Nella giornata di lunedì, Dmitry Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo nonché ex-Presidente del Paese dal 2008 al 2012, ha lanciato un messaggio dai toni fortemente nazionalisti e imperialisti contro l’Ucraina, minacciando altresì gli Stati Uniti con lo spauracchio del conflitto nucleare.
L’intervento di Medvedev si è svolto in un forum giovanile nella città di Sochi sul Mar Nero, e a capeggiare dietro di lui c’era un’imponente carta geografica ritraente l’Ucraina e i Paesi limitrofi. Non si trattava, tuttavia, di una carta come la conosciamo, bensì ritraeva appieno l’obiettivo strategico della guerra causata da Putin: il dominio sull’intera Ucraina. Quest’ultima, infatti, si può vedere come sia spartita tra Russia (che annetterebbe tutta la zona sud-orientale, tra cui le zone costiere sul Mar Nero), Polonia, Ungheria e Romania, mentre l’Ucraina rimarrebbe “indipendente” solamente nella regione di Kiev.
Medvedev ha accompagnato questa mappa da un discorso, molto probabilmente condiviso dall’intera classe dirigente russa, volto a eliminare totalmente il concetto di nazione ucraina:
“Uno degli ex leader ucraini a un certo punto ha detto che l’Ucraina non è la Russia. Questo concetto deve scomparire per sempre. L’Ucraina è sicuramente la Russia. Le parti storiche del Paese devono tornare a casa.
“Tutti i nostri avversari devono comprendere una volta per tutte un fatto semplice: che i territori su entrambe le sponde del fiume Dnipro sono parte integrante dei confini strategici e storici della Russia”.
La “giustificazione” ideologica del conflitto, quindi, si radicherebbe nella presunta vicinanza storica, culturale e linguistica tra i due Paesi, come sostenuto apertamente nel corso del suo intervento, definendo altresì l’Ucraina come la “Piccola Russia” e uno “Stato fallito“.
Alla luce di queste dichiarazioni, ha altresì affermato di non voler intavolare dei colloqui di pace con il nemico, almeno finché non ci sarà un governo ucraino che riconosca questo utopico disegno geostrategico russo come la nuova realtà.
In merito ai rapporti con gli Stati Uniti, i toni utilizzati rievocano i tempi della Guerra Fredda, soprattutto dal punto di vista dei contenuti:
“Dirò una cosa amara. La situazione attuale è molto peggiore di quella del 1962. Questa è una vera e propria guerra contro la Russia con armi americane e con la partecipazione di forze speciali americane e consiglieri americani. Ecco come stanno le cose”.
All’interno dell’entourage russo è pertanto palese che il modello politico-strategico di riferimento è quello imperialista e che ha accompagnato la storia russa per secoli, in primis sotto le vesti dell’Impero russo, in secundis dell’Unione Sovietica.
Medvedev ha infatti elogiato queste due realtà politiche non più esistenti, sostenendo implicitamente una forma di continuità storica con questi due modelli che, nel corso della loro storia, hanno sempre esercitato un dominio nei confronti dell’Ucraina. L’idea della “Grande Russia” è quindi profondamente vivo, nonché, come si evince dalle parole di Medvedev e dai primi interventi di Putin poco dopo lo scoppio della guerra, l’obiettivo finale della Russia.
Fonti: Reuters, Ukrainska Pravda
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