“Si, e si guadagna parecchio. Ma vanno valutate tante cose. Nel mio caso non guadagno soltanto con YouTube, ma anche grazie ai tanti placement. Diciamo che già soltanto con i profitti derivanti da YouTube e da Twitch ci vivrei bene. Non si parla di milioni, ma certamente è più di un stipendio medio. Se a questo aggiungiamo le varie affiliazioni, a fine mese si raggiungono cifre importanti. È chiaro però che bisogna accettare dei compromessi. Senza abbonamenti né Patreon non posso permettermi di parlare soltanto di un certo tipo di cinema, ed ecco perché col tempo mi sono focalizzato maggiormente sui prodotti mainstream. Anche se poi non sto mai troppo dietro alle views…”.
“Il cinema oggi ha un ruolo importantissimo, e l’abbiamo visto durante il lockdown. I film e le serie tv hanno salvato le persone, sia intrattenendole che a livello emotivo. Tuttavia, proprio sull’appiattimento di queste stesse emozioni mi trovo d’accordo. Credo manchi molto l’empatia, e in questo il web purtroppo ha inciso molto. Le persone spesso non si rendono conto di avere a che fare con altre persone dall’altra parte della tastiera, e c’è in generale una cattiveria ingiustificata che non comprendo. Non ci si mette più nei panni dell’altro. E il cinema, secondo me, ci mantiene invece su un binario emotivo ben preciso”.
“In risposta alla seconda domanda dico questo: normalmente non riesco a piangere, se non dopo un forte stress emotivo. Faccio grande fatica a piangere, e soprattutto in età adulta è diventato ancora più difficile. Ma piango tanto e mi commuovo tantissimo quando guardo i film. È l’unico modo in cui riesco a piangere. Quindi il cinema non è soltanto il mio lavoro. È la mia vita”.
“Anni fa dissi una cosa per cui venni insultato a più riprese. E cioè che un giorno avremmo avuto il cinema in sala e quello in streaming in contemporanea (o quasi), e che i due modi di fruirne avrebbero convissuto tranquillamente. Era ovvio, non è che io sia Nostradamus! E mi stupisco del fatto che le persone all’epoca non lo capissero. Devo dire però che io l’avevo pronosticato in 10/15 anni, la pandemia inevitabilmente ha accelerato enormemente questo processo, altrimenti ci saremmo arrivati più lentamente…”.
“La moda dell’Oriente si ripropone ciclicamente. Anche nei primi anni 2000 era così, quando arrivarono The Ring e tutti gli horror giapponesi. Adesso, dopo Parasite, un po’ tutti si sono accorti dell’enorme potenziale dei prodotti coreani. Non credo sia una moda passeggera, anche perché parliamo di opere valide, ma non credo neanche ci si stia realmente spostando a Oriente. Semplicemente credo si stia globalizzando anche l’intrattenimento, quindi ci arrivano contenuti da tutti i Paesi. Perché con lo streaming è più facile”.
“Tecnicamente sarei un geek. Il nerd è qualcuno di appassionato più che altro alla tecnologia nello specifico, ma ormai il termine è diventato di uso comune e racchiude un po’ tutto. Detto questo, per me significa avere delle passioni che sono sempre state un po’ bistrattate, soprattutto in età adulta. Ad esempio, mi piace molto giocare ai videogiochi e se qualcuno mi dice: “A 34 anni ancora giochi ai videogiochi?”, rispondo: “Si, e mi diverto anche un sacco!”. Per me è uno stile di vita. Sono io. Non è che ho voluto essere nerd. Lo sono sempre stato. Lo sono e basta. Mi ritrovo incasellato in questo termine, che però rappresenta e sintetizza tutti gli aspetti della mia vita”.
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