Due settimane fa Geoff Keighley ha annunciato tutte le nominations per i The Game Awards 2025, che andranno in scena nella notte del 12 dicembre. Oltre alle dodici candidature di Clair Obscur: Expeditions 33, tra cui anche quella per il Game of the Year, hanno dominato le categorie anche Death Stranding 2: On the Beach e Ghost of Yotei, entrambi in lizza per sette premi. In particolare l’ultima fatica di Sucker Punch Productions ha suscitato un acceso dibattito, specie per la presenza nelle categorie Best Narrative, Best Action/Adventure e Best Game Direction.
Ma perché Ghost of Yotei è arrivato a essere candidato in così tante categorie? In quante di queste può effettivamente competere per trionfare tra i migliori giochi dell’anno? C’erano, d’altra parte, dei titoli che meritavano quantomeno una nomination al suo posto?
Come raccontato nel dettaglio nelle nostre impressioni avanzate sul gioco, Ghost of Yotei è a tutti gli effetti un more of the same di Ghost of Tsushima. Di fatto, è un’esperienza più grande (forse anche troppo), rifinita e strutturata dell’opera del 2020. Protagonista della vicenda è Atsu, che sedici anni dopo l’assassinio della sua famiglia torna tra le praterie ai piedi del monte Yotei per uccidere i membri del clan Saito.
Nel suo complesso il gioco funziona, soprattutto grazie al combat system, che da solo traina tutta l’esperienza ludica. Dopo un’ottima introduzione, infatti, i ritmi della trama principale si appiattiscono improvvisamente, rimanendo sempre piuttosto lineari fino alle ultime missioni. Solo sul finale il gioco vede una notevole accelerazione, che tuttavia non viene esaltata al meglio da una regia fin troppo arcaica, con un campo e controcampo che spezza sul nascere ogni momento drammatico.
Anche la struttura open world non convince: troppo dispersiva e legata alla progressione della protagonista. Per migliorare Atsu è necessario ancora una volta andare alla ricerca di altari, lupi, volpi, sorgenti termali e fasci di bambù da tagliare con la katana.
Ottimi, invece, il sound design e la colonna sonora. Il comparto audio riesce a dare giustizia a ogni scorcio del mondo di gioco, facendo immergere il giocatore nei combattimenti e nelle fasi esplorative. Ottimo, tra l’altro, il supporto al DualSense, che è in grado di trasmettere suoni e rumori ambientali.
Trovando un ottimo riscontro nella critica, Ghost of Yotei è stato candidato in ben sette categorie dei The Game Awards. In particolare, il viaggio di Atsu concorre per il premio in Best Performance (per l’interpretazione di Erika Ishii), Best Art Direction, Best Score and Music, Best Audio Design, Best Narrative, Best Action/Adventure Game e Best Game Direction. Al di là di un’eventuale vittoria nelle categorie in cui concorre, ciò su cui ci preme riflettere è in particolare la presenza – come detto – in Best Narrative e Best Direction. Ma andiamo con ordine. La presenza in Best Score and Music e Best Audio Design è più che giustificata. Anzi, a nostro avviso Ghost of Yotei è anche in grado di portarsi a casa entrambe le statuette.
Comprensibile pure la presenza in Best Art Direction, anche se forse avremmo preferito vedere, al suo posto, opere come Keeper o South of Midnight. Per quanto visivamente splendido, infatti, il colpo d’occhio è meno d’impatto rispetto a quanto visto nel 2020 con Tsushima, che poteva contare sull’effetto novità. Stesso discorso per Best Action/Adventure: Ghost of Yotei sa di già visto, specie nella sua struttura open world. Al suo posto avremmo visto bene opere come Hell is Us o Cronos: the New Dawn, entrambe grandi assenti dalle nomination.
Già più discutibile la presenza in Best Performance. L’interpretazione di Erika Ishii non ci ha convinto: abbiamo trovato Atsu monocorde e monoespressiva (e in questo la regia non ha aiutato). Avrebbe meritato, piuttosto, un membro qualunque dell’eccellente cast di Death Stranding 2. Vista la presenza di ben tre candidature per Clair Obscur (comunque tutte meritatissime), ci avrebbe fatto piacere vedere almeno un posto dedicato a Luca Marinelli, Alissa Jung, Norman Reedus, Léa Seydoux, Elle Fanning, Shioli Kutsuna o al già presente Troy Baker – candidato con Indiana Jones and the Great Circle.
E arriviamo, infine, alle categorie più discusse: Best Narrative e Best Game Direction. Si tratta di due delle categorie principali dei The Game Awards, specie Game Direction, che spesso è un’anticamera del Game of the Year. Partiamo dal Best Narrative: sul sito ufficiale dell’evento il premio viene descritto come riconoscimento for outstanding storytelling and narrative development in a game. Si parla appunto di “storytelling eccezionale“. La narrativa di Ghost of Yotei è piuttosto tradizionale, con un canovaccio narrativo ripreso a più riprese nella filmografia nipponica e non.
Per quanto la vendetta sia un tema funzionale alla progressione del racconto, lo sviluppo narrativo è delineato già dai primi minuti di gioco. Da subito il giocatore ha chiaro il suo obiettivo: sconfiggere i Sei di Yotei, capitanati dal temibile Lord Saito (che al netto di tutto abbiamo comunque apprezzato molto). Anche qui poi gli assenti si fanno sentire. Oltre ai già citati Cronos: the New Dawn e Hell is Us, troviamo incomprensibile l’assenza dell’eccellente Dispatch.
E infine, il premio Best Game Direction: Awarded for outstanding creative vision and innovation in game direction and design. “Eccezionale visione creativa e innovazione in game direction e design“. La categoria che, secondo chi scrive e per come è definita, è il corrispettivo videoludico della miglior regia in ambito cinematografico. Come detto a più riprese, la regia di Ghost of Yotei è piuttosto classica, fatta di campi e controcampi per i dialoghi e di riprese più ampie per le scene più cinematografiche.
E non solo è in netta continuità con quanto visto in Tsushima, ma in generale con tutta la tradizione dei videogiochi open world degli ultimi quindici anni. Le possibili alternative sono sempre le stesse, a cui ci sentiamo di aggiungere Blue Prince, perfettamente calzante se pensiamo alla visione creativa, game direction e design.
Ma perché, quindi, Ghost of Yotei ha ricevuto così tante candidature? È di questo che si è principalmente discusso sul web negli ultimi giorni, con i classici schieramenti di appassionati che prendono le parti delle proprie opere preferite. Andando oltre questi dibattiti, in queste righe abbiamo cercato di fornire un quadro d’insieme dei The Game Awards e delle categorie in cui concorre Ghost of Yotei.
Con queste non vogliamo affermare che l’ultima fatica di Sucher Punch non meriti di essere in nessuna categoria. Né che il gioco sia un fallimento generale. Anzi, Ghost of Yotei è un buon prodotto. È un gioco che fa il suo, e che grazie ai suoi pregi riesce ad accompagnare senza troppi sforzi il giocatore fino ai titoli di coda. Tuttavia non innova, sceglie di non osare per offrire un’esperienza in linea con quanto fatto in passato. Per questo, avremmo preferito vedere ai The Game Awards una maggiore varietà nei candidati, con delle nomination che magari avrebbero potuto dare risalto a opere meno conosciute negli ambienti mainstream.
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