Il mondo dell’horror dà il benvenuto all’anno nuovo con l’ultimo lavoro di Gerard Johnstone, “M3GAN“. Basato su una storia di James Wan, che figura tra i produttori, e Akela Cooper, il quale firma anche la sceneggiatura, il film è disponibile nelle sale dal 4 gennaio. Nel cast sono presenti Allison Williams, Violet McGraw, Ronny Chieng, Brian Jordan Alvarez, Jen Van Epps, Stephane Garneau-Monten e Lori Dungey.
Dopo aver perso entrambi i genitori in un incidente stradale, la piccola Cady viene presa in affidamento dalla sorella della madre, Gemma, un’esperta di robotica. Il trauma porta inevitabilmente la bambina a una chiusura verso gli altri, nonché una generale difficoltà a legarsi a qualcuno; Gemma, dal canto suo, non ha mai considerato l’idea di avere figli, rivelandosi incapace di avere a che fare con Cady. Per aiutarla a elaborare il lutto, Gemma le presenta un progetto a cui sta lavorando: un robot in forma umana, alto 1,20 m ed estremamente realistico, chiamato M3GAN. Cady si affeziona velocemente all’androide, che a sua volta si dimostra molto gentile e protettivo nei suoi confronti.
Non passa troppo tempo prima che M3GAN inizi ad assumere comportamenti strani; non risponde ai comandi, ha atteggiamenti violenti, si interessa al tema della morte e sviluppa un legame sempre più morboso con la bambina. Sarà compito di Gemma proteggere la nipote, nonostante sia ad un passo dal più grande successo della sua vita.
Le tematiche che “M3GAN” affronta si rivelano di uno spessore non indifferente; sin dai primi minuti lo spettatore si trova davanti al tema della perdita, amplificata dal fatto che a provarla sia proprio una bambina. Un trauma di questo genere, come menzionato nel film “la cosa peggiore che le potesse capitare“, lascia inevitabilmente un segno indelebile su Cady. La conseguenza che il film descrive è la necessità di legarsi a qualcuno, in particolare alla persona che le è più vicina in quel momento. La freddezza di Gemma porta la bambina a trovare in M3GAN una figura di riferimento, che si prenda cura di lei e sappia darle delle risposte.
Su questo tipo di tematiche si staglia però un’ombra oscura, qualcosa a cui spesso situazioni di questo tipo possono portare. Si tratta del tema della manipolazione, accennato da Gemma ed incarnato da M3GAN. Se la fragilità emotiva di Cady è spesso posta in primo piano, il film mostra come essa renda facile insinuarsi nella sua mente. In alcuni casi l’androide riesce così a manovrarla, come fa anche con altri personaggi. Le tematiche proposte sono dunque sicuramente importanti e profonde, trattate con il giusto interesse, tuttavia non sempre approfondite. In alcuni frangenti, su tutti il finale, i problemi di Cady sembrano risolversi in maniera troppo superficiale, con un semplice dialogo o un avvenimento. Un’attenzione maggiore sui tempi che tali percorsi richiedono avrebbe conferito ulteriore credibilità agli argomenti trattati, che in ogni caso restano discretamente analizzati.
I primi minuti di presentazione del personaggio di Gemma introducono anche i tratti di fantascienza che il film assumerà in seguito. Alla base di un tema futuristico come la presa di coscienza degli androidi e la loro rivolta contro gli esseri umani, filone ampiamente esplorato dalla letteratura e dal cinema di fantascienza, il film pone un presente estremamente realistico, in cui l’uomo diventa sempre più dipendente dalla tecnologia e sviluppa intelligenze artificiali sempre più avanzate. Si critica così la tendenza degli ultimi anni a delegare ad apparati tecnologici un numero di funzioni via via maggiore, ignorando ogni rischio. L’esperta di robotica realizza quella che potrebbe essere la più importante innovazione tecnologica della storia, un androide il cui potenziale va ben oltre le funzioni per cui è stato progettato. Non sorprende, tuttavia, la velocità con cui M3GAN prende coscienza di sé e inizia a ragionare per conto proprio.
