Ormai più di due secoli fa, a Boston, in Massachussets, nasceva colui che sarebbe divenuto il padre della letteratura dell’orrore. Tanto geniale quanto incompreso, troppo avanti per la sua epoca, Edgar Allan Poe ha trovato fortuna nella morte, continuando a vivere attraverso le sue numerose e straordinarie opere. Negli anni molti hanno ripreso e rielaborato le parole di questo brillante autore, dando vita a interpretazioni nuove; l’ultimo ad essersi lasciato ispirare da esse è stato Mike Flanagan, regista statunitense dietro titoli come “Midnight Mass“, “The Haunting of Hill House“, “Doctor Sleep“, “The Midnight Club” (vi lasciamo qui la nostra recensione). Il suo ultimo lavoro per Netflix, infatti, è proprio “La caduta della casa degli Usher“.
La serie si ispira all’omonimo racconto dell’orrore di Poe e si compone di otto episodi. Partendo dalla storia originale, contemporaneizzata in pieno stile Flanagan, si dirama in un intreccio narrativo che attinge all’intero complesso delle opere di Poe, senza lasciare nulla al caso. Il cast torna a comporsi della classica troupe del regista, presente nei suoi lavori precedenti: Bruce Greenwood, Carla Gugino, Carl Lumbly, Michael Trucco, T’Nia Miller, Henry Thomas, Kyliegh Curran, Samantha Sloyan, Rahul Kohli, Kate Siegel, Sauriyan Sapkota, Zach Gilford. A loro si uniscono Mary McDonnell, Mark Hamill, Paola Nuñez e Willa Fitzgerald.
La miniserie racconta la storia di Roderick e Madeline Usher, fratelli che da una vita di miseria riescono a costruire una ricca e potente dinastia familiare, facendosi un nome nell’industria farmaceutica. L’impero degli Usher non sembra però destinato a durare: gli eredi della famiglia iniziano infatti a morire uno dopo l’altro senza un’apparente connessione, sotto gli occhi dell’anziano patriarca. Il mistero che circonda la famiglia si rivela più fitto di quanto sembri e i segreti che ognuno nasconde sembrano ribellarsi e ritorcerglisi contro. Pezzo dopo pezzo, la potente dinastia inizia a sgretolarsi irrimediabilmente, come se una forza oscura intendesse espiare i loro peccati. Le vicende si svolgono mediante il racconto postumo di Roderick, che si confessa al detective Auguste Dupin come ultimo atto prima dell’epilogo della sua storia.
Partendo dall’omonima opera originale, Flanagan, come detto, spazia tra numerose opere dell’autore americano, per affrontare però tematiche differenti. Uno dei temi principali è ovviamente quello delle dinamiche familiari di una dinastia potente come quella degli Usher, che qui si compone di Roderick, la sorella Madeline e i sei figli di Roderick. Questi ultimi, i cui rapporti si basano esclusivamente su interessi di tipo economico, offrono un crudo ritratto della società dei consumi, efficace e dalla forte morale. La serie si addentra tuttavia anche nel mondo dell’industria farmaceutica, in questo caso con l’azienda di Roderick e Madeline, evidenziandone alcuni degli aspetti più oscuri. Il concetto è veicolato anche attraverso la seconda moglie di Roderick, la giovanissima Juno, conosciuta proprio grazie al suo farmaco.
Un tema che affiora sempre di più nel corso degli episodi è anche quello della tecnologia moderna e, nello specifico, dello sviluppo di intelligenze artificiali. Nella serie il progetto ha uno scopo impossibile, oggetto di riflessione, discussione e ricerca fin dalla nascita dell’umanità: la vita dopo la morte. Il tema è fondamentale soprattutto in una famiglia come quella degli Usher, suo malgrado così legata alla morte. Un argomento così attuale fuso ad una storia fortemente gotica come “La caduta della casa degli Usher” potrebbe sembrare contrastante, ma la serie trova il modo di conciliare adeguatamente le due realtà mantenendo l’atmosfera del racconto di Poe.
