di Gabriele Di Nuovo
Al cinema dal 15 giugno, “Lightyear – La vera storia di Buzz” è il nuovo film Pixar diretto da Angus MacLane. Nel cast vocale originale troviamo Chris Evans, Keke Palmer, Taika Waititi, Peter Sohn e James Brolin.
Dopo due anni di “oblio” su Disney+, la Pixar ritorna sul grande schermo e lo fa con “Lightyear – La vera storia di Buzz”. Il film che racconta la storia di Buzz Lightyear, personaggio divenuto celebre con “Toy Story” di John Lasseter (nel nuovo film è tra i produttori), è nel vero senso della parola una pellicola nella pellicola. Questo perché, il lavoro diretto da Angus MacLane è in realtà il film preferito di Andy, il protagonista umano della serie di Lasseter. Infatti i protagonisti non sono giocattoli, bensì esseri umani che si muovono in un mondo fantascientifico. Forte delle influenze del genere, “Lightyear – La vera storia di Buzz” racconta una storia di origini godibile, ma senza l’effetto Pixar che ha reso lo studio di animazione amato oggi dal pubblico.
Una missione spazio temporale
Buzz (Chris Evans) è uno space ranger che si ritrova coinvolto nella missione più grande e pericolosa della sua vita: salvare numerose vite umane. Per far si che questo accada, Lightyear deve fare dei voli di test per il viaggio nell’iper spazio. Ma il test che sarebbe dovuto durare solo 4 minuti, porterà invece lo space ranger e il suo gatto Sox (Peter Sohn) avanti nel tempo, dove insieme ad una stramba squadra capeggiata da Izzy (Keke Palmer), dovranno fronteggiare la minaccia di Zurg (James Brolin) e del suo esercito di robot su un pianeta pericoloso.
Con tutti gli stilemi del genere sci-fi, “Lightyear – La vera storia di Buzz” racconta il viaggio di come Buzz è diventato lo space ranger giocattolo amatissimo da numerosi bambini. Nonostante alcune trovate interessanti e un colpo di scena a dir poco sorprendente, la pellicola diretta da Angus MacLane pecca di quell’aura di maturità che contraddistingue i prodotti targati Pixar.
Lightyear e la sua squadra di “underdogs”
“Lightyear – La vera storia di Buzz” presenta personaggi molto basilari al suo interno. Oltre allo stesso Buzz, anche i vari comprimari non mostrano una grandissima caratterizzazione. Infatti il team formato da Izzy, Mo e Darby, presentano la classica squadra di underdogs, cioè gli sfavoriti in ogni tipo di situazione. Questo penalizza la loro caratterizzazione, rendendo di fatto la pellicola di MacLane inferiore rispetto i lavori precedenti dello studio di animazione di proprietà Disney. Anche lo stesso Buzz soffre di questo problema di prevedibilità, rendendo così il protagonista stesso molto basilare.
Nota di merito per il team di Buzz, va a Sox. Il gatto robot oltre ad essere il personaggio più divertente, è allo stesso tempo il più sorprendente perché mostra una umanità inaspettata per una macchina e si rivelerà persino cruciale nel terzo atto in modo inaspettato. Il doppiaggio italiano funziona a metà. Se da una parte troviamo numerosi doppiatori a dare la voce ai vari personaggi, dall’altra troviamo Alberto Malachino e Ludovico Tersigni dare la voce rispettivamente a Buzz e Sox. Nonostante il loro non essere doppiatori sia ben udibile anche per i meno esperti, il lavoro svolto dai due attori è comunque sufficiente e migliore rispetto a quanto pronosticato.
Eroismo, robot e viaggi nel tempo
Quasi l’intero genere sci-fi fa capolino in “Lightyear – La vera storia di Buzz”. Le influenze che la pellicola ha ricevuto sono numerose e ben evidenti nel corso della sua durata di 100 minuti. Se vi aspettate però un minestrone andato male, siete sulla strada sbagliata; questo perché vedere robot, pianeti pericolosi e viaggi nel tempo nella stessa storia, funziona alla grande. Le ambientazioni sono intriganti, su questo punto ci torneremo quando parleremo dell’aspetto tecnico della pellicola, offrendo così un mondo con una sua logica e un suo fascino retrò.
