Tragedia evitabilissima quella accaduta nel Lazio: la scomparsa di una turista tedesca di soli 25 anni. Stava facendo il giro d’Europa in camper col suo fidanzato, anche lui tedesco, di 35 anni. Nel mezzo del viaggio, giunti a Roma, la ragazza ha avuto un malore ma i soccorsi non arrivano in tempo. Il compagno accusa “il 118 non parlava inglese“.
Sono le 15.39 dello scorso 20 gennaio quando Michael Douglas, il compagno della vittima, chiama il servizio unico per le emergenze. Poco prima la sua fidanzata aveva avuto un malore che poche ore dopo l’ha portata alla morte. Per Janna Gommelt, ragazza tedesca di soli 25 anni, era una giornata come le altre di un viaggio indimenticabile, non avrebbe mai immaginato cosa le sarebbe capitato.
“Si è chinata per prendere una cosa in frigorifero e ha detto solo “sto svenendo” racconta Michael a La Repubblica in un’intervista. Pochi istanti dopo il ragazzo ha chiamato immediatamente il servizio unico per le emergenze con cui, a quanto racconta il ragazzo, c’è stato un importante gap linguistico portando inevitabilmente a confusione e perdite di tempo per l’arrivo dei soccorsi.
Se l’ambulanza fosse arrivata in tempo ora Janna sarebbe ancora viva, lascia intendere il ragazzo. Arriva poi l’accusa all’ospedale “gli operatori hanno perso tempo perché non parlavano inglese”. Nel racconto del turista, l’ospedale gli avrebbe chiesto di lasciare il GPS del telefono acceso per rintracciare la sua posizione ma i soccorsi non sono mai arrivati. A un certo punto, vedendo che l’ambulanza non arrivava, racconta di essersi messo alla guida per rintracciarli e infine trovarli poco distanti da lì mentre li stavano cercando sulla spiaggia. Ormai, però, era troppo tardi.
Le inosservanze dello staff medico non finirebbero qui, a quanto sostiene Douglas. Secondo il ragazzo l’ambulanza sarebbe partita solo un quarto d’ora dopo aver caricato la ragazza incrementando le perdite di tempo. Arrivati all’ospedale Grassi di Ostia, poi, il ragazzo sarebbe stato subito allontanato dalla sua compagna che, racconta, aveva capito fosse già morta.
All’ingresso dell’ospedale lo aspettavano già due carabinieri che lo avrebbero interrogato ininterrottamente per 6 ore. A detta del 35enne neanche i carabinieri sapevano parlare inglese e lo hanno interrogato con Google Translate. “Non mi hanno mai fatto parlare con un medico o un infermiere per sapere cosa fosse successo. Poi, alle 10,30 di sera, è arrivato il furgone che l’ha portata in obitorio”.
L’ospedale nega tutto. Secondo la Regione Lazio che ne fa le veci il giovane turista avrebbe mentito sulla gestione dell’emergenza da parte dell’ospedale. In una nota, la Regione avrebbe persino allegato l’audio integrale della telefonata che attesta il lavoro del personale che ha gestito l’emergenza.
Nell’audio, contrariamente a quanto detto dal ragazzo, si può sentire il personale parlare correttamente inglese e aver fatto il possibile per rintracciare i due. Michael, di risposta, dice che l’audio pubblicato sia stato tagliato e che dei dieci minuti di telefonata siano stati pubblicati solo due minuti.
Dopo oltre 70 giorni Janna non ha ancora ricevuto una sepoltura. Il suo corpo è ancora in obitorio dopo l’autopsia. L’avvocato della famiglia sostiene che non gli è mai capitata una cosa del genere. La causa del decesso è ancora ignota, non essendo ancora stata resa pubblica l’analisi dell’autopsia. Le ipotesi parlano di un arresto cardiocircolatorio.
Alla domanda sul perché allora la procura avesse aperto un fascicolo contro ignoti per istigazione al suicidio risponde che, probabilmente, “il PM avrà assegnato un titolo di reato al buio” quindi solo per permettere di completare gli accertamenti necessari. Una situazione veramente inconcepibile.
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di Gianmichele Trotta
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