. Così, dopo aver abbandonato la fascia destra, si rende più playmaker che attaccante, arretrando il proprio raggio d’azione e pur mantenendo qualità di gioco e di pensiero, rendendosi, se possibile, ancora più leader tecnico della propria Nazionale. E allora, quanto è grande la forza del campione che sostiene il peso della leggenda? Dopo una carriera stellata, irripetibile e con ogni probabilità tra le migliori di sempre, c’era realmente bisogno di un Mondiale per consacrarsi? Il suo percorso parla chiaro e lascia poco spazio a detrattori: Leo Messi è uno dei migliori di sempre, e non ci resta che ringraziare di averlo visto in azione. E non vale solo per lui…

Per essere sempre aggiornato sulle news provenienti da tutto il mondo continua a seguirci su Nasce, Cresce, Calcia.

Potrebbero interessarti anche:

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi con chi vuoi