di Fabio Danei
Quali sono le parti migliori del tuo lavoro? E quali sono, invece, quelle peggiori?
“Non ci sono parti peggiori se non le modalità con cui siamo costretti a lavorare in questo periodo storico di piattaforme streaming. Le piattaforme sfornano serie e film ogni giorno e fanno sì che ci sia tanto lavoro; quindi buon per noi che lavoriamo in questo settore, non ci lamentiamo: in questo periodo avere tanto lavoro è ottimo. Allo stesso tempo, però, ci richiedono dei ritmi troppo forsennati e proibitivi e la qualità ne risente. Il nostro mestiere, in Italia, si fa sempre curando molto i prodotti e sempre una qualità che in altri Paesi non si è mai ricercata. Ultimamente, però, non si riesce più a fare così e molte serie tv risultano un po’ abbandonate o poco curate, perché richiedono dei tempi di consegna veramente stretti (questo ancora non succede con i film al cinema)”.
“Spesso alcune scene si potrebbero rifare dieci volte, ma si rifanno due perché l’importante è che le battute siano chiare, si capiscano e ci sia il senso giusto: non si vanno più a cercare quelle sfumature attoriali che si cercavano prima (e ancora si cercano, in altri tipi di lavorazioni). Molte volte si sentono dei doppiaggi fatti un po’ male perché ci costringono a lavorare in velocità: è più importante chiudere la lavorazione nei tempi prestabiliti che farla bene. Questo, ovviamente, non dipende da noi, ma dalle produzioni”.
“Le parti belle invece è tutto il resto. Adoro poter interpretare, ogni giorno, più personaggi in vari turni di doppiaggio diversi; poter spaziare dal cattivo al buono; dall’animaletto che parla all’uomo più maturo o ad un ragazzo più giovane. Vivi mille storie ogni giorno ed è molto bello e stimolante: non ti annoi mai. Questa è sicuramente la parte più bella. Poi anche poter regalare delle emozioni, poter fare da tramite tra l’opera originale e il pubblico. Si ha una grande responsabilità, ma allo stesso tempo è davvero bello. Molto spesso capita che delle persone mi dicano che si sono emozionate o che hanno riso per delle mie battute: questo è sicuramente il regalo più grande”.
Il mondo sta combattendo contro il covid e le misure di sicurezza si sono inasprite in tutti gli ambienti lavorativi: cos’è cambiato nel mondo del doppiaggio dall’inizio della pandemia?
“Nel mondo del doppiaggio fortunatamente è cambiato poco, a parte durante il lockdown dove siamo stati fermi, ovviamente. Ci sono sanificazioni tra un turno e l’altro; non ci sono più turni dove due attori lavorano insieme al leggio, perché noi dobbiamo lavorare per forza senza mascherina; tutti gli altri addetti ai lavori portano la mascherina e abbiamo dei plexiglass che dividono una persona dall’altra; in caso di positività il direttore di doppiaggio e gli altri addetti lavorano da remoto, solo noi attori dobbiamo per forza lavorare in sala. Gli unici senza mascherina, quindi, siamo noi, ma grazie a tutte le sanificazioni riusciamo a lavorare in sicurezza. Può capitare un incidente – una volta avevo preso il covid in sala perché c’era una persona positiva; si era creato un piccolo focolaio – ma nel complesso si lavora in sicurezza”.
“Aggiungo che il nostro lavoro sicuramente non è il migliore a livello di ambienti: le sale sono chiuse, non ci sono finestre e sono arieggiate artificialmente. Per fortuna la maggior parte degli studi di doppiaggio si sono attrezzati molto bene con filtri particolari o lampade UV per i sistemi di areazione. In tutto ciò, ovviamente, ci sono persone che non rispettano sempre le regole e a volte bisogna un po’ scontrarsi con qualcuno, ma in linea di massima si riesce a lavorare in sicurezza e tranquillità”.
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