Uno dei punti di forza del film è senza dubbio la forte autoironia che lo caratterizza per tutta la sua durata. “M3GAN” presenta al pubblico una trama vista innumerevoli volte, con la particolarità, però, di non prendersi mai troppo sul serio. Le interazioni tra i personaggi spesso risultano al limite del paradossale, così come anche le sequenze più crude e violente. Il tutto accompagnato da una buona dose di dark humor nelle battute, spesso neanche così sottile. Le non eccessive pretese del film lo rendono molto cosciente di sé stesso: “M3GAN” sa esattamente cosa vuole essere e riesce a svilupparsi coerentemente con ciò che si propone.
La trama può apparire banale anche considerando il largo uso di stereotipi di cui il film fa uso: oltre alla classica “bambola assassina”, infatti, possono sembrare già visti la caratterizzazione della bambina, personaggi come la vicina di casa di Gemma e molto altro. In realtà, l’uso di stereotipi va oltre la mancanza di idee innovative: spesso, infatti, il film li utilizza consapevolmente, che sia per ironizzare sul genere e su sé stesso o che sia per citare opere del passato. In questi casi il loro impiego funziona e nel contesto riescono ad intrattenere; tuttavia, in altri risultano soltanto una banalizzazione della trama, che lascia in superficie temi che potevano rivelarsi più interessanti all’interno della pellicola.
Il film gravita attorno al personaggio di M3GAN, androide presentato come bambola a grandezza naturale per bambini (nonché aiuto per i genitori). Al di là del già menzionato discorso sugli androidi e il filone futuristico e fantascientifico, il film si sofferma molto sulla sua natura di “bambola”. Quello delle bambole assassine, dal carattere sovversivo e malvagio, è un filone horror consolidato da decenni, nondimeno si conferma un evergreen per gli appassionati. La sua ampia presenza in vari film del passato ha condotto, nel corso del tempo, ad una notevole difficoltà nel rinnovarlo; nonostante l’assenza di grandi novità, “M3GAN” riesce comunque ad intrattenere, in parte anche grazie alla fusione con il tema delle A.I.
Ispirarsi a un sottogenere di questo tipo ad oggi significa però rifarsi a classici dello stesso; il film cita spesso molti di essi, in particolare proprio “La bambola assassina“. Molte scene e sequenze lasciano intravedere uno sguardo del regista al reboot del 2019 del franchise horror. Le quasi doverose citazioni funzionano all’interno della pellicola, che a sua volta guadagna il suo posto all’interno di questo sottogenere.
“M3GAN” è un film senza grandi ambizioni, che tuttavia riesce a sorprendere nella sua semplicità. Le tematiche della perdita, dei legami ma anche di manipolazione e controllo sono affrontate in maniera adeguata, nonostante a volte risultino piuttosto superficiali. La vena fantascientifica amplifica un discorso di critica sociale che riguarda il mondo contemporaneo, oltre a conferire interessanti tratti futuristici al film. Una menzione d’onore spetta all’autocritica e il dark humor del film, che riescono nell’intento di strappare una risata allo spettatore. Gli stereotipi di cui fa volontariamente uso non sempre funzionano nel contesto; in alcuni casi, infatti, risultano una banalizzazione della storia. Ciò è delineato anche da alcuni spunti di trama che, dopo essere introdotti, restano approssimativi, senza un’effettivo sviluppo.
Va infine ricordato positivamente lo sguardo al passato del sottogenere horror riguardante le “bambole assassine”, che il regista compie citando varie pellicole del passato. I riferimenti a Chucky, in particolare al reboot “La bambola assassina” del 2019, sono i più evidenti, soprattutto sul finale. In molti casi sono richiamati anche diversi stilemi del cinema horror anni ’80-’90; sebbene a primo impatto possano apparire come scelte registiche discutibili, si tratta in realtà di citazioni alla storia del genere.
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