La sonda Cassini, lanciata in orbita nel 1997 e distrutta nel 2017, ha permesso, grazie ai suoi numerosi anni di attività, di raccogliere una quantità estremamente ampia e varia di informazioni circa l’orbita di Saturno, i suoi anelli e le sue lune. Una di queste, Encelado, ha calamitato l’attenzione di numerosi scienziati e astronomi, perché offre un ambiente potenzialmente in grado di generare la vita; una ricerca condotta dall’Università di Harvard, infatti, suffraga con forza questa tesi, avanzando delle argomentazioni tratte direttamente dai dati raccolti dalla sonda Cassini.
Encelado, uno dei numerosissimi satelliti naturali che orbitano intorno a Saturno, nasconde, sotto la crosta ghiacciata, un oceano di acqua liquida; quest’ultimo, infatti, è responsabile dei cosiddetti pennacchi, ovvero dei geyser enormi che sprigionano fuori dalla superficie delle particelle di ghiaccio.
Il principale oggetto di indagine da parte del team di ricerca americano, guidato da Jonah Peter, Tom Nordheim e Kevin Hand, era lo studio della composizione di questi geyser, dove si è evidenziata la forte presenza di acido cianidrico; si tratta di un composto chimico formato da un atomo di idrogeno, uno di carbonio e uno di azoto, ed è un elemento considerato cardine per l’origine della vita, come lo è stato sulla Terra. Così ha affermato Peter:
“La scoperta dell’acido cianidrico è stata particolarmente emozionante, perché è il punto di partenza per la maggior parte delle teorie sull’origine della vita. La vita come la conosciamo richiede mattoni di costruzione come gli amminoacidi, e l’acido cianidrico è una delle molecole più importanti e versatili necessarie per formarli. Nella ricerca, più cercavamo di mettere in discussione i nostri risultati testando modelli alternativi, più le prove diventavano forti. Alla fine è emerso chiaramente che non c’è modo di far coincidere i dati sulla composizione dei pennacchi di Encelado senza includere l’acido cianidrico”.
I ricercatori sono infatti giunti a questa conclusione mediante speculazioni e incastri dei dati forniti da Cassini, in particolare quelli provenienti dallo strumento Ion and Neutral Mass Spectrometer (INMS).
Un’altra scoperta di rilievo concerne la provata esistenza di diverse fonti chimiche di energia che potrebbero sostenere la vita; si tratta di composti organici, in particolare idrocarburi parzialmente ossidati, frutto di un ambiente in cui può avvenire una produzione di energia. Grazie a queste premesse, è assolutamente ipotizzabile che nell’oceano sotterraneo ci possano essere delle forme di vita.
Nonostante siano ormai passati diversi anni dalla distruzione della sonda, avvenuta mediante un impatto controllato sulla superficie di Saturno, i suoi dati si rivelano ancora una fondamentale miniera di conoscenza, nonché la base per lo sviluppo di nuove potenziali ricerche.
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