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Mafia: arrestato il latitante Cacciapuoti grazie a… un barboncino!

Latitante da febbraio scorso, e ora in manette nel carcere di Secondigliano. Il 64enne Luigi Cacciapuoti, boss del clan mafioso Ferrara-Cacciapuoti, è stato “tradito” dal cagnolino di una donna che gli aveva fatto visita all’interno della sua villa a Giugliano in Campania, nella città metropolitana di Napoli. Un altro colpo alla mafia, per un clan che muoveva oltre 10 milioni di euro all’anno; vediamo i dettagli della vicenda…

Mafia: il clan mafioso e l’aiuto del barboncino

Il clan mafioso in questione, storicamente facente parte del carrello camorristico “Nuova Famiglia“, aveva già subìto un duro colpo nel giugno scorso, quando i Carabinieri e la Guardia di Finanza avevano condotto 19 arresti. Si tratta di un clan particolarmente vivace dal punto di vista economico, tanto che le intercettazioni e gli arresti hanno rivelato un giro d’affari annuo che si aggira intorno ai 16 milioni di euro, legato alla sua capillare attività imprenditoriale; tuttavia, l’arresto del vertice dell’associazione potrebbe infliggere, se non il colpo di grazia, almeno un forte ridimensionamento del raggio di azione del clan.

Carabinieri (@Shutterstock)

I militari, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia napoletana, hanno condotto delle indagini che avevano permesso di circoscrivere un’area all’interno della quale verosimilmente si nascondeva il boss. La zona in questione era quella di Varcaturo, a pochi passi dal capoluogo campano, tuttavia mancava la certezza dell’esatta ubicazione. Si è rivelato pertanto fondamentale l’involontario supporto di un cagnolino bianco, un barboncino la cui padrona conosceva il boss mafioso; all’interno dell’area delimitata dai militari dell’Arma dei Carabinieri, infatti, è stato individuato l’animale mentre si affacciava da una finestra semichiusa di una villa, alimentando quindi l’ipotesi che si trattasse proprio del rifugio di Cacciapuoti.

L’arresto e le dichiarazioni di Piantedosi

Dopo un’attenta pianificazione di tutte le possibili vie di fuga, i militari sono quindi partiti all’azione, prima circondando la villa, e successivamente attuando il blitz definitivo. I Carabinieri hanno trovato il boss mentre leggeva il giornale sul bordo piscina, portando a compimento l’ammanettamento, avvenuto senza resistenze. Agli arresti, inoltre, anche la donna padrona del barboncino, per favoreggiamento e procurata inosservanza di pena, aggravato dalle modalità mafiose.

Le Forze dell’ordine hanno quindi sequestrato la villa, con il ritrovamento dei documenti del latitante che recavano, ovviamente, un nome diverso da quello di nascita. A complimentarsi per questo blitz è intervenuto il Ministro degli Interni, Matteo Piantedosi:

“Proseguono, in Italia e all’estero, gli arresti di pericolosi latitanti, frutto delle capacità operative e dell’impegno delle donne e degli uomini delle forze dell’ordine, al lavoro ogni giorno, nei più diversi scenari, per garantire la sicurezza dei cittadini e l’ordine pubblico. A tutti loro va il mio ringraziamento”.

Questa vicenda rappresenta senz’altro una buona notizia, tuttavia mette al contempo in luce le evidenti difficoltà nello sgominare tutte quelle associazioni mafiose che, da decenni, hanno incancrenito fino al midollo non solo il Meridione, ma l’Italia intera.

Quello della mafia, infatti, non è un problema regionale, ma un’organizzazione criminale internazionale che, purtroppo, non incontra più da anni l’interesse primario di lotta da parte della politica, che relega questa pagina nera della Penisola a una mera bandierina da tirare fuori dal cappello quando emergono notizie di questo genere, sfoderando delle buone parole all’occorrenza, ma che si perdono nel vento di fronte alla minaccia, reale e tangibile, di un contro-stato che troneggia e depaupera gli italiani e il Paese, lasciando dietro di sé un’impronta di violenza, dolore e ricatti, su cui un’oligarchia mafiosa affonda il proprio lucrare.

Fonti: Corriere della Sera, TGCOM24

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Lorenzo Peratoner

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