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Detroit: Become Human, 5 anni dal debutto su PlayStation 4!

Il 25 maggio 2018 usciva su PlayStation 4 Detroit: Become Human, ultima produzione di Quantic Dream pubblicata in esclusiva console Sony e successivamente su PC. Il titolo diretto da David Cage, mantenendo l’ossatura delle opere precedenti, ha saputo proporre un’ambientazione e una storia affascinanti quanto avvincenti, capaci di far innamorare milioni di giocatori in tutto il mondo e facendo così conoscere la software house al grande pubblico.

Detroit: il destino è nelle nostre mani

Detroit: Become Human parte dalle solide basi di Quantic Dream, che negli anni ha creato capolavori come Fahrenheit, Heavy Rain o Beyond: Two Souls, capaci di rinnovare il genere delle avventure grafiche. Di fatto, il titolo del 2018 fa parte del nuovo corso del genere, che dopo i successi degli anni ’90 ha visto un lento declino nei primi anni 2000.

Nel periodo della ripresa le opere di David Cage hanno avuto un ruolo centrale, proponendo delle esperienze fortemente cinematografiche, con una grafica all’avanguardia e un cast d’eccezione. In questo Detroit: Become Human non fa eccezione, anzi. Sfruttando al massimo l’hardware di PS4, il gioco presenta una Detroit futuristica viva, dove le nostre scelte determinano concretamente il destino dei protagonisti.

Questi sono tre: Connor, Markus e Kara. Tre androidi che, per cause e motivazioni diverse, si trovano uniti nella sorte del destino. Starà però a noi scegliere come andranno le cose e come si evolveranno le loro storie e quelle degli altri personaggi. In generale, la trama gira intorno agli eventi di una Detroit immaginaria del 2038. La città è ormai co-abitata quasi equamente da umani e androidi. Questi sono stati creati dalla CyberLife di Elijah Kamski per assolvere ogni tipo di compito, da quelli manuali a quelli d’assistenza. Gradualmente dunque gli androidi si sono sostituiti all’essere umano, generando malcontenti e proteste in tutto il paese.

Sono solo macchine? O c’è di più?

Di base, gli androidi sono stati programmati per assistere e aiutare l’uomo nei lavori e nei contesti di vita quotidiana. In teoria non dovrebbero provare stanchezza fisica o emozioni di qualunque sorta. Eppure, nell’ultimo periodo sono sempre più frequenti i casi di alcuni esemplari malfunzionanti, che de facto si stanno ribellando ai loro padroni. Vengono chiamati “devianti”, e affermano di provare emozioni umane come amore, rabbia o paura. Questo ovviamente genere timori all’interno della CyberLife, che attua un programma per stanare i replicanti e riprogrammarli.

I collegamenti con Blade Runner di Ridely Scott, invero, sono evidenti, ma Detroit: Become Human riesce comunque ad avere una propria anima. La storia infatti, come detto in precedenza, è affasciante, e grazie alle numerose scelte disponibili riesce ad incuriosire e appassionare il giocatore. Durante l’avventura sentiamo effettivamente il peso delle decisioni che dobbiamo prendere, siamo consapevoli che ciò che decideremo di fare avrà delle conseguenze sui personaggi e sul mondo di gioco. Siamo e saremo noi, alla fine, a stabilire il destino di Detroit. Gli androidi possono essere considerati umani? O sono solo un ammasso di circuiti con sembianze umane?

La potenza e il fascino della trama sta proprio nelle tematiche trattate. Il titolo riflette sul concetto di essere umano, e su quanto la robotica si stia avvicinando sempre di più alla controparte umana. Si tratta di riflessioni urgenti e quanto mai attuali, soprattutto in relazione ai recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale.

E voi, avete giocato al titolo di Quantic Dream? Quali sono i vostri momenti preferiti dell’avventura? Fatecelo sapere sulla nostra pagina Instagram! E non dimenticate di continuare a seguirci qui sulle pagine di Nasce, Cresce, Respawna per rimanere sempre aggiornati su tutto il mondo del gaming. Se l’articolo vi è piaciuto, leggete anche:

Riccardo Rizzo

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