Era il 16 marzo 2010 quando la storia di God of War, una delle saghe più amate di sempre, sembrava giungere al termine; Kratos ritrovava la sua umanità grazie a Pandora, e la sua vendetta contro l’Olimpo poteva finalmente dirsi conclusa con la morte di Zeus. Eppure, quella scena post-credit, dove la scia di sangue del dio della guerra si trascinava verso il mare, lasciava speranza in tutti i videogiocatori; la speranza che un giorno Kratos sarebbe tornato a fare strage di dei. Poi, l’E3 2016 arrivò e da allora anche Asgard iniziò a tremare.
Il ritorno dello spartano più famoso del mondo videoludico è segnato da un cambio di rotta totale, che parte dall’ambientazione ed arriva al gameplay, passando per personaggi e meccaniche del tutto nuove per la serie. Un Kratos che è profondamente segnato dalle sue malefatte in terra natale segnava un punto di partenza assai particolare. Il nostro amato protagonista deve imparare ad essere una buona figura paterna e venire ai nodi con il suo essere un dio. Il tutto, contornato da minacce asgardiane e dalla possibilità di scatenare il Ragnarok. Una parabola del rapporto tormentato tra genitore e figlio, che ha ripetuti paralleli nei personaggi che popolano il mondo di gioco, a partire da Freya e Baldur fino a Modi con Thor.
Una narrazione più matura, che si distacca fortemente dai precedenti God of War e dal loro essere “volgarmente” cruenti ed amabilmente “tamarri”. Una maturazione che si mostra soprattutto nel gameplay, compiendo il coraggioso passo del cambio di stile e genere, passando dall’hack ‘n’ slash all’action adventure, in un colpo solo, abbandonando l’iconica visuale isometrica in favore di una più adatta terza persona con telecamera ad altezza spalla. Un azzardo che però ha di gran lunga ripagato il suo rischio, creando un gameplay solido e divertente, che difficilmente diventa ripetitivo e che sa essere piuttosto impegnativo.
Insomma, God of War è stato il segno che cambiare è bene, che prendere in considerazione un cambio di genere e di registro non è solo un ammasso di contro con leggeri pro: è un simbolo di rinascita, di un brand che nonostante avesse chiuso un grande cerchio, aveva ancora tantissimo da raccontare. L’unico modo per farlo era di svecchiarsi e creare qualcosa di diverso. E Santa Monica non ha assolutamente perso l’occasione di farsi valere e di dire “Kratos c’è ancora”, e che quel trafiggersi con la Spada dell’Olimpo era simbolo di crescita e di spazio per maturare e cambiare di volta in volta.
E voi quali altri franchise e serie vorreste svecchiati e pronti ad innovarsi? Per rimanere sempre aggiornati sulle notizie provenienti dal mondo del gaming, continuate a seguirci su Nasce, Cresce, Respawna.
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