Julian Assange, dopo 1901 giorni spesi all’interno del carcere di massima sicurezza di Belmarsh, nel Regno Unito, è libero. A rivelarlo è direttamente WikiLeaks che, mediante il suo profilo X, afferma che Assange ha potuto lasciare la prigione nella mattinata di ieri, 24 giugno, imbarcandosi in un volo che abbandonerà il Paese anglosassone.
Accusato di 18 capi di imputazione da parte degli Stati Uniti per il suo presunto ruolo nella pubblicazione di documenti considerati “top secret”, il fondatore di WikiLeaks era in carcere nel Regno Unito dal 2019. I dati in questione, forniti dall’ex analista dell’intelligence dell’esercito Chelsea Manning, includevano dei rapporti della guerra in Iraq nonché informazioni legate ai prigionieri all’interno di Guantanamo Bay.
Assange è al momento diretto verso Saipan, nelle Isole Marianne Settentrionali, un territorio sotto l’amministrazione americana, dove un giudice federale dovrebbe approvare il patteggiamento; l’udienza in tribunale dovrebbe svolgersi nella mattinata (ora locale) di mercoledì. Assange, infatti, avrebbe accettato di dichiararsi colpevole di un reato, ovvero quello di cospirazione per ottenere e diffondere informazioni sulla difesa nazionale. La pena prevista sarebbe di 62 mesi, periodo che lui ha tuttavia già trascorso nel carcere britannico, permettendogli così di ritornare dalla sua famiglia in Australia ed evitando l’estradizione negli Stati Uniti.
Si tratterebbe del coronamento di lunghi anni di trattative intercorse con il Dipartimento di Giustizia americano, portando quindi a questo accordo che, sebbene non ancora formalizzato ufficialmente, dovrebbe ricevere l’approvazione da parte dei pubblici ministeri americani.
Come si legge sul post pubblicato su X da WikiLeaks:
“Questo è il risultato di una campagna globale che ha coinvolto organizzatori di base, attivisti per la libertà di stampa, legislatori e leader di tutto lo spettro politico, fino alle Nazioni Unite […] Dopo più di cinque anni in una cella di due metri e mezzo, isolato 23 ore al giorno, si riunirà presto alla moglie Stella Assange e ai figli, che hanno conosciuto il padre solo da dietro le sbarre […] Al suo ritorno in Australia, ringraziamo tutti coloro che sono stati al nostro fianco, che hanno combattuto per noi e che hanno mantenuto il massimo impegno nella lotta per la sua libertà”.
Le autorità australiane si starebbero mobilitando per fornire assistenza ad Assange per un caso che, come ha affermato il premier Anthony Albanese, “si trascina da troppo tempo e (per il quale) non cera nulla da guadagnare continuando la sua incarcerazione“.
La madre di Assange, Christine, ha affermato ai media australiani:
“Il calvario sta finalmente giungendo al termine: ciò dimostra l’importanza e il potere della diplomazia silenziosa. Molti hanno sfruttato la situazione di mio figlio per portare avanti i propri programmi, quindi sono grata a quelle persone invisibili e laboriose che hanno messo al primo posto il benessere di Julian. Gli ultimi 14 anni hanno messo a dura prova me come madre”.
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