di Enea Bacciocchi
Il “lavoro” dei genitori è uno tra i più difficili e stancanti al mondo. Avere un figlio è l’avvenimento più bello della vita, ma spesso molti prendono questo impegno con leggerezza. Spesse volte i nomi scelti per i neonati devono conferire armonia e pace, ma può capitare che, complice magari la giovane età, si prenda con troppa leggerezza questo passaggio. Varie compilation sul web mostrano gli accostamenti più bizzarri tra nome e cognome, che durante l’adolescenza e la vita potrebbero causare problemi sociali e di inclusione. Alcuni degli esempi più celebri sono: ” Pompa Tina”, “Costa Smeralda”, “Santa Pazienza” ecc. Ma il caso della povera Ikea è certamente fuori dal comune.
Chiameresti mai una figlia… Ikea?
Divertenti all’apparenza, ma potenzialmente problematici per i possessori. Oggi su Nasce, Cresce, Ignora vi raccontiamo la storia di una ragazza inglese, a cui è stato dato il nome di un noto brand internazionale.
La ragazza in questione proviene da Norwich, Gran Bretagna, ed i suoi decisero di chiamarla Ikea, proprio come il marchio svedese di arredamenti e mobili. Questa strana (e discutibile) scelta, ha comportato ad un dono da parte degli svedesi: un sofà in regalo per tutta la famiglia. Genitori comodi e contenti quindi. A differenza della figlia però.
Genitori irresponsabili: la scelta di Ikea
“Quando ero piccola, mia mamma ricevette una lettera dall’Ikea che diceva che sostanzialmente potevamo avere un tot di mobili e giocattoli gratis. Ho avuto alcuni giochi, e mia mamma ha ottenuto un divano”.
La figlia, non appena cresciuta, è corsa dall’anagrafe per cambiare il nome e ora si chiama Jasmine. Poco prima del parto, la madre vide in tv uno spot degli arredamenti del marchio nordico, e pensò che quello fosse proprio un bel nome per una bambina in arrivo. Ovviamente, la scelta fu disastrosa, con la povera bambina presa in giro a scuola a causa del suo nome. Nel 2014, la ragazza ha scelto di porre fine ai suoi tormenti cambiandosi nome, ma in famiglia la chiamano ancora tutti Ikea, oppure col diminutivo “Kea”.
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Di Enea Bacciocchi
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