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Io che (non) ho visto Maradona: in ricordo del Pibe de Oro

In un calcio sempre più condensato da ritmi infernali e sempre più lanciato verso il futuro, gli appassionati di questo sport hanno deciso di fermarsi e guardare indietro. Lo hanno deciso in particolare i tifosi napoletani, che quest’oggi scenderanno in strada per ricordare la morte di Diego Armando Maradona .

Un giorno triste per il calcio

Sono passati due anni da quel 25 novembre 2020, quando l’intero mondo del calcio è piombato in un silenzio sgomento per la morte del Diez, mentre un San Paolo colmo di vuoto riempiva di luci il suo stadio, ricordando l’idolo della città di Napoli.

All’età di sessant’anni ci ha lasciati il più forte giocatore che gli argentini abbiano mai tifato. Il migliore che sia mai giunto sotto il Vesuvio, il più grande, forse, calciatore di tutti i tempi. Maradona è stato argentino, poi anche napoletano, amato dai suoi connazionali, dai suoi “concittadini”, da tutti. Maradona è stato universale, come il calcio, perché la figura del Pibe de Oro, non fa parte del calcio, è essa stessa il calcio, l’essenza di questo sport globale. Il dolore, come la passione per le sue gesta, è stato di tutti. Un velo di tristezza è calato su chi lo ha conosciuto personalmente, nei suoi anni di gloria e nei momenti più cupi. Sui sostenitori dell’Albiceleste, sui tifosi partenopei, su chiunque lo avesse visto giocare, ma anche sugli appassionati che non lo hanno mai vissuto.

Una lacrima è scesa anche sul volto di chi scrive, nonostante, per ragioni puramente anagrafiche, non abbia mai avuto la fortuna di vivere direttamente le straordinarie giocate del campione argentino. Quel giorno, sono rimasto incredulo, poi mi sono arreso all’evidenza della realtà. Ho avuto come un rimpianto, per non averlo mai potuto ringraziare nel mio piccolo per quello che ha fatto, per quello che è stato nella storia del calcio. Un calciatore, un uomo, capace di vincere un mondiale praticamente da solo. Un fuoriclasse, un uomo, in grado di portare nell’élite del calcio italiano il Napoli, grazie a lui, due volte scudettata e vincitrice della Coppa UEFA. Capace da solo di scrivere la storia, diventando un mito del gioco del pallone.

 

Maradona a “Che tempo che fa” (via Youtube @RAI)

Un Dios all’Azteca

Brevi momenti della sua carriera entrati di diritto negli annali calcistici. Un esempio? 22 giugno 1986, quarti di finale di Coppa del Mondo. Allo stadio Azteca di Città del Messico si sfidano Argentina e Inghilterra.

La partita si gioca in un momento molto particolare. Poco tempo prima, a causa della guerra fra le due nazioni per il possesso delle Falkland, vinta dagli inglesi, erano morti parecchi argentini. Maradona decide di vendicare la propria nazione con un gesto che passerà alla storia. El Pibe de Oro anticipa il portiere Peter Shilton, colpendo con un pugno il pallone che viene spinto in rete. La Mano de Dios, si dirà poi. Il gol sarebbe da annullare ma gli unici ad accorgersi dell’irregolarità sono Shilton, che invano protesta con l’arbitro, e ovviamente Maradona, lungi dal denunciare la scorrettezza del gesto.

Ma Maradona non è solo furbizia, e Diego lo vuole ricordare a tutto il mondo. Quattro minuti dopo il tocco di mano, prende, stavolta con i suoi magici piedi, palla a centrocampo, supera mezza Inghilterra, anche il povero Shilton, e deposita la palla in rete. Maradona con quella splendida giocata dimostra tutta la sua classe. Tutto il suo genio. “Genio” come lo chiama per ben 3 volte Victor Hugo Morales, il fortunato telecronista argentino esaltatosi nel commentare quella straordinaria rete. Quella che che sarà definita il “Gol del Secolo”. Questa la giocata che lo ha reso eterno, ma Maradona di cose straordinarie ne ha fatte eccome. La parabola impossibile contro la Juve, una punizione imparabile, i suoi assist al bacio. Ma anche il rigore fallito contro il Torino, anch’esso un avvenimento straordinario, poiché l’argentino dal dischetto non sbagliava mai.

 

Celebrazione per Maradona (@Shutterstock)

Grazie Diego

Tralasciamo cosa è stato e cosa ha fatto Diego all’infuori del rettangolo di gioco. Un uomo tanto battagliero e intelligente in campo, quanto fragile e influenzabile nella vita privata. Ma non andiamo più a fondo, limitiamoci ad ammirare la figura dell’artista del pallone. Fare il contrario sminuirebbe quanto esaltato precedentemente e non renderebbe onore al nostro omaggio, pensato per Diego Armando Maradona, il più grande calciatore di tutti i tempi. 

Facendo nostre le parole di Victor Morales, alla realizzazione di quello che sarà poi chiamato il “Gol de Secolo”: “Grazie Dio, per il calcio, per Maradona, per queste lacrime…”

 

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Luca Palmieri

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