Il mestiere del politico è forse il più controverso e soggetto a maggiori critiche che rendono difficile che uno di essi venga ricordato positivamente. Sono pochi. infatti, gli uomini di governo che l’opinione pubblica mondiale ricorda positivamente quasi all’unanimità. Tra questi figura Michail Gorbačëv che ricordiamo poiché scomparso nella giornata di ieri all’età di 92 anni a seguito di una lunga malattia. In questo articolo andremo ad osservare i motivi per il quale l’ultimo presidente dell’URSS ha lasciato un’impronta positiva nella storia e di come sia stato quasi costretto a farlo…
Il contesto a cui dobbiamo fare riferimento è quello degli anni anni ’80, in un mondo che sembra essersi lasciato alle spalle il disastro della seconda guerra mondiale, merito del boom economico degli anni ’60, e si appresta ad una nuova era. Da tempo le potenze che lo guidavano erano due: gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica. Che la situazione fosse destinata a cambiare, però, si vide dal momento in cui, nel 1980, negli USA, Ronald Reagan venne eletto presidente promettendo una nuova svolta neoliberista per il paese. Questa nuova politica portò ad una notevole crescita economica per gli Stati Uniti senza però omettere anche l’enorme disuguaglianza sociale che andò a verificarsi.
Per quanto riguarda il polo opposto non si può certo dire che la situazione fosse la stessa. L’Unione Sovietica non era più quella del periodo staliniano e con esso erano svaniti anche l’entusiasmo patriottico basato sull‘antiamericanismo. I presidenti sovietici che si successero non riuscirono a portare delle modifiche alla politica russa gettandola in una fase di stagnazione. La differenza nelle due potenze stava quindi nella capacità degli Sati Uniti di mutare in relazione ai tempi. In un contesto come questo fu evidente che l’URSS non fosse più all’altezza della potenza Americana.
Nel 1985 ai vertici dell’Unione Sovietica si presentò Michail Gorbačëv che si trovò davanti una situazione di sostanziale malcontento e crisi. Il suo obbiettivo fu quello di cambiare l’assetto economico del paese seguendo lo slogan della Perestrojka, ristrutturazione. Con questo concetto il neopresidente cominciò a “tradire” i principi del comunismo, elargendo una parziale privatizzazione delle imprese. A causa anche del disastro sociale ed economico dell’incidente di Chernobyl dell’86, inoltre, Gorbačëv capì che era inevitabile una riduzione delle spese statali in ambito militare per sanare l’economia. Così, se in America il successo del neoliberismo portò ad un impulso alle spese militari, nell’Unione Sovietica accadeva l’opposto e nel mondo si cominciarono a diffondere termini come “nuova distensione” e “superpotenza solitaria”.
La nuova distensione, in realtà, non fece che far morire definitivamente l’URSS. Dal 1989, a partire dalla Polonia, le varie repubbliche socialiste sovietiche cominciarono a rendersi indipendenti dal blocco comunista senza che la Russia avesse il potere militare per fermarli. Anche nella stessa Mosca cominciarono a nascere i primi movimenti a favore della democratizzazione del paese incarnati nella figura di Boris Eltsin.
L’ultimo disperato tentativo dei comunisti più conservatori per “salvare” la nazione fu quello di organizzare un colpo di Stato sequestrando proprio il presidente Gorbačëv. Il golpe finì, però, in un nulla di fatto e il 25 dicembre 1991 l’ultimo presidente sovietico rassegnò le dimissioni aprendo la strada alla nuova Federazione Russa. È così che Gorbačëv ha lasciato il segno come colui che ha dato l’ultimo impulso alla fine della tensione mondiale che durava da quasi 75 anni: un uomo disposto addirittura a tradire i propri ideali in favore del benessere del popolo.
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