Proprio Edgar Allan Poe resta sempre il centro della serie; per quanto si spazi nei temi, nei personaggi e nelle vicende, la fonte non viene mai smentita. Troviamo quindi puntualmente un racconto di Poe come titolo di ogni episodio, ad eccezione del primo, “Una tetra mezzanotte“, che si lega all’ultimo, “Il corvo“, in quanto cita l’introduzione del racconto. “Il corvo” è inequivocabilmente il racconto più importante e più citato della serie, certamente per la sua apertura e chiusura, ma anche per due personaggi in particolare e per le parole utilizzate al suo interno. I personaggi portano spesso nomi tratti da opere letterarie di Poe, come avviene ad esempio per Auguste Dupin, con cui l’autore ha dato vita al giallo come genere letterario nel 1841.
La ripresa dei racconti originali riguarda sicuramente nomi e titoli, ma anche le stesse vicende, che come detto si intrecciano ad elementi originali di Flanagan. Quest’ultimo dimostra una grande conoscenza di Edgar Allan Poe, che per i più appassionati migliora notevolmente la visione, omaggiando anche il suo lavoro e la sua figura. Nel fervore di citarne i lavori, tuttavia, capita a volte di spingersi troppo oltre, finendo in parte fuori tema. Nel complesso, comunque, questa componente funziona all’interno della trama.
Il racconto corale si snoda tra le prospettive di tutti i personaggi, ognuno dei quali viene approfondito da un episodio differente. La caratterizzazione di ciascuno di loro, in particolare dei figli di Roderick, è interessante e varia benché sempre legata alla vita di lusso e potere che conducono e alla necessità di essere all’altezza delle aspettative del padre. In un contesto in cui nessuno è solo “buono” o “cattivo”, tutti hanno luci e ombre e la loro psicologia è analizzata nelle sue sfaccettature. Lo stesso Roderick, voce narrante della vicenda a posteriori, è un personaggio estremamente vario, approfondito anche dai vari flashback della sua gioventù. Personaggio molto importante, a dispetto dell’esiguo spazio concessogli nella serie, è Arthur Pym, interpretato da un ottimo Mark Hamill. Lo spessore dei personaggi, sempre giustificato, rende ogni punto di vista interessante e adeguatamente approfondito.
Come accennato, l’atmosfera della serie riprende quella gotica e grottesca delle opere di Poe, fondendola, come avviene con la trama, con uno stile horror più moderno. Lo stile di Flanagan torna come nei suoi lavori precedenti, con i suoi punti di forza ma anche con i suoi problemi. Il ritmo della serie risulta piuttosto lento, ad eccezione di alcuni picchi di tensione scanditi nel corso degli episodi. L’utilizzo dei jumpscare è spesso casuale, ingiustificato dal contesto; non è raro trovarne senza alcuna costruzione in situazioni anche più serie e distese. Un problema che assume rilevanza nel momento in cui si interfaccia con uno dei maestri della suspense quale Edgar Allan Poe, i cui racconti costruiscono un crescendo di tensione opprimente e quasi soffocante. Se l’autore non viene sacrificato dalla trama per quanto riguarda l’aspetto oscuro e gotico, si perde un po’ osservando invece lo stile horror.
“La caduta della casa degli Usher” prosegue quello che è l’omonimo racconto di Edgar Allan Poe, con la sua costante presenza mediante personaggi e vicende, ma intrecciate ad elementi moderni. Il fattore funziona senza sacrificare l’atmosfera tipica dei racconti dell’autore, ma parlando anche di temi come l’industria farmaceutica, l’intelligenza artificiale, tutto incorniciato dalle dinamiche familiari della ricca e potente dinastia Usher. L’evidente interesse di Mike Flanagan nei confronti di Poe lo porta a rappresentarne le vicende in ogni episodio, finendo però, in alcuni casi, per andare fuori tema rispetto alla trama. I personaggi sono caratterizzati efficacemente; i figli di Roderick presentano le dovute differenze, ma restano accomunati dallo stile di vita e l’onnipresente ombra del padre.
Il ritmo della serie è spesso lento e diluito, come frequente nei prodotti di Flanagan. Lo stile horror moderno fuso con la tensione e la suspense dell’autore non lega bene come avviene per la trama. I jumpscare presenti, spesso ingiustificati, finiscono per sacrificare parte di uno dei principali punti di forza dei racconti originali.
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