Mangaka: salari ed economia di guerra, la parola agli interessati. Non è la prima volta che si sente parlare di compensi irrisori per lavori faraonici nel panorama del fumetto nipponico.
Non è tutto oro quel che luccica, le rose sono belle ma attenti alle spine e altre frasi fatte. Cos’hanno a che vedere questi semplici, forse banali, proverbi con il mondo dei manga? Beh, a dirla tutta, parecchio. Siamo abituati ad immaginare il mondo del fumetto orientale come un mondo magnifico. Siamo tanto assuefatti alla meraviglia alla quale i manga ci hanno abituati da filtrare con gli stessi anche il mondo che gli sta dietro. È bene però svelare tutti gli altarini.
Spesso ci si è chiesto: ma quanto guadagna un mangaka? Potrebbe sembrare una domanda banale ma, ad una riflessione più attenta, ci si renderà conto che una domanda così semplice nasconde una moltitudine di questioni collaterali. Innanzitutto, chi è un mangaka? Spesso e volentieri si tratta di un giovane artista imbevuto di idee romantiche, non dissimili da quelle che abbiamo noi proprio nel pensare a lui. Un mangaka è, in fondo, uno che ce l’ha fatta, che ha raggiunto il suo sogno, che campa di arte. Ne siamo proprio sicuri?
Le cose stanno davvero così? Per davvero un mangaka campa della sua arte? E soprattutto, campa bene? Siamo finalmente giunti alla nota dolente di questa strana sinfonia. Com’è veramente la vita di un mangaka? Quanti di quegli ideali romantici che lo hanno animato all’inizio sopravvivono dopo un anno di lavoro? Quanti dopo dieci? Non tutti questi interrogativi troveranno risposta, questo è bene sottolinearlo, eppure qualche curiosità verrà soddisfatta.
A rispondere è un vero e proprio esperto del settore, Rito Kimi eromangaka specializzato nel genere lolicon. Ricercatore ed esperto di manga erotici, si è pronunciato sul suo profilo Twitter postando uno screen della sezione Q&A dell’ultimo numero di Comic LO; famosissima rivista hentai a tema lolicon pubblicata dall’editore Akane Shinsha.
Al quesito posto da un lettore: “Perché le riviste pagano così poco gli autori? Gli editori li stanno sfruttando, non è vero?”, l’artista ha così replicato. “Semplicemente perché le riviste costano poco. Un’uscita di Comic LO costa solo 1.000 yen (circa 7,60 euro). Una doujinshi auto-pubblicata di trenta pagine costa invece 500 yen (circa 3,80 euro). Se facessimo il rapporto, Comic LO costerebbe ben 5.000 yen (circa 37,90 euro). Un prezzo così alto è improponibile per il mercato, nessun lettore comprerebbe riviste a quel costo.”
Sembra chiaro quindi che alla base della scarsa retribuzione degli artisti si trovi un falla del mercato. È proprio il sistema ad essere affetto da una male che potremmo quasi definire cronico. Ma, se le cose stanno così, non c’è via d’uscita. Viene da chiedersi, osservando meglio la risposta di Kimi, se a conti fatti si guadagna meglio autopubblicandosi, perché non scelgono di farlo tutti i mangaka?
È proprio questa la domanda che ha posto un secondo lettore. Anche in questo caso la risposta dell’esperto non si è fatta attendere: “Non tutti gli artisti sono in grado di auto-promuoversi e vendere doujinshi. C’è sempre da stare dietro alle varie tendenze e quindi bisogna anche sforzarsi ulteriormente. Chi invece vuole solamente disegnare manga e avere uno stipendio stabile ha come migliore opzione quella di lavorare per una rivista del settore.”
Come si diceva più sopra, quello che affligge il mondo dei manga è un vizio sistemico. Sarebbe necessario riformare l’intero mercato dei manga per poter assicurare salari dignitosi e prezzi competitivi all’utenza. Purtroppo questo è tutt’altro che semplice da realizzare. Al momento gli artisti si trovano bloccati tra l’incudine e il martello, vessati dall’incontro tra domanda e offerta. E come se non bastasse, la questione non è solo economica.
La vita di un mangaka è fatta prevalentemente di lavoro. I turni da coprire sono ai limiti della sopportazione e, come se non bastasse, è praticamente la norma sobbarcarsi del lavoro extra. Nella cultura nipponica, e più in generale in quella asiatica, esiste un’etica del lavoro stoica e incrollabile e nessun mestiere fa eccezione. Svolgere già il proprio turno curricolare è, per un mangaka, uno sforzo che sarebbe quasi impensabile per molti occidentali, ancor più quando lo straordinario diventa la norma.
Insomma, tratteggiare quelle che possono essere le condizioni di vita di un lavoratore sfruttato e sottopagato non è l’oggetto del nostro discorso. Sarebbe anche arrogante pensare di poterci riuscire in un breve articolo. Ma lo sforzo immaginativo possiamo farlo, ancor più alla luce di dati e testimonianze qui riportate. Non è necessario essere grandi indagatori dell’animo umano per comprendere come un artista possa sentirsi a vivere in certe condizioni, è necessaria solo un po’ di empatia.
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