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Corea del Sud: le incredibili olimpiadi… del far niente!

A Seul, in Corea del Sud, sono andate in scena le olimpiadi del far niente! più di 100 persone riunite in silenzio assoluto per ben 90 minuti su dei tappetini da yoga. Le uniche regole? Vietato dormire o usare il cellulare. Un’iniziativa unica in controtendenza alla società iper-competitiva e sempre in costante movimento nella quale tutti viviamo.

Le olimpiadi

Il concorso annuale, denominato “Space-out” è giunto quest’anno alla sua decima edizione e si impone di premiare colui che è migliore a non fare assolutamente nulla per un’ora e mezza di tempo. Non si può dormire, vietato toccare o usare il cellulare o distrarsi in qualsiasi modo. Ai partecipanti viene inoltre monitorata la frequenza cardiaca e, fra le 1o persone scelte dagli spettatori, chi ha quella più stabile può portarsi a casa il trofeo della competizione: una statuetta dorata a forma dell’opera d’arte “Il pensatore” di Auguste Rodin. In più di 4000 persone hanno fatto richiesta per partecipare e sono stati selezionati 117 concorrenti. Le età erano completamente diverse, da un bambino di seconda elementare fino a persone sui sessant’anni.

Il senso della competizione

Il concorso si pone l’obbiettivo di esaltare la calma e il relax in controtendenza alla società in cui viviamo, sempre e costantemente di corsa. Per molti partecipanti, infatti, si è trattata di un’esperienza unica per riuscire a riprendersi dallo stress e dal burnout, molto spesso causati dal lavoro. Come ha dichiarato lo YouTuber Kim Seok-hwan: “Di solito avevo molte preoccupazioni e stress, quindi ho fatto domanda per partecipare perché pensavo che sarebbe stato carino spazzare via le preoccupazioni distanziando la competizione“. A trionfare è stato l’annunciatore freelance Kwon So-a, di 35 anni.

L’idea alla base

L’idea del bizzarro concorso è nato da un’artista visiva, conosciuta tramite lo pseudonimo Woopsyang. Space-out si è poi sparso a livello internazionale, creando competizioni in diverse città mondiali, come Hong Kong, Tokyo, Pechino o Rotterdam. L’idea di base arrivò proprio dopo un profondo esaurimento dell’artista. L’obbiettivo artistico, oltre che sociale, si impone anche nella relazione fra pubblico e partecipanti. “Questo concorso ti dice che distanziarsi non è più una perdita di tempo ma un tempo di cui hai davvero bisogno“. Infatti: “Sebbene i concorrenti stiano fermi all’interno del luogo di competizione, il pubblico è in costante movimento“. Quindi ha sottolineato come il suo fine era quello di “Creare un contrasto visivo tra un gruppo che non fa nulla e un gruppo che è occupato“.

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Francesco Ferri

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