di Lorenzo Peratoner
Albert Einstein al giorno d’oggi è ricordato come uno dei più grandi fisici della storia, in particolare per la Teoria della relatività, che ha permesso agli scienziati di indagare e conoscere lo scorrere del tempo nello spazio. Una curiosità, frutto proprio di questa teoria, concerne la differenza temporale che vi è tra il nucleo della Terra e la sua superficie, che, come riporta Focus, dovrebbe essere di ben due anni e mezzo. Questo significa che il nucleo sarebbe più giovane della crosta di oltre due anni! Scopriamo nei prossimi paragrafi perché sussiste questo notevole divario…
Come la gravità modifica il tempo
Lo scorrere del tempo non è uniforme in tutta la Terra, tantomeno nello spazio. Il “materiale” che costituisce l’universo, infatti, è il cosiddetto spazio-tempo, che si piega tanto più un corpo celeste presenta una gravità maggiore. Se prendessimo un buco nero massiccio (che ha una forza di gravità talmente forte da catturare la luce), lo spazio-tempo si deformerebbe in maniera incredibile. La conseguenza di questa flessione determina una dilatazione temporale, che può essere dell’ordine di pochi millesimi di secondo fino ad anni. Da questo punto di vista, il potenziale gravitazionale gioca un ruolo chiave.
Più si è distanti dal centro di un corpo celeste (dove la gravità è altissima), maggiore è il potenziale gravitazionale; quindi, il tempo scorre più velocemente. Per questo nel nucleo della Terra, dove il potenziale è minore, il tempo scorre più lentamente; potremmo così affermare che Samantha Cristoforetti, tornando sul nostro pianeta dalla ISS, sia andata indietro nel tempo di pochissimi istanti.
I calcoli di Feynman e Uggerhøj, e la spiegazione matematica del fenomeno
Negli anni ‘60, il fisico Richard Feynman ipotizzò che la differenza temporale fra nucleo terrestre e superficie fosse di un paio di giorni al massimo, generando un forte dibattitto nella comunità scientifica tra chi supportava questa tesi e chi non la condivideva. Per dare una risposta definitiva intervenne il fisico danese Ulrik Uggerhøj, il quale notò che in alcuni appunti di Feynman non si parlava in realtà di giorni, ma di anni. Applicando le equazioni della Relatività, Uggerhøj calcolò che, a causa della differenza di potenziale gravitazionale, la dilatazione temporale era una cifra piccolissima per ogni secondo. Ponendola in altri termini, ogni secondo si genera una differenza di tempo irrisoria tra nucleo e superficie.
Il punto è che, moltiplicando questa cifra per l’età del nostro pianeta, ovvero 4,5 miliardi di anni, si è arrivati a una dilatazione di ben 2,5 anni. Chiaramente, si tratta di calcoli teorici che non certificano con una sicurezza totale la realtà dei fatti, lo stesso Uggerhøj afferma:
“Non possiamo mandare nessuno al centro della Terra per verificare la realtà, ma finora non siamo mai stati traditi dalla Relatività”.
Se volessimo applicare lo stesso calcolo per il Sole, teoricamente la differenza sarebbe di ben 40.000 anni, come ha inoltre dichiarato Uggerhøj. In ogni caso, la scienza è sempre pronta a stupirci, e chissà cosa ci riserverà il futuro sulla conoscenza dell’universo…
Per essere sempre aggiornati sulle news provenienti da tutto il mondo, continuate a seguirci su Nasce, Cresce, Ignora.
Vi potrebbero interessare anche:
- Top 6 NCI – I serpenti con il veleno più potente del mondo
- Giustizia, la strana sentenza della Corte: un furto troppo superfluo per essere punito
© RIPRODUZIONE RISERVATA