di Marco Bilato
Secondo quanto riportato da Norman Reedus in un’intervista, Kojima Productions sarebbe già al lavoro sul sequel di Death Stranding, il videogame realizzato dal maestro Hideo Kojima che nel 2019 era riuscito a dividere l’opinione pubblica come nessun gioco aveva mai fatto prima. Per come si è concluso però, Death Stranding necessita veramente di un secondo capitolo? Cerchiamo di fare chiarezza perché la risposta non è così scontata.
L’autorialità di Death Stranding ha imposto dei nuovi standard
Kojima ha avuto il coraggio di proporre un gioco inusuale per l’epoca, che guarda verso al futuro e che fa della filosofia “less is more” un suo punto di forza. Il videogame si basa sull’esperienza del “viaggio” trascendendo da ciò che poteva essere un semplice walking simulator (com’è stato ironicamente chiamato da alcuni) e diventando il gioco per eccellenza ad evidenziare quanto la vera esperienza videoludica stia nel viaggio e non nella destinazione.
Sono stati proprio i suoi punti di forza a ricevere numerose critiche: c’è chi lo considerava monotono e noioso, alcuni lo definivano un “Bartolini Simulator”. Idee totalmente in contrasto con la critica videoludica che lo ha osannato, forse più per la direzione di Kojima che per il gioco in sé. Tuttavia l’autorialità che contraddistingue le produzioni di Hideo non mancano in quest’opera e la coerenza si ritaglia uno spazio importante tra i pregi del gioco.
La storia è incredibilmente dettagliata, coerente e interessante, già dai primi minuti di gioco in cui vediamo filmati e veniamo inondati di informazioni (Le DOOMS, le CA, la cronopioggia ecc..). Tutto ciò invita il videogiocatore a proseguire anche solo per scoprire cos’è successo e cosa sta succedendo al mondo. Già da subito il gameplay si fa chiaro: camminare, arrampicarsi e consegnare i pacchi integri. La precisione ed il dettaglio nella programmazione ci consente di arrivare letteralmente ovunque nella mappa. Dopo aver preso un po’ di manualità l’esperienza di gioco cambia radicalmente.
Tuttavia l’attenzione al dettaglio e la possibilità di affrontare il gioco in svariati modi (alcuni sviluppati meglio, come lo stealth ed altri sviluppati peggio, come lo scontro armato) rendono l’esperienza più unica che rara. Tanto che alla fine del viaggio rimane dentro quella situazione di dispiacere nel dover lasciare quel mondo così tanto ben strutturato e fantasioso.
Il pubblico ha veramente bisogno di Death Stranding 2?
A livello di storia il gioco non ha assolutamente bisogno di un sequel per reggersi degnamente in piedi da solo. La trama del primo è in continua evoluzione, ha un grandissimo cliffhanger finale (collegato finemente al personaggio di Clifford “Cliff” Unger) e una storia che sembra concludersi definitivamente con il protagonista che dopo aver compreso il suo passato si appresta ad affrontare un futuro più luminoso. Tuttavia non tutti i misteri sono stati dipanati, anche se il finale lasciava parecchi dubbi sulla possibile realizzazione di un seguito.
Tuttavia, se Kojima fosse in grado di espandere la storia in maniera coerente e di non farla risultare un semplice “more of the same” del capitolo precedente, sarebbe estremamente interessante vedere il seguito di un gioco così controverso. Se Hideo ed il suo team riuscissero a rendere il gioco più alla portata di tutti senza però perdere “l’anima” e l’autorialità che lo contraddistingue ne verrebbe fuori un capolavoro assoluto. Consideriamo che pure Hidetaka Miyazaki, l’autore dei Souls, ha fatto lo stesso con Elden Ring. L’autore ha voluto sacrificare molti elementi di difficoltà che contraddistinguevano i suoi giochi per consentire ad un pubblico molto più ampio di poter godere della nuova sua opera. Kojima potrebbe quindi fare lo stesso ed ampliare così il suo pubblico.
Le conclusioni
Possiamo quindi concludere dicendo che il gioco, di per sé, non necessita assolutamente di un seguito. A livello meramente di storia e lore, non c’è (QUASI) nulla da aggiungere al quadro già completo che hanno fornito nel primo capitolo.
Ma per chi ha lasciato il cuore in quel mondo è davvero difficile smettere di pensarci. Un world building e una storia che hanno insegnato quanto importante sia l’esperienza intesa come viaggio. Un messaggio che lascerà il suo retaggio anche per giochi futuri, come TES 6 o il prossimo The Witcher, che fanno di una grande mappa uno dei loro punti di forza.
Sicuramente in molti aspettano un seguito del gioco. Purtroppo, in questi casi, il desiderio cresce in concomitanza con la paura di essere delusi. Il terrore di avere un seguito debole che non regga il confronto il capitolo precedente e che, di conseguenza, rovini una bellissima storia. Ma Hideo Kojima ci ha abituato in modo diverso e ha sempre manifestato attraverso le sue opere di essere uno dei migliori autori al giorno d’oggi. Il produttore ha dimostrato che quando una cosa è fatta con competenza e passione, non potrà mai deludere.
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