L’INPS ha pubblicato il suo XXI rapporto annuale, dal quale emerge un quadro del mondo del lavoratori dipendenti, dei pensionati e delle famiglie in condizioni di povertà assai poco lusinghiero. Inoltre, la pandemia da Covid-19, la guerra in Ucraina e la successiva inflazione stanno influenzando negativamente le condizioni di vita di milioni di persone in tutto il Paese. Vediamo quindi nel dettaglio quali dati sono emersi dal rapporto…
Il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, ha discusso nei resoconti alcuni dati allarmanti; “Il 23% dei lavoratori guadagna meno di 780 euro al mese, considerando anche i part-time“. Ciò significa che una fetta importante di lavoratori dipendenti riceve mensilmente una paga inferiore a quella massima riconosciuta dal reddito di cittadinanza.
A detta di Tridico, si sta verificando un fenomeno di polarizzazione degli stipendi, ovvero la massa che percepisce una retribuzione inferiore ai 780 euro è in aumento, mentre quell’estrema minoranza (l’1%) che riceve una paga migliore, ha visto un lieve incremento della retribuzione complessiva.
Nel rapporto annuale è dato ampio spazio anche alla discussione della situazione dei pensionati: il 32% (5 milioni e 120 mila persone) percepisce meno di mille euro al mese. Supponendo che un lavoratore della generazione X (nati tra il 1965 e il 1980), riceva un salario di 9 euro lordi all’ora e versi contributi per 30 anni, potrebbe avere 750 euro di pensione a 65 anni; i dipendenti che guadagnano meno di 9 euro all’ora però, sono 4,3 milioni.
Le prospettive per il futuro si rivelano quindi una grande fonte di incertezza, soprattutto per i giovani. Inoltre, l’attuale inflazione andrà ad esacerbare questa condizione, comportando per l’INPS un aumento di 24 miliardi di euro di spesa per le pensioni.
“Ci vuole crescita economica e produttività per un sistema in equilibrio“; è questo il fine a cui deve ambire l’economia italiana, secondo Tridico, per far fronte a questi sviluppi negativi. Una strategia attuabile nel breve periodo potrebbe essere quella di regolarizzare nuovi cittadini come “tampone” per l’invecchiamento della popolazione; questi andrebbero così a occupare i posti di lavoro e a sostenere tutto il sistema previdenziale italiano.
Un rapporto Istat del 2022 infatti, fa emergere una fotografia dell’andamento demografico italiano: attualmente sul territorio, ci sono 58 milioni 983 mila individui. Tuttavia, nel giro di otto anni la popolazione diminuirà di più di un milione di unità; un trend che, inevitabilmente, porterebbe ad un collasso dell’economia.
Il M5S sostiene a gran voce, attraverso una nota, l’introduzione del salario minimo, come reazione ai numeri emersi dal Rapporto e giudica gli stipendi estremamente bassi come il maggiore problema scatenante di questa grave situazione economica. Inoltre, le misure assistenziali come il RdC e il reddito di emergenza sono state degli strumenti efficaci per fronteggiare l’esorbitante numero di cittadini che, a partire dal 2020, sono entrati in condizione di povertà assoluta.
Secondo dati Istat, nel 2005 c’erano 1,9 milioni di individui in tale stato; lo stesso valore, nel 2021, si attesta invece sui 5,6 milioni. Senza le misure di welfare, al momento, ci sarebbero quindi almeno 1 milione in più di poveri assoluti.
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