Anche il tema dell’eroismo viene affrontato con un tocco retrò. L’orgoglio e il senso di colpa che colpiscono Buzz nel corso del film, sono il motore dell’intero racconto. Purtroppo la pellicola non approfondisce meglio questo, lasciando il tutto generico e semplice per via del suo pubblico principale: i bambini. Come detto in precedenza, la più grande pecca di “Lightyear – La vera storia di Buzz” è il suo non essere completamente un film Pixar. La pellicola offre spunti interessanti, ma non vengono affrontati come fatto in altri titoli passati.
Non è il solito film Pixar
Per anni la Pixar ha portato su schermo titoli per tutta la famiglia nel vero senso della parola. Questo perché i titoli dello studio hanno sempre raccontato storie che lavoravano su più livelli: non solo per i bambini, ma anche per gli adulti. Come non menzionare il recente “Soul”, che dietro il suo stile animato nasconde un tema molto maturo e adulto come quello della morte. Un altro esempio è “Inside Out”; colorato e con un character design che punta dritto ad un pubblico giovane, riesce a trattare temi come i sentimenti e la famiglia anche con un occhio “da grande”. Infatti la più grande pecca di “Lightyear – La vera storia di Buzz” è proprio in questo.
Una delle prove evidenti è la caratterizzazione dei personaggi molto semplice e prevedibile. Ad amplificare il tutto ci pensa la sceneggiatura che racconta semplicemente una storia sci-fi fatta di azione ed eroismo, lanciando messaggi già visti in opere precedenti dello stesso studio, su tutti proprio lo stesso “Toy Story”, di cui il film diretto da Angus MacLane è uno spin-off. Non stiamo parlando di un film che non funziona, ma di un lavoro che snatura il DNA di Pixar, offrendo una buona pellicola d’intrattenimento senza però lasciare il segno come i lavori passati. Ma se sul lato emotivo siamo sul puro intrattenimento, il comparto tecnico è sempre di altissima qualità.
Animazioni e colpi di scena sorprendenti
Dove la Pixar non delude, è con le sue animazioni. Lo studio per l’ennesima volta, regala uno spettacolo per gli occhi. Le ambientazioni sci-fi insieme agli ambienti inospitali del pianeta in cui Buzz si ritrova intrappolato, regalano delle sequenze spettacolari e coinvolgenti mantenendo alta la tensione. Ma se la sceneggiatura non brilla di scrittura dei personaggi e approfondimenti, a sorprendere è un grandissimo colpo di scena che coinvolge le motivazioni del villain della pellicola: Zurg.
Conosciuto anche lui sotto forma di giocattolo in Toy Story”, l’acerrimo nemico dello space ranger è la vera sorpresa della pellicola. Oltre a presentare un bellissimo character design, come anche per tutti gli altri personaggi, Zurg porta con sé nel corso della storia una rivelazione a dir poco clamorosa e sorprendente. La gestione del colpo di scena è ben ponderata e porta a stravolgere e a definire la crescita del suo protagonista. Infine la regia di MacLane e le musiche di Michael Giacchino, funzionano al meglio immergendo lo spettatore nel mondo di “Lightyear – La vera storia di Buzz”.
Considerazioni finali
“Lightyear – La vera storia di Buzz” è un film animato di puro intrattenimento e molto godibile. Tutto questo nonostante abbia dalla sua personaggi dimenticabili. La Pixar per questo spin-off di uno dei suoi film più amati, porta su schermo una storia sci-fi che prende ispirazione da numerosi capisaldi del genere. La combinazione di più stilemi del genere funziona, offrendo una storia godibile per un pubblico molto giovane, ma meno per un pubblico adulto, snaturando così lo stile inconfondibile dello studio di animazione. Il doppiaggio italiano di alcuni personaggi del film, su tutti lo stesso Buzz, è discreto nonostante per l’ennesima volta si punti sui talent e no sui doppiatori stessi. Infine il comparto tecnico e sonoro funziona al meglio, consolidando l’esperienza godibile offerta da una sceneggiatura molto semplice, nonostante al suo interno presenti dei colpi di scena molto efficaci.
Pro
- Il raccontare in un modo inedito il mondo di “Toy Story”;
- Il prendere vari elementi del genere sci-fi e combinarli al meglio tra loro;
- Il gatto Sox e il villain Zurg sono i migliori personaggi della pellicola;
- Comparto tecnico impeccabile come per ogni lavoro targato Pixar .
Contro
- Lo snaturare il DNA dei lavori Pixar con una storia molto basilare e poco profonda;
- L’utilizzare ancora una volta dei talent per il doppiaggio, nonostante questo sia apprezzato dal pubblico del nostro paese.
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