Tra le imprese più ardue e tempranti che un uomo possa mai compiere, scalare una montagna risulta senz’altro tra queste, soprattutto se a conseguire quest’obiettivo è una persona portatrice di disabilità. L’incredibile sforzo compiuto dall’ex-soldato e alpinista nepalese Hari Budha Magar ha davvero dell’incredibile. Ripercorriamo quindi la sua storia che lo ha portato fino alle vette dell’Everest, secondo quanto riportato da TGCOM24…
Hari Budha Magar, 44 anni, è stato arruolato ad appena 19 anni all’interno dell’Esercito britannico, combattendo nelle brigate Burkha; si tratta di unità speciali britanniche composte da uomini nepalesi, noti per la loro forza e resistenza. Sceso in campo in Afghanistan, nel 2010 ha subito delle gravissime ferite, tra cui la perdita delle gambe, a causa di un ordigno esplosivo improvvisato.
Nonostante la disabilità, Magar si è continuato a distinguere praticando golf, skydiving, alpinismo, kayak e diverse altre discipline sportive. Come ha raccontato, il suo obiettivo principale “per il resto della mia vita sarà lavorare per sensibilizzare sulla disabilità. Lo faccio per tutti i disabili, continuerò a impegnarmi per loro“. Nel 2017 aveva già infranto un record apparentemente insormontabile, scalando una montagna alta oltre 6.000 metri.
L’impresa che tuttavia avrebbe coronato per sempre la sua vita era un’altra: scalare il monte più alto al mondo. La missione sembrava tuttavia fallire già prima di nascere, perché il Governo nepalese aveva proibito ai disabili, mediante una legge, di scalare l’Everest. Il suo caso, tuttavia, arrivato fino alla Corte suprema, ha permesso di annullare questo divieto.
L’audace impresa si è rivelata estremamente ardua, tra l’esaurimento di ossigeno, le condizioni climatiche impervie e numerosi altri imprevisti. Per diverse volte ha pensato di ritornare indietro, “per il bene della mia famiglia“, ha raccontato l’alpinista. Magar, infatti, attualmente vive in Gran Bretagna con la moglie e il figlio.
Ciò nonostante, la missione si è rivelata un successo, tanto che, una volta raggiunta la vetta, Magar si è lasciato andare, affermando:
“Ho abbracciato tutti gli sherpa e ho pianto come un bambino, ero così felice. L’obiettivo della mia vita è cambiare la percezione che le persone hanno della disabilità. La mia vita è cambiata in un batter d’occhio. Ma qualunque cosa accada, puoi comunque condurre una vita appagante. Se un doppio amputato sopra il ginocchio può scalare l’Everest, puoi scalare qualsiasi montagna che affronti, purché tu sia disciplinato, lavori sodo e ci metti tutto“.
Una volta discesa la montagna, una gran folla lo attendeva nella capitale nepalese, Kathmandu. Centinaia i suoi sostenitori, con anche la presenza del Ministro degli Esteri del Nepal e diversi altri funzionari. In seguito, ha sfilato su un camion scoperto lungo le principali vie della città